Elementi della tavola periodica: Berillio, Be. parte prima.

Rinaldo Cervellati

Il berillio (ingl. Beryllium), simbolo Be, è l’elemento n. 4 della tavola periodica, collocato al 2° Gruppo, primo dei metalli alcalino-terrosi comprendente magnesio, calcio, stronzio, bario e radio. Relativamente poco abbondante nella crosta terrestre, da 2 a 6 ppm, nell’acqua marina da 0,2 a 0,6 ppt, nell’acqua di ruscello tuttavia il berillio è più abbondante con una concentrazione di 0,1 ppb. Si trova solo in tracce nell’atmosfera terrestre.

Il berillio è contenuto in decine di minerali molti dei quali sono molto rari. I più importanti sono il berillo (ciclo silicato di alluminio e berillio), crisoberillo (alluminato di berillio), bertrandite (silicato idrato di berillio) e fenacite (silicato di berillio).

Da sinistra: berillo, crisoberillo, bertrandite e fenacite

Alcune forme di berillo sono pietre preziose: smeraldo (il colore verde è dovuto a impurezze di cromo), acquamarina (il colore azzurro è dovuto alla presenza di titanio o ferro), berillo rosso (molto raro, il colore scarlatto è dovuto a impurezze di manganese).

Da sinistra: smeraldo, acquamarina e berillo rosso

Il berillo è stato utilizzato almeno dalla dinastia tolemaica d’Egitto. Nel I secolo d.C., il naturalista romano Plinio il Vecchio[1] menzionò nella sua enciclopedica Naturalis historia che il berillo e lo smeraldo (smaragdus) erano simili.

Plinio il Vecchio

Il Papiro Graecus Holmiensis, scritto nel III o IV secolo d.C., contiene note su come preparare lo smeraldo e il berillo artificiali.

Le prime analisi di smeraldi e berilli di Martin Heinrich Klaproth (1743-1817), Torbern Olof Bergman (1735-1784), Franz Karl Achard (1753-1821) e Johann Jakob Bindheim (1740-1825) hanno sempre ottenuto sostanze simili, portando alla fallace conclusione che entrambi i minerali fossero silicati di alluminio. Il mineralogista René Just Haüy[2] scoprì che entrambi i cristalli erano geometricamente identici e ne chiese un’analisi al chimico Louis-Nicolas Vauquelin[3].

In una memoria del 1798 letta all’Institut de France, Vauquelin riferì di aver trovato una nuova “terra”, separando con soda idrossido di alluminio dallo smeraldo e dal berillo, quindi trattando l’idrossido con ulteriore alcali, e la chiamò Béril. Gli editori della rivista Annales de Chimie et de Physique chiamarono la nuova terra “glucine” per il gusto dolce di alcuni dei suoi composti. Klaproth preferiva il nome “berillina” poiché pure l’ittria formava sali dolci. Il nome “berillio”[4] fu usato per la prima volta da Wöhler nel 1828.

Friedrich Wöhler e Antoine Bussy (1794-1882) isolarono indipendentemente il berillio nel 1828 facendo reagire potassio metallico con cloruro di berillio:

BeCl2 + 2K → 2KCl + Be

Usando una lampada ad alcool, Wöhler riscaldò strati alternati di cloruro di berillio e potassio in un crogiolo di platino chiuso a filo metallico. La reazione ebbe luogo immediatamente e fece diventare il crogiolo al calor bianco. Dopo aver raffreddato e lavato la risultante polvere grigio-nera, osservò che era costituita da sottili particelle con scura lucentezza metallica. Il potassio altamente reattivo era stato ottenuto dall’elettrolisi dei suoi composti fusi, un processo scoperto 21 anni prima. Il metodo chimico che utilizzava potassio produceva tuttavia solo piccoli granuli di berillio da cui non si riusciva a ottenere alcun lingotto del metallo.

Louis-Nicolas Vauquelin e Friedrich Wöhler

Attraverso l’elettrolisi diretta di una miscela fusa di fluoruro di berillio e fluoruro di sodio, Paul Lebeau[5], nel 1898, ottenne i primi campioni puri (da 99,5 a 99,8%) di berillio. Durante tutto il XIX secolo per isolare il berillio è stato sostanzialmente usato il metodo di Lebeau. Tuttavia l’alto punto di fusione del metallo rende questo processo più dispendioso in termini energetici rispetto ai corrispondenti processi utilizzati per i metalli alcalini. All’inizio del XX secolo fu studiata la produzione di berillio mediante decomposizione termica dello ioduro di berillio, visto il successo di un processo simile per la produzione di zirconio, ma questo processo si rivelò antieconomico per la produzione in serie.

Tuttavia, la produzione industriale iniziò solo dopo la prima guerra mondiale. Il coinvolgimento industriale originale comprendeva filiali e scienziati collegati alla Union Carbide e Carbon Corporation a Cleveland OH, USA e Siemens & Halske AG a Berlino.

Un campione di berillio fu bombardato con raggi alfa provenienti dal decadimento del radio da James Chadwick che scoprì, in base a questo e altri esperimenti, l’esistenza del neutrone nel 1932.

James Chadwick (1891-1974) – Nobel per la fisica 1935

La produzione di berillio ha visto un rapido aumento durante la seconda guerra mondiale, a causa della crescente domanda di leghe di rame-berillio e fosfori per luci fluorescenti. La maggior parte delle prime lampade fluorescenti utilizzava l’ortosilicato di zinco con contenuto variabile di berillio per emettere luce verdastra. Piccole aggiunte di magnesio tungstato hanno migliorato la parte blu dello spettro per produrre una luce bianca accettabile. I fosfori a base di alofosfati hanno sostituito i fosfori a base di berillio dopo che questo è risultato tossico.

Comunque il berillio metallico puro non divenne facilmente disponibile fino al 1957, anche se era stato usato molto prima come metallo legante per indurire il rame. Il berillio potrebbe essere prodotto riducendo i composti di berillio come il cloruro di berillio con potassio metallico o sodio. Attualmente, la maggior parte del berillio viene prodotta riducendo il fluoruro di berillio con magnesio.

Proprietà fisiche e cenno a quelle nucleari

Il berillio è un metallo grigio acciaio, è duro ma fragile anche a temperatura ambiente. La sua struttura cristallina è esagonale molto compatta.

Berillio metallico

Ha un alto punto di fusione (1287 oC) e una rigidità molto elevata. Il modulo di elasticità del berillio è circa il 50% maggiore di quello dell’acciaio. La combinazione di questo modulo e una densità relativamente bassa si traducono in una velocità di conduzione del suono insolitamente alta nel berillio, circa 12,9 km/s in condizioni ambiente. Altre proprietà significative sono il calore specifico elevato (1925 J kg− 1K− 1) e la conduttività termica (216 W m−1K−1), che lo rendono il metallo con le migliori caratteristiche di dissipazione del calore per unità di peso. In combinazione con il coefficiente relativamente basso di dilatazione termica lineare (11,4×10−6 K−1), queste caratteristiche si traducono in una stabilità unica in condizioni di carico termico.

Il berillio naturale, a parte una leggera contaminazione da parte di radioisotopi provenienti dal cosmo, è il berillio-9, isotopicamente puro e stabile, con spin nucleare 3/2.

Il berillio ha una grande sezione trasversale di scattering per i neutroni. Pertanto funziona come un riflettore e moderatore di neutroni, rallentandoli efficacemente in un intervallo di energia termica inferiore a 0,03 eV, dove la sezione trasversale totale è almeno un ordine di grandezza inferiore; il valore esatto dipende fortemente dalla purezza e dalle dimensioni dei cristalli nel materiale.

I neutroni si liberano quando i nuclei di berillio vengono colpiti da particelle alfa energetiche che producono la reazione nucleare:

94Be+ 42He → 126C+ n

dove 42He sta a indicare una particella alfa e 126C è un nucleo di carbonio-12.

Il berillio rilascia anche neutroni per bombardamento con raggi gamma. Pertanto, il berillio naturale bombardato con particelle alfa o gamma da un adatto radioisotopo è un componente chiave della maggior parte delle fonti di neutroni da reazione nucleari alimentate da radioisotopi per la produzione in laboratorio di neutroni liberi.

Il berillio metallico è trasparente alla maggior parte delle lunghezze d’onda dei raggi X e dei raggi gamma, rendendolo utile per le finestre di uscita dei tubi a raggi X e altri apparecchi simili.

Proprietà chimiche

Lo stato di ossidazione predominante del berillio è +2; l’atomo ha perso entrambi i suoi elettroni di valenza. Il suo comportamento chimico è in gran parte il risultato del suo piccolo raggio atomico e raggi ionici, tutti molto piccoli. Di conseguenza ha potenziali di ionizzazione molto elevati e una forte polarizzazione mentre è legato ad altri atomi, motivo per cui tutti i suoi composti sono covalenti. La sua chimica ha somiglianze con quella dell’alluminio (collocato al secondo posto del 13° Gruppo nella tavola periodica), un esempio di relazione diagonale.

Sulla superficie del berillio si forma uno strato di ossido che impedisce ulteriori reazioni con l’aria se non riscaldato a temperature superiori a 1000 °C. Una volta acceso, brucia brillantemente formando una miscela di ossido e nitruro di berillio. Il berillio si dissolve rapidamente in acidi non ossidanti, come HCl e H2SO4 diluito, ma non in acido nitrico o acqua regia poiché con essi forma l’ossido. Questo comportamento è simile a quello dell’alluminio. Il berillio si dissolve anche in soluzioni alcaline.

