Riduzionismo e specificità della Chimica

Nota: si ricorda che le opinioni espresse in questo blog non sono da ascrivere alla SCI o alla redazione ma al solo autore del testo.

a cura di Rinaldo Cervellati*

(in ricordo di Leonello Paoloni e Giuseppe Del Re, chimici teorici, storici e eccellenti insegnanti)

 rinaldocervellatiE’ opinione diffusa fra i fisici (ma anche da qualche chimico) che la chimica sia compresa nella fisica. Questa idea fa parte di quella concezione epistemologica nota come riduzionismo che tende a considerare concetti e teorie di una scienza in termini di un’alta scienza o teoria considerata più fondamentale. Nello specifico fisica vs. chimica, l’opinione revisionista riemerge probabilmente da una frase attribuita a P.A.M. Dirac (Premio Nobel per la Fisica 1933) secondo cui “tutta la chimica è compresa nell’equazione di Schroedinger”[1]. Ma le cose stanno veramente così? Cerchiamo di scoprirlo.

Anzitutto va riconosciuto che la Chimica è la più “giovane” fra le Scienze della Natura, il grande filosofo-epistemologo Immanuel Kant non la prese, infatti, in considerazione fra le Scienze nella prima edizione della “Critica della Ragion Pura” (1781), lo fece nella seconda (1786) precisando però la Chimica di Lavoisier. Il lungo cammino che la chimica ha percorso per affermarsi come vera e propria Scienza si compie solo negli anni ’70 del 1700, quando viene riconosciuto che i corpi materiali sono costituiti o da aggregati di sostanze o da sostanze singole. In quel periodo, infatti, ad opera specialmente di chimici francesi come Maquer e Fourcroy si andava precisando il concetto di sostanza pura attraverso procedimenti operativi per determinare e controllare i gradi di purezza delle sostanze[2]. L’acquisizione di questo concetto e la sua traduzione operativa permisero finalmente di ottenere dati coerenti: poterono quindi essere enunciate le leggi empiriche che regolano le combinazioni chimiche (Proust, Lavoisier, Dalton, Gay-Lussac, Richter). Ciò condusse a quello straordinario lavoro di sintesi di Lavoisier prima [1] e di Dalton poi [2].

La formulazione di un’interpretazione teorica di tali leggi secondo un coerente modello particellare della materia richiese altri decenni e fu dovuta all’eccezionale opera di Stanislao Cannizzaro [3][3] che dimostrò la validità dell’ipotesi di Amedeo Avogadro formulata nel 1811 più di quaranta anni prima. La Tavola Periodica di Mendeleev diede poi conto delle variazioni periodiche delle proprietà chimiche e fisiche degli elementi, favorendone la scoperta di nuovi.

Infine la sistemazione spaziale degli atomi nelle molecole e la sua realtà fisica dovuta alla geniale intuizione di J. H. Van’t Hoff e la relazione fra questa e l’attività ottica precisarono ulteriormente il quadro concettuale della chimica[4].

Si può quindi affermare che alla fine del IXX secolo la scienza chimica aveva completato la strutturazione dei suoi fondamenti e precisato metodi e procedimenti per sintetizzare e caratterizzare nuove sostanze.

Tali fondamenti, insieme ai procedimenti operativi, sono illustrati nello schema che segue, adattato da un volume di Leonello Paoloni [4].

I fondamenti della chimica nella fase precedente la teoria sulla struttura atomica.

1) Le sostanze pure esistono sottoforma di corpi semplici o elementari, oppure sono composte di elementi. Ci sono criteri operativi per definire la purezza di una sostanza, e un procedimento operativo per la definizione di elemento.

2) Gli elementi e i corpi composti sono costituiti da molecole, e queste a loro volta sono costituite da atomi. Peso molecolare e peso atomico, misure di massa relativa, sono definiti in modo operativo.

3) La valenza è proprietà costitutiva degli atomi. La sua definizione operativa si fonda sui rapporti ponderali di combinazione di ciascun elemento e si esprime nel rapporto: valenza = (peso atomico) / (peso equivalente).

4) Ogni sostanza pura corrisponde a una formula molecolare che è unica e caratteristica di quella sostanza. Ogni formula molecolare corrisponde a un’unica e determinata sostanza pura.

5) Una data formula molecolare rappresenta l’organizzazione spaziale degli atomi che costituiscono la molecola e che appartengono a essa. Gli atomi adiacenti sono legati fra loro: la struttura molecolare è l’insieme di tali legami.

