Fame e biotecnologie: un punto di vista non convenzionale

 Giuseppe Poeta Paccati [1]

La fame continua ad essere un problema in tutto il mondo. Secondo l’Organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura delle Nazioni Unite, “850 milioni di persone nel mondo erano denutrite fra il 1999 e il 2005” ed il numero è in continuo aumento.

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Carl von Bergen, 1904, Ragazza con piatto.

La fame ha pochissimo a che vedere con le tecniche agricole di produzione; essa, al contrario, è legata a una diseguale distribuzione delle ricchezze sul pianeta ed è soprattutto un problema politico, di democrazia economica e di giustizia sociale. Forse dobbiamo mettere in dubbio che la ricerca biotecnologica applicata alla produzione agroalimentare (colture transgeniche ecc.) possa effettivamente servire a risolvere il problema della fame nel Terzo e Quarto Mondo. È significativo che la Croce Rossa Internazionale abbia stimato che ben il 90% dei circa 256 milioni di disastrati nel mondo viva nei paesi poveri.[2]

Papa Benedetto XVI, ha sostenuto che la denutrizione: « è colpa non della mancanza di cibo, ma delle politiche dei governi, dei fenomeni speculativi e della carenza di un assetto di istituzioni politiche ed economiche in grado di fronteggiare le necessità e le emergenze ».

Inoltre, è stato dimostrato che le condizioni atmosferiche avverse e la scarsità del raccolto, sebbene siano sicuramente eventi naturali avversi, non sono necessariamente disastri di vaste dimensioni.[3] In occasione delle grandi carestie nel Bengala, a Calcutta nel Sahel e in Etiopia, ad esempio, la scelta di concentrare l’attenzione sulla disponibilità di cibo e di attribuire la sua mancanza esclusivamente a cause naturali, ha impedito di evidenziare le vere responsabilità a carico delle strutture economiche e legali il cui crollo è la causa principale di tali calamità che avvengono anche quando il raccolto è stato buono e vi sono riserve di cibo disponibili.

Le principali crisi sanitarie e le catastrofi umanitarie cui, ancora oggi, assistiamo in Somalia, Birmania, Zimbabwe, Congo, Pakistan, Sudan ed Iraq, sono causate dalle periodiche ondate di violenza che riducono in condizioni estreme intere popolazioni spesso costrette ad esodi di massa in cui ai profughi manca acqua, cibo, riparo e assistenza sanitaria che li rende estremamente vulnerabili a malattie che, normalmente, sarebbero facilmente curabili.[4] Papa Francesco in visita alla sede romana del Programma Alimentare Mondiale delle Nazioni Unite,[5] parlando a braccio affermò che “La fame non è un dato naturale, né frutto di un destino cieco di fronte al quale non possiamo fare nulla”.fame2

Il cibo che si spreca è come se lo si rubasse dalla mensa del povero, di colui che ha fame”. E ancora, “abbiamo fatto dei frutti della terra, dono per l’umanità, un privilegio di alcuni, generando esclusione. Abbiamo stravolto i fini della terra”. “La mancanza di alimenti – spiega il Pontefice – non è qualcosa di naturale, non è un dato ovvio: il fatto che oggi, in pieno ventunesimo secolo, molte persone patiscano questo flagello, è dovuto a un’egoista e cattiva distribuzione delle risorse, a una mