Quando la fogna uccide.

Mauro Icardi

Quanto accaduto a Casteldaccia in provincia di Palermo, dove cinque operai sono morti, e un altro versa in gravissime condizioni per avere respirato gas sviluppatosi in una stazione di sollevamento di acque fognarie, mi lascia addolorato ed allo stesso tempo stupito.

In Italia purtroppo si continua a morire sul lavoro, cosa che non è non è più accettabile, e questo è il primo commento che mi sento di fare, e che deve precedere tutti quelli che seguiranno.

Al momento sto cercando di capire cosa abbia potuto provocare quella che si può definire una strage.

Quando si parla di acque reflue In linea generale, tuttavia, è possibile affermare che l’atmosfera – all’interno di una fognatura, una fossa biologica o altro ambiente confinato – diventa pericolosa a causa della:

• presenza di asfissianti semplici (es. azoto, anidride carbonica, freon) fisiologicamente inerti, ma pericolosi perché riducono la concentrazione di ossigeno;

• presenza di asfissianti chimici (es. monossido di carbonio) che limitano il trasporto dell’ossigeno nel sangue;

• presenza di asfissianti chimici (es. acido cianidrico, acido solfidrico) che limitano l’utilizzazione dell’ossigeno a livello cellulare;

• presenza di altre sostanze pericolose.

Da quanto leggo nelle prime notizie di cronaca si parla di una vasca di sollevamento interrata, dove di norma l’acqua di fognatura non dovrebbe essere soggetta a fenomeni di anossia, e conseguentemente sviluppare composti quali monossido di carbonio, anidride carbonica o metano. Se si parla poi di anaerobiosi la condizione mi sembra ancor meno plausibile.

Leggo che il comandante provinciale dei vigili del fuoco afferma con sicurezza che si tratti di esalazioni di idrogeno solforato, e rimarca il fatto che non siano state prese le dovute precauzioni. Non ho elementi oggettivi di giudizio per smentirlo.

In ogni caso di esalazione di gas dalle fognature avevo già scritto nel 2017, quindi ripropongo il post. Li ci sono le considerazioni di base su come approcciare gli interventi di manutenzione delle reti fognarie

Chiudo con qualche mia considerazione finale. I lavori in spazi confinati sono regolamentati con apposite procedure. E’ sempre necessario aerare i pozzetti interrati delle reti fognarie, e prima di accedervi misurare con rilevatori di gas portatili le concentrazioni di eventuali inquinanti che possano ristagnare. Le reti fognarie devono essere frequentemente ripulite, e prevedere sifoni di ventilazione. Per quanto riguarda la questione dello sviluppo di acido solfidrico riporto integralmente quanto scrissi nel 2017.

L’idrogeno solforato è presente nelle fognature in equilibrio tra la forma indissociata (H2S) e la forma ione idrogenosolfuro (HS-) I due composti sono presenti al 50% a valori di pH prossimi alla neutralità (condizione che normalmente si verifica nell’acqua di fogna). L’idrogeno solforato è un gas che presenta una moderata solubilità, la quale naturalmente diminuisce al crescere della temperatura. Se quindi viene a verificarsi un abbassamento del pH o un aumento della temperatura, il gas può facilmente sfuggire, dando luogo a vari inconvenienti, dovuti soprattutto al suo cattivo odore e alla sua elevata tossicità.

L’idrogeno solforato ha una soglia di riconoscimento molto bassa, pari a 0,0047 ppm.  A questa concentrazione il 50% delle persone riconosce il suo caratteristico odore di uova marce.

Questo mi lascia perplesso: monossido di carbonio e anidride carbonica non hanno odore. L’acido solfidrico invece sì. Io ragiono da chimico. Da chimico modesto che ha sviluppato olfatto e precauzione. Leggo che a quanto sembra gli operai non si sarebbero protetti, e che non indossassero nessun tipo di maschera. E non me lo spiego.

Oggi dovrebbe essere il giorno del cordoglio, non dei processi sommari. Poi non nego che spesso si pecchi di superficialità, di pressapochismo. Che troppo spesso sia la fretta ad essere cattiva consigliera, che oggi in ogni settore si corra come forsennati. Trascurando il fattore umano

Non avendo ulteriori considerazioni da poter fare su questa vicenda, mi auguro che in Italia si faccia formazione, prevenzione del rischio, si eviti di lasciare al minimo le piante organiche degli ispettorati del lavoro. La percezione del rischio spesso viene dimenticata.  Ma questo non lo fanno solo gli operai, che troppo spesso sono sul banco degli imputati a prescindere. Lo fanno anche tutti coloro che durante ogni evento particolarmente piovoso rischiano di annegare nei sottopassi allagati. Lo fanno tutti coloro che vedo ogni giorno attraversare i binari, pur avendo un sottopassaggio distante due metri.