Accanto a questi fondamenti è necessario riconoscere la logica dei procedimenti adottati per stabilire la struttura molecolare e definire quindi le ipotesi fatte per interpretare i dati osservazionali che costituiscono il contenuto caratterizzante della chimica:

1) Le proprietà qualitative e quantitative di ciascuna sostanza pura sono definite in modo operativo (per es.: punto di fusione, composizione, peso molecolare, densità o volume molare, acidità, basicità, conducibilità elettrica, etc.). Si ammette che queste proprietà siano la manifestazione di caratteri propri della struttura molecolare.

2) Il comportamento reattivo di ciascuna sostanza pura è qualificato con aggettivi, ciascuno dei quali definisce una categoria di reattività (per es.: acido, base, riducente, ossidante, …). Ciascuna categoria di reattività è attribuita a un raggruppamento di atomi con una disposizione spaziale ben definita, un gruppo, che identifica una funzione chimica presente nella struttura molecolare.

3) Ogni determinata sostanza pura può essere riferita a una o a più categorie di comportamento reattivo, e può essere trasformata in altre che appartengono successivamente a differenti categorie. La formula di struttura molecolare esprime la connessione fra l’organizzazione spaziale degli atomi nella molecola e una determinata sequenza di reazioni.

calvin

http://www.metodifisici.net/ Calvin & Hobbes è opera di Bill Watterson e pubblicato in Italia da Linus

Attraverso i procedimenti 1) – 3) i chimici dell’800 e dei primi anni del ‘900 erano quindi in grado di stabilire la struttura e la composizione dei corpi materiali naturali e di sintesi con metodi essenzialmente chimici (v. ad es. G. Rosini in: “Ciamician profeta dell’energia solare”, Atti del convegno storico-scientifico, Bologna, 2007, pp. 83-98 e G. Nasini, ibid, pp. 113-124).

I fenomeni che hanno messo in crisi la fisica classica e condotto alla formulazione e sviluppo della MQ (radiazione di corpo nero, effetto fotoelettrico, spettri atomici di emissione, equipartizione dell’energia) sono in senso stretto fenomeni fisici, studiati e interpretati da fisici. La teoria quantistica della struttura atomica si è sviluppata in modo separato e autonomo dalla scienza chimica. La “ricaduta” di tale teoria nel dominio della chimica e sui chimici si ebbe solo più tardi, ad opera in particolare di Gilbert Newton Lewis che fu il primo a proporre l’interpretazione del legame chimico per condivisone di una coppia di elettroni fra due atomi [5][5], culminata poi nella sintesi di Linus Pauling [6]. In seguito all’applicazione della MQ ai fenomeni chimici in senso stretto, i fondamenti della chimica 2) – 5) dello schema precedente si sono modificati come illustrato nello schema che segue.

I fondamenti della chimica dopo l’acquisizione di una teoria della struttura atomica.

1) Invariato.

2) Gli elementi e i corpi composti sono costituiti da molecole e queste a loro volta sono costituite da atomi. Ciascun atomo è caratterizzato dal numero atomico. Esistono diverse specie atomiche di un medesimo elemento che hanno lo stesso numero atomico e massa atomica differente (isotopi). Peso molecolare e peso atomico, misure di massa relativa, sono definiti in modo operativo.

3) I modi di combinazione di ciascun atomo che conducono alla formazione delle molecole sono determinati dalla struttura elettronica dell’atomo stesso.

4) L’organizzazione spaziale degli atomi, definita come struttura molecolare, è determinata dalle interazioni tra atomi adiacenti e non adiacenti. Essa è direttamente osservabile (risultato di misure). La formula di struttura molecolare, costruita come reticolato di legami, definisce le relazioni di adiacenza fra gli atomi. Essa è un poliedro convenzionale unico e caratteristico di ciascuna sostanza solo nell’intervallo di temperatura in cui tali relazioni di adiacenza restano compatibili con l’ampiezza delle oscillazioni intorno alla posizione media di equilibrio dei singoli atomi.

5) Le potenzialità reattive di una sostanza sono collegate alla distribuzione elettronica della molecola e alla sua geometria.

Accanto ai procedimenti di riconoscimento della struttura molecolare elencati in precedenza, si aggiungono ora tutti i numerosi procedimenti basati sulla misura degli effetti che produce l’interazione delle molecole con la radiazione elettromagnetica (dai raggi X alle microonde) e con particelle elementari (elettroni, neutroni, etc.).

I nuovi procedimenti e la relativa strumentazione elencati nello schema sono applicazioni pratiche della MQ e permettono oggi ai chimici di identificare con relativa semplicità e in tempi molto più rapidi la struttura dei corpi materiali. Tuttavia provate a chiedere a un chimico organico sintetista se per sintetizzare e purificare un nuovo composto con una certa resa basta risolvere una o più equazioni d’onda. Vi risponderà (ridendo) che le cose non stanno affatto così, occorre un paziente lavoro in laboratorio con procedimenti e tecniche chimiche.

Va in particolare sottolineato che il primo fondamento della scienza chimica è rimasto invariato, anche se si sono arricchiti i criteri operativi per discriminare tra miscele e sostanze che le compongono. Pertanto possiamo riconoscere che il primo fondamento è peculiare della chimica e almeno fino ad oggi nessuna equazione o sistema di equazioni della MQ può stabilire se un corpo materiale è un aggregato di sostanze o una singola sostanza. Fra l’altro il fondamento 1) oltre ad essere peculiare della chimica costituisce un nodo concettuale che risulta preliminare anche per il suo apprendimento[6].

I recenti progressi sia in fisica che in chimica hanno fatto emergere alcuni ulteriori sottosettori di ricerca in entrambe le discipline, ad es. la materia oscura in fisica e i nanomateriali in chimica. A questo proposito la MQ non è soltanto parte della fisica ma anche parte della chimica sebbene non coinvolga tutto di entrambe le scienze.

Posso quindi concludere con una citazione di Giuseppe Del Re [7]: L’unità della Scienza non deve essere trovata riducendola a un singolo modello di interpretazione scientifica ma riguardando a essa nel modo degli Antichi: come la Filosofia della Natura.

Bibliografia

[1] M. Lavoisier, Traité Élémentarie de Chimie, Cuchet Librairie, Paris, 1789.

[2] J. Dalton, New System of Chemical Philosophy, Russel, Manchester, multivolume 1808, 1810 e 1827.

[3] S. Cannizzaro, Sunto di un Corso di Filosofia Chimica, fatto nella R. Università di Genova, Il Nuovo Cimento, 1858, 7, 321-366.

[4] L. Paoloni, Nuova Didattica della Chimica, Bracciodieta Editore, Bari, 1982.

[5] G. N. Lewis, The Atom and the Molecule, Journal of American Chemical Society, 1916, 38, 762-785.

[6] L. Pauling, The Nature of Chemical Bond, Cornell University Press – Ithaca, New York, 1939.

[7] C. Liegener, G. Del Re, Chemistry vs. Physics, the Reduction Myth, and the Unity of Science, Zeitschrift fur allgmeine Wissenschaftstheorie, 1987, XVIII/1-2, 165-174.

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[1] In effetti questo statement è estrapolato della seguente frase: “The underlying physical laws necessary for the mathematical theory of a larger part of physics and the whole of chemistry are thus completely known, and the difficulty is only that the application of these laws leads to equations much too complicated to be soluble” (P.A.M. Dirac, Proc. Roy. Soc. London, 1929, A112, 661)

[2] Ancora all’inizio del ‘700 ad es. il carbonato di potassio era designato con nomi diversi se era ottenuto da ceneri (alcali vegetale fisso) o per riscaldamento del tartrato (sal tartari) o dal salnitro. Chimici francesi e tedeschi ottenevano risultati diversi per la stessa reazione perché usavano inconsapevolmente acido muriatico a diverso grado di purezza (P. Cancellieri et al. Didattica delle Scienze, 1984, n.113, 9-15).

[3] Vale la pena ricordare che Cannizzaro pubblicò la sua opera sottoforma di una serie di lezioni.

[4] Jacobus Henricus Van’t Hoff (primo Premio Nobel per la Chimica, 1901) è stato uno dei principali fondatori della Physical Chemistry. A lui si devono le leggi che stabiliscono le condizioni termodinamiche dell’equilibrio chimico e l’assimilazione del modello di soluzione diluita a quello del gas ideale (R. Cervellati, Atti del XV Convegno di Fondamenti e Storia della Chimica, Rend. Cont. Acc. Naz. Sci., Serie V, Vol. XXXVII, 2013, pp. 197-209). Van t Hoff è stato uno di quei rari scienziati che uniscono in sé notevoli capacità teoriche e pratiche.

[5] Il lavoro di Lewis del 1916 fu preso inizialmente in scarsa considerazione dai chimici, cominciò ad avere successo quando le sue idee furono divulgate da Irving Langmuir attorno al 1923. Nonostante 35 nomination Lewis non ottenne mai il Premio Nobel. Fu però insignito con la medaglia Davy nel 1929 dalla Royal Society brittannica.

[6] L. Paoloni fa rilevare che mentre la matematica, la fisica e la biologia affrontano lo stadio iniziale del loro apprendimento utilizzando nozioni tratte direttamente dall’esperienza sensoriale, la chimica è invece priva di questa connessione diretta con il dato sensoriale. Infatti i caratteri percepiti in un corpo materiale qualsiasi non consentono di stabilire se esso è un aggregato di sostanze o una sostanza singola.

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a proposito dell’autore

*Rinaldo cervellati è Professore associato di Chimica Fisica all’Università di Bologna.
Titolare di numerose ricerche in spettroscopia molecolare, didattica chimica, cinetica chimica, è autore di oltre duecento pubblicazioni scientifiche su riviste internazionali e nazionali e di quattro monografie scientifico-didattiche.
È vincitore della V edizione (1984) del premio “Arturo Miolati” per il settore della didattica chimica.
È membro del Comitato Scientifico di CnS-La Chimica nella Scuola, della Società Chimica Italiana, della Royal Chemical Society (UK), della International Union of Pure and Applied Chemistry (IUPAC), della Swiss Chemical Society (CH).

3 pensieri su “Riduzionismo e specificità della Chimica

  1. C’è un doppio errore di battitura. Kant non è un filosofo dell’Ottocento e la prima edizione della Critica della Ragion Pura è del 1781 e, probabilmente, la seconda del 1786.

    • Giovanni Villani ha ragione, fortunatamente CDV ha corretto i miei errori di battitura che facevano sembrare Kant un filosofo dell’ottocento.

      Rinaldo Cervellati

  2. Se il riduzionismo non è negazionismo, ma individuazione di principi esplicativi più fondamentali, applicabili cioè ad un maggior numero di contesti, meccanismi e fenomeni indipendenti, non credo debba essere qualcosa da temere, dato che ci fornisce una visione coerente della natura senza necessariamente delegittimare i linguaggi e i principi “pratici” valevoli e utili in ogni ambito disciplinare. Consideriamo ad esempio la biologia molecolare. Che male c’è, in questo senso, a considerare questa scienza riducibile o riconducibile alla chimica? Quello che invece io temo e considero pseudoscienza (cioè ciarlataneria) è l’abitudine a ricorrere ai principi di una scienza più fondamentale per spiegare dei fenomeni complessi di un altro campo, senza però fornire il meccanismo di connessione. Per esempio la coscienza e il libero arbitrio umani, un grande mistero, viene “spiegato” da Penrose e fedeli con una magia a partire dall’indeterminazione quantistica. Bene. E come? Non si sa! Non si fonda una teoria sulla speranza che prima o poi si trovi la connessione meccanicistica centrale alla teoria stessa senza averne un minimo indizio. Anche la scoperta delle vibrazioni quantistiche dei microtubuli (http://www.ilsole24ore.com/art/tecnologie/2014-01-17/la-coscienza-e-effetto-quantistico-roger-penrose-rilancia-sua-teoria-154127.shtml?uuid=AB9RwSq) non modifica il carattere di wishful theory, della teoria della “coscienza quantistica” perché nessun chimico, anche non riduzionista, penserebbe che i principi della meccanica quantistica dovrebbero valere per tutte le reazioni chimiche ma non per quelle che si verificano nei neuroni, dunque non avrebbe a meravigliarsi scoprendo che nel cervello tali principi hanno conseguenze osservabili. E magari a scoprire che le stesse vibrazioni esistono anche nei microtubuli di altri invertebrati privi di linguaggio e di quella che noi chiamiamo coscienza. È ovvio che i principi elementari della fisica, della chimica e della biologia molecolare stanno dietro al funzionamento del cervello ma, come il riduzionismo alla fisica non produce affatto il sapere chimico, così le neuroscienze si devono dar da fare a costruire concetti, partendo dalle fenomenologie, adeguati a ridescrivere, ridefinire quindi, in un certo senso “capire” il comportamento del cervello umano. Di questi concetti c’è bisogno per avere una scienza autonoma, costituita su un ben preciso ambito di problemi, prima di andare a tentare riduzionismi tanto ingenui quanto prematuri. In poche parole Penrose & co vogliono spiegare dal basso verso l’alto un fenomeno che non è ancora chiarito in termini scientifici. Questo “riduzionismo anticipato” è lo stesso che sarebbe fallito se si fosse tentato di applicare l’affermazione di Dirac alla scoperta della chimica nell’ipotesi (surreale) che le conoscenze quantistiche avessero preceduto Lavoisier, Avogadro, Cannizzaro e Mendeleev. Ogni scienza parte dai fenomeni e costruisce prima i suoi concetti in modo dialettico, finché non scopre i fatidici meccanismi che la oggettivizzano e che fanno piazza pulita di tutto il superfluo (vedi ereditarietà e scoperta del DNA). Questa è la “prassi” della scienza, in cui la chimica, proprio per questo chiamata “scienza centrale”, è quasi sempre implicata.

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