Mozziconi biodegradabili, uno studio napoletano.

Nota: si ricorda che le opinioni espresse in questo blog non sono da ascrivere alla SCI o alla redazione ma al solo autore del testo

a cura di Mauro Icardi

Su questo blog si è già affrontato grazie al bravo Giorgio Nebbia un argomento che è molto attuale, cioè il problema della diffusione ambientale dei mozziconi di sigaretta.
https://ilblogdellasci.wordpress.com/2016/06/08/mozziconi/
Il problema è a tutti gli effetti un problema ambientale emergente che purtroppo si lega a doppio filo ad un problema comportamentale quale quello del tabagismo.
Il secondo problema è stato affrontato ormai da decenni nell’ambito medico, i danni provocati dal fumo di sigaretta sono ormai noti. Ed è un problema che spesso provoca discussioni infinite con le persone che conosco e che fumano, purtroppo anche in ambito lavorativo. Il fumo di sigaretta è riconosciuto come cancerogeno. La valutazione di rischio da fumo passivo viene espressamente richiesta anche nel decreto legislativo 81/2008 che tutela la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro.
Per il problema della diffusione nell’ambiente dei mozziconi ho personalmente (purtroppo) un punto di vista molto particolare. La bicicletta è il mezzo di trasporto con cui mi sposto preferenzialmente anche per recarmi al lavoro. Mozziconi e residui di pezzi di vetro (i secondi i responsabili delle frequenti forature) sono senza dubbio i rifiuti che riscontro maggiormente sulle strade. E anche nei vari stadi di trattamento delle acque reflue. La maggior parte sono trattenuti dalle fasi di grigliatura, ma date le loro dimensioni hanno preso il post dei bastoncini cotonati come residui che sfuggono ai trattamenti di tipo meccanico, e che possono disturbare i trattamenti a valle, nonché provocare malfunzionamenti o intasamenti delle apparecchiature di processo.

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Il precedente articolo di Giorgio si concludeva con queste parole: “C’è bisogno di molta ricerca chimica sui mozziconi di sigarette, ma soprattutto c’è bisogno che le persone fumino di meno: ne trarrà vantaggio il loro corpo e il corpo comune di tutti noi, l’ambiente, le acque, il mare.
Qualcosa dal punto di vista della ricerca si sta iniziando a vedere. I mozziconi di sigaretta che non sono altro che i filtri delle sigarette sono composti da acetato di cellulosa, una fibra sintetica. La natura non ha il patrimonio enzimatico che sarebbe necessario per la sua degradazione e metabolizzazione, come invece avverrebbe se si trattasse solamente di cellulosa.
La cellulosa subisce per l’appunto una reazione di acetilazione nella quale vengono sostituiti gruppi acetili (COCH3) al posto di atomi di idrogeno. Questo tipo di modifica viene fatta per ottenere filtri maggiormente efficaci nel trattenere i prodotti di combustione del tabacco.

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 Ma questo trattamento rende i mozziconi inaccessibili all’attacco di microorganismi influenzandone in maniera negativa la biodegradabilità.
Dal punto di vista storico questa situazione ricorda quanto già avvenne con le molecole dei tensioattivi . Le molecole organiche ramificate resistevano alla degradazione batterica e quindi si dovettero mettere in commercio tensioattivi a catena lineare che garantissero biodegradabilità maggiore. Il termine biodegradabile all’80% divenne usuale nella pubblicità almeno per tutti gli anni settanta.
E per quanto riguarda i mozziconi la biodegradabilità aumenta se sottoposti a un trattamento di de-acetilazione idrolitica. In pratica smontare la molecola che si era costruita precedentemente.
Oltre a questo i mozziconi sono poco appetibili perché hanno basso contenuto di nutrienti ed in particolare di azoto.
Presso l’Università di Napoli “Federico II” è in corso una sperimentazione il cui scopo è quello di avere informazioni ulteriori sulla biodegradabilità dei mozziconi visto che i dati di letteratura risultano non ancora sufficienti e non si riferiscono a sperimentazioni che simulino situazioni reali.
Il gruppo di ricerca guidato da Giuliano Bonanomi agronomo e ricercatore ha intrapreso un percorso di ricerca impegnativo la cui durata è prevista in dieci anni, ma ha già pubblicato i risultati ottenuti nei primi due anni di lavoro
I risultati si possono visualizzare qui
http://journals.plos.org/plosone/article?id=10.1371/journal.pone.0117393
Lo studio tende a verificare e a mettere a disposizione dati maggiormente significativi sulla reale biodegradabilità in condizioni reali e di differenti terreni dove i mozziconi vengono messi a decomporre.
E’ intuitivo pensare che in terreni meno ricchi di sostanza organica la biodegradabilità sia sostanzialmente inferiore. E non a caso sulle spiagge i mozziconi sono spesso i rifiuti che si rinvengono con disarmante frequenza.
Questo studio rappresenta un primo passo verso la comprensione di un problema dal punto di vista tecnico, ponendo le basi per una sua mitigazione o risoluzione. La possibilità per esempio di produrre filtri per sigaretta biodegradabili vista la difficoltà di degradazione di quelli attualmente in commercio.
E’ decisamente deludente invece dal punto di vista del comportamento umano. Del problema della dispersione incontrollata di rifiuti nell’ambiente sento parlare da più di quarant’anni.
Ma questo è un problema diverso. La tendenza a sottovalutare con superficialità i temi ambientali credo sia un tema che si stia spostando nel novero delle scienze che studiano il comportamento umano e che si intrecciano con le ricerche e gli sforzi che si fanno nel campo della chimica, della biologia e dell’ecologia.
Sia dal punto di vista della ricerca che di quello della divulgazione.

Un pensiero su “Mozziconi biodegradabili, uno studio napoletano.

  1. Anche io mi sposto in bicicletta e, soprattutto quando la salita impone di stare a testa bassa e pedalare, mi rendo conto di quanti pacchetti di sigaretta (con il loro involucro di cellophane), quante lattina di birra e quante bottiglie di plastica giacciono abbandonate nel fosso. Rifiuti che restano in bella mostra finche, in primavera, la vegetazione li ricopre ma poi passano solerti manutentori con meravigliosi trattori dotati di braccio meccanico e trincia a sbalzo che macinano la vegetazione e i rifiuti nascosti in essa. Le plastiche così ben sminuzzate possono cominciare il loro viaggio nell’ambiente però scompaiono dalla vista mettendo in pace la coscienza di chi continuerà a lanciare bottigliette dal finestrino.

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