Recensione. Salvare il pianeta per salvare noi stessi. Energie rinnovabili, economia circolare, sobrietà

Claudio Della Volpe

Recensione.

Vincenzo Balzani – Salvare il pianeta per salvare noi stessi. Energie rinnovabili, economia circolare, sobrietà

Collana apocalottimismo Edizioni Lu.Ce. euro 14    p.126 (2020)

Una nota iniziale; pochi giorni fa abbiamo presentato, per la penna di Margherita Venturi una recensione su un libro di Fabio Olmi contenente 10 interviste immaginarie ad altrettanti scienziati (5 del passato e 5 viventi) sul tema della transizione energetica e del riscaldamento climatico; il titolo del libro è molto simile a questo di oggi ma si tratta di due  libri completamente diversi; questo di oggi è una raccolta di tre testi (o quattro se consideriamo anche l’interessante e dotta introduzione dell’editore) due dei quali scritti da Vincenzo Balzani per la Chimica e l’Industria (vedi in fondo) e riuniti qui in un unico  scritto ed una conferenza famosa di molti anni fa di Giacomo Ciamician, La fotochimica dell’avvenire nella sua versione originale in inglese. Il tema è sempre la transizione energetica, ma il taglio è diverso.

Il libro che vi presento oggi, tutto di scuola bolognese in un certo senso, è un agile (forse fin troppo) testo che passa in rassegna i temi principali della transizione e le sue modalità nella parte scritta da Balzani e che ricorda un momento fondamentale della storia della Chimica, l’idea che la fotochimica abbia un grande avvenire, nel testo della conferenza del 1912 di Ciamician, avvenire sia dal punto di vista energetico che dei materiali.

Comincio da questa conferenza che pur essendo stata scritta oltre un secolo fa illustra idee estremamente moderne. L’editore ha preferito riportare il testo originale nonostante sia disponibile in traduzione italiana anzi credo sia stato scritto in italiano e poi tradotto al tempo. E’ una scelta che sottolinea l’internazionalità dell’autore e l’importanza della sua visione già nel 1912, ma che forse ne riduce un po’ la fruibilità.

Per chi non l’avesse mai letto la seconda parte è squisitamente fotochimica, sulle reazioni che si potrebbero ottenere per via fotochimica, ma la prima è quella più interessante per i temi della sostenibilità : si sostiene il punto di vista che i fossili non sono eterni, che diventeranno sempre più difficili da estrarre (un concetto sottile questo che oggi si esprime quantitativamente con l’EROEI)

Si deve ricordare che in alcuni luoghi i depositi di carbone possono diventare praticamente inutili ben prima del loro esaurimento”

e che dunque occorrerà passare ad una forma di energia primaria differente, quella solare che fra l’altro è disponibile in quantità gigantesca.

Ovviamente Ciamician non può parlarci di fotovoltaico perché alla sua epoca il fenomeno era poco più di una curiosità sperimentale, scoperta nella prima metà dell’800 e la comprensione teorica era ancora di là da venire; la teoria dell’effetto fotoelettrico è del 1905 e la sua dimostrazione sperimentale del 1916.

Altrettanto ovviamente Ciamician non si pone problemi di limiti (e come potrebbe?) la popolazione della sua epoca era di poco superiore al miliardo e mezzo di persone, esistevano ancora luoghi del pianeta mai raggiunti o raggiunti da poco (l’impresa di Amudsen al Polo Sud era di nemmeno un anno prima) anche se occorre dire che all’epoca tutto il mondo era diviso già compiutamente in zone di influenza e di lì a pochissimi anni sarebbe iniziata la prima guerra mondiale.