I composti binari di berillio (II) sono polimerici allo stato solido. Il fluoruro, BeF2, ha una struttura simile alla silice con tetraedri BeF4 condivisi da angoli.

Cloruro e bromuro, BeCl2 e BeBr2 hanno strutture a catena con tetraedri condivisi da spigoli. L’ossido di berillio, BeO, è un solido refrattario bianco, con struttura cristallina esagonale e un’elevata conduttività termica. Il suo comportamento chimico è anfotero.

Sono noti il ​​solfuro, il seleniuro e il tellururo di berillio, tutti con la struttura del minerale wurtzite (solfuro di zinco).

Struttura della wurtzite

Il nitruro di berillio, Be3N2, è un composto ad alto punto di fusione che viene prontamente idrolizzato. Il fosfuro, Be3P2, ha una struttura simile al nitruro. Sono noti numerosi composti di berillio e boro. Il carburo di berillio, Be2C, è un composto refrattario rosso mattone che reagisce con l’acqua per dare metano. Non si conoscono composti di berillio e silicio.

Gli alogenuri BeX2 (X = F, Cl, Br, I) in fase gassosa hanno una struttura molecolare monomerica lineare. Il difluoruro è molto solubile in acqua, contrariamente a quello degli altri metalli alcalino-terrosi (Mg, Ca, Sr e Ba). Gli alogenuri formano complessi con vari ligandi che donano in totale due coppie di elettroni. Tali composti obbediscono alla regola dell’ottetto. Anche complessi tetra coordinati, come l’aquo-ione [Be(H2O)4]2+, seguono la regola dell’ottetto.

Le soluzioni di sali di berillio, come il solfato di berillio e il nitrato di berillio, sono acide a causa dell’idrolisi dello ione [Be(H2O)4]2+.

L’idrossido di berillio, Be(OH)2, è insolubile in acqua a pH 5 o più. Di conseguenza, i composti di berillio sono generalmente insolubili a pH biologico. Per questo motivo, l’inalazione di polvere di berillio da parte delle persone porta allo sviluppo della condizione fatale della berilliosi. Be(OH)2 si dissolve tuttavia in soluzioni fortemente alcaline.

Lo studio dei composti organoberillici è limitato a causa dei costi e della tossicità dei reagenti necessari per la loro sintesi. I composti organometallici del berillio sono noti per essere altamente reattivi. Esempi di composti organoberillici noti sono il bis(ciclopentadienil)berillio, il berillocene (C5H5)2Be), il diallilberllio e il bis (1,3-trimetilsililil) berillio. I ligandi possono anche essere arili e alchinili.

 

[1] Gaius Plinius Secundus (23/24–79 d.C.), detto Plinio il Vecchio, è stato scrittore, naturalista e filosofo naturale, comandante nell’esercito e nella flotta del primo impero romano. Autore dell’enciclopedia Naturalis Historia, che è diventata un modello editoriale per le enciclopedie. Trascorse la maggior parte del suo tempo libero descrivendo e studiando direttamente i fenomeni naturali.

[2] René Just Haüy (1743 – 1822) mineralogista e sacerdote francese, chiamato l’Abate Haüy dopo la nomina a canonico onorario di Notre Dame. Grazie al suo lavoro innovativo sulla struttura cristallina e al suo Traité de Minéralogie in quattro volumi (1801), è considerato il “padre della cristallografia moderna”. Durante la rivoluzione francese ha contribuito a stabilire il sistema metrico.

[3]Louis Nicolas Vauquelin (1763 – 1829), farmacista e chimico francese, è accreditato della scoperta di cromo e berillio.

[4] Per curiosità, i precursori della parola berillio possono essere ricondotti a molte lingue, incluso il latino berillus, francese béry, il greco antico βήρυλλος, bērullos, nonché a molte lingue indoeuropee. La fonte originale è probabilmente la parola sanscrita (Skt. vaiḍūrya; Tib. བཻ་ཌཱུ་རྱ་, Wyl. baiD’ur+ya or bai DU r+ya), originaria dell’India meridionale e potrebbe essere collegata al nome della moderna città di Belur. Fino al 1900, il berillio era anche conosciuto come glucinum o glucinium (con il simbolo chimico di accompagnamento “Gl”, o “G”), nome che deriva dall’antica parola greca per dolce: γλυκύς, a causa del gusto dolce dei sali di berillio.

[5] Paul Marie Alfred Lebeau (1868 – 1959) è stato un chimico francese, noto principalmente per i suoi studi sul fluoro e i suoi composti.

(continua).

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