La chimica fognaria va insegnata agli operai che in quelle condotte ci dovranno lavorare, una, dieci, cento, mille volte. Va insegnata ai ragazzi delle scuole. Va insegnato il valore del lavoro, e il rispetto di chi ogni giorno esce di casa, e non è sicuro di ritornarci.

C’è davvero molto da cambiare nel mondo del lavoro. Dove l’individualismo ha sostituito la solidarietà di categoria. Non mi azzardo a parlare di solidarietà di classe. Sarebbe purtroppo inutile.

Epifanio, i due Giuseppe, Roberto e Ignazio sono gli ultimi caduti di questa nuova antologia di Spoon River.

Il mio pensiero va a loro e ai loro cari.

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6 pensieri su “Quando la fogna uccide.

  1. Per la prima volta, a mia memoria, “Repubblica” (sono abbonato on-line dai tempi del lock-down) ha un articolo scientificamente abbastanza corretto sulla tossicità dell’idrogeno solforato e sulle modalità operative corrette in ambienti a rischio, intervistando e riportando in modo abbastanza completo le dichiarazioni di due esperti (un ingegnere ed un tossicologo, mai un chimico, ovviamente).

    Che la stampa stia migliorando ? Quasi incredibile !Peraltro nei commenti lettori che si spacciano per chimici non danno l’impressione di avere una decente preparazione…ma possibile che fossi solo io l’imbecille che perdeva tempo a lezione di Chimica Generale e/o Chimica Inorganica a raccontare/spiegare le tossicità e/o i possibili incidenti legati al rischio chimico con degli esempi tratti dalla cronaca ?

    Ricordo un incidente simile di anni fa in provincia di Rovigo con un errore di un operatore che scaricò acido solforico in una vasca di decantazione/digestione per rifiuti di conceria provocando una nube tossica che uccise tre persone, e che commentai in classe.

    Forse qualche elegante ed astrusa dimostrazione teorica (secondo alcuni colleghi la chimica è solo fisica e matematica applicata, da insegnare ricorrendo a formalismi astratti) in meno e qualche ragionamento corretto e di buon senso non farebbe male ai nostri studenti, ne uscirebbero meglio preparati alla vita nelle aziende.

    Ma io son nato Chimico Industriale, e mi iscrissi a Chimica pur con un 10 in filosofia al liceo, proprio per voglia di concretezza.

  2. La percezione del rischio è la formazione sono il nocciolo del problema. Ho lavorato nella scuola e ho visto nascere i corsi di formazione del personale, ma ho visto anche con quanta leggerezza le indicazioni date venivano prese dal personale, nonché dagli studenti. Per fortuna non ho assistito a incidenti gravi, ma farsi beffe delle regole si. Finché va tutto bene…

  3. H2S è un gas di sottovalutata pericolosità: dopo solo pochi minuti di esposizione a livelli “fastidiosi” ma non ancora in grado di provocare asfissia, il gas maleodorante ottunde completamente la sensazione olfattiva, per cui il soggetto si trattiene senza particolare sospetto fino a inalarne una dose tossica. L’asfissia da H2S è contemplata tra le malattie professionali nella lista ILO 2010 e nel relativo volume dei Criteri (2021).

    I misuratori portatili esistono, sono sensibili ed efficienti e concepiti per fornire allarmi e per avvertire l’esteno, ma i lavori coinvolti sono considerati “a basso valore aggiunto” (e qui per carità umana mi fermo…)

    L’invocata “cultura della prevenzione” è fatta di organizzazione ed empatia: mancano sia l’una sia l’altra.

  4. Buongiorno,

    anch’io da Chimico sono profondamente addolorato per questa tragedia.

    Il mio pensiero è ritornato al 1990.

    Appena laureato, appresi della tragedia avvenuta presso il depuratore di Casei Gerola

    il_padellino_19900711.pdf (storiabassavallescrivia.it)

    Allora morirono tre operai e tre rimasero intossicati.

    Purtroppo “repetitat non juvant”, ma il dolore e il senso di impotenza che ancora manchi qualcosa, restano.

    Esprimo il mio profondo cordoglio per le vittime e i loro familiari,

    Cesare Fraschini

  5. Una banalità: non sono un chimico ma solo un operaio della depurazione ma vorrei ricordare come solo il rilevatore gas può aiutare a realizzare la presenza o meno del gas per esperienza vi dico che la maggioranza degli operatori risulta anestetizzata per le continue esposizioni e che l olfatto può ingannare gli operatori abituali fino a valori significativi in ppm

  6. Oggi ennesimo incidente con intossicati per un errore di rifornimento (o acido solforico nella cisterna dell’ipoclorito o viceversa) in una piscina e in una scuola adiacente in Emilia.

    Siamo alle solite…per fortuna non ci è scappato il morto…

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