Una cosa che si ricorda poco della conferenza di Ciamician è che egli esorta anche ad una visione che oggi definiremmo di chimica verde, ossia propone che sia possibile usare come sorgenti di sostanze chimiche di base alcuni prodotti vegetali e che addirittura con una opportuna gestione (non credo genetica) si possano ottenere prodotti utili da piante comuni:

Non perché io voglia attribuire a questi studi una qualche importanza pratica, ma perché essi, provano come si possa intervenire direttamente nella vita  delle piante e modificare in un certo senso i processi chimici che in esse si compiono. In una serie di esperienze dirette a determinare la funzione fisiologica dei glucosidi, noi siamo riusciti a farli produrre a piante che naturalmente non ne contengono. Così ad es. abbiamo potuto, con opportune inoculazioni, costringere il mais a fare la sintesi della salicina. E più recentemente, occupandoci della funzione degli alcaloidi nelle piante, ci è stato possibile modificare la produzione della nicotina nel tabacco in guisa da ottenere un notevole aumento, oppure una diminuzione dell’alcaloide in esso contenuto. Questo è l’inizio; ma non sembrapossibile che con opportuni sistemi di coltura ed interventi si possa arrivare a fare

produrre alle piante in copia maggiore di quanto non lo facciano normalmente, quelle sostanze che sono utili alla vita moderna e che noi ora con così gravi artifici aver importanza il timore di sottrarre i campi alla produzione delle materie alimentari per favorire quella industriale. Un calcolo anche approssimativo dimostra che sulla terra v’è largamente posto per tutto e per tutti, massime quando le colture sieno debitamente perfezionate ed intensificate ed adattate razionalmente alle condizioni del clima e del suolo. Ciò costituisce appunto il problema dell’avvenire.

Come vedete dunque una miscela di punti di vista che oggi in parte sono realizzati ma (proprio per questo) il cui “problema” non è stato del tutto risolto.

Diverso il caso del testo di Vincenzo Balzani, a noi contemporaneo e che per molti aspetti è la naturale evoluzione della prima parte del testo di Ciamician.

Il suo sottotitolo è: Energie rinnovabili, economia circolare, sobrietà mentre il titolo originale è stato leggermente modificato per sottolineare che siamo proprio noi la parte debole del pianeta, quella che rischia di più.

In questo sottotitolo sta la forza del testo, cioè nel suo legare i due elementi tecnici, tecnologici ad una scelta sociale; nel comprendere da subito che la scienza e la tecnica da sole non ci salveranno; è la posizione che abbiamo scelto anche per questo blog, è la nostra posizione: gli scienziati devono uscire dalla loro torre, dai loro laboratori e fare politica, anzi fare POLITICA, tutto maiuscolo, basandosi sulla scienza ovviamente ma senza scordare la situazione sociale e politica dell’umanità.

Proprio per questo anche un testo agile, breve, solo 110 pagine che non si può dunque pretendere che dica tutto né che sia privo di punti su cui si potrebbe approfondire è assolutamente di utile e importante lettura.

Su alcuni punti non nascondo che ci vorrebbe un approfondimento: per esempio sull’effettiva sostenibilità dell’energia geotermica o mini-idroelettrica oggi messe spesso in discussione; sul concetto del picco del petrolio, quello del petrolio tradizionale è passato già nel 2005; sui problemi che vengono dalla limitatezza delle risorse minerarie necessarie allo sviluppo delle rinnovabili e dunque le questioni che discendono da una distribuzione sostanzialmente uniforme dell’energia solare ed eolica, ma disuniforme delle risorse minerarie e delle competenze tecniche necessarie al suo uso.

Ma ripeto non si può pretendere un trattato da quello che è un testo di divulgazione ma anche di battaglia che critica per esempio i comportamenti delle nostre aziende energetiche, pur facendo una differenza di valutazione fra le strategie dei Eni ed ENEL. La prima continua a seguire ahimè il tracciato fossile, solo spennellato di pallido verde, mentre l’ENEL dopo aver abbandonato la prospettiva nucleare, che il testo giustamente stigmatizza, sembra aver preso più seriamente il processo di transizione energetica (attenzione: a parte la questione centrali a carbone ovviamente!).

I capitoli più densi sono certamente gli ultimi tre in cui si analizzano nel sesto le varie energie rinnovabili nel settimo le loro prospettive mentre nell’ottavo lo sguardo si allarga ad una prospettiva più ampia di “transizione” che cerca di connettere tutti i discorsi precedenti; questi sono i punti salienti del testo.

La “transizione” è vista dunque come un processo complessivo non solo tecnologico che obbliga a cambiamenti importanti anche dal punto di vista finanziario ed economico; in questo ottavo capitolo c’è uno spazio specifico per la scienza ed il suo ruolo. Scrive Vincenzo:

La scienza ha fatto e continua a fare la sua parte per promuovere e sostenere la transizione energetica. Ha denunciato e combattuto le falsità propagate dalla lobby dei combustibili fossili, ha dimostrato la correlazione fra aumento della temperatura del pianeta ed emissioni di CO2, continua ad indagare sui vari fenomeni collegati al cambiamento climatico nel tentativo di controllarli…… La scienza, soprattutto, ha generato due tecnologie, fotovoltaico ed eolico, che sono oggetto dei più rapidi sviluppi industriali di sempre e che possono risolvere, con il contributo marginale di altre tecnologie, il problema che abbiamo innanzi.

Per quanto riguarda i combustibili fossili, sarebbe bene che non ci fossero più progressi scientifici né nella ricerca di nuovi giacimenti, destinati a rimanere inutilizzati, né nella loro estrazione, per non causare ulteriori danni, come sta accadendo con il metodo fracking, e neppure nel megalomane tentativo di sequestrare e imprigionare le emissioni di CO2 con metodi inefficaci, pericolosi ed energeticamente dispendiosi (CCS). Se vogliamo salvare il pianeta, la strada da percorrere è soltanto una: smettere al più presto di usare i combustibili fossili.

Se una cosa ci ha insegnato la pandemia è che mai la crisi climatica è stata trattata a livello sociopolitico come una vera crisi; le crisi muovono decisioni immediate, grandi finanziamenti, cambiamenti immediati di strategia; nulla di tutto questo per la crisi climatica, che ha mosso grandi discorsi, qualche firma, ma poco di concreto; è quanto rilevano in un recente lettera aperta spedita a tutti i leader e capi di stato europei il 16 luglio us, alcuni scienziati e varie personalità fra cui Greta Thurnberg. Dice la petizione:

 

E’ ora più chiaro che mai che la crisi climatica non è mai stata trattata come una crisi, né dai politici, dai media, dalle imprese, né dalla finanza. E più a lungo continueremo a fingere di essere su un percorso affidabile per ridurre le emissioni e che le azioni necessarie per evitare un disastro climatico sono disponibili all’interno del sistema attuale – o in altri termini che possiamo risolvere una crisi senza trattarla come tale – tanto più tempo prezioso perderemo.

Il testo di Balzani è la prova che ci sono scienziati che fanno il loro mestiere: maestri di scienza e di vita.

Se avete dubbi a comprare il libro considerate che costa meno dell’accesso per un giorno al solo articolo di Ciamician.

Nota.

I due articoli di Balzani sono stati pubblicati su

La Chimica e l’Industria Newsletter 7/ottobre 2018 La Chimica e l’Industria – 2018, 5( 7), ottobre

SALVARE IL PIANETA: ENERGIE RINNOVABILI, ECONOMIA CIRCOLARE, SOBRIETÀ – PARTE PRIMA Vincenzo Balzani pag. 4-20

 

La Chimica e l’Industria Newsletter 8/novembre 2018 La Chimica e l’Industria – 2018, 5(8), novembre

SALVARE IL PIANETA: ENERGIE RINNOVABILI, ECONOMIA CIRCOLARE, SOBRIETÀ – PARTE seconda Vincenzo Balzani pag 4-28

un terzo testo uscì sulla versione cartacea n.5 di C&I del medesimo anno come riassunto.

Photochemistry of the future, G. Ciamician

Science  27 Sep 1912: Vol. 36, Issue 926, pp. 385-394 DOI: 10.1126/science.36.926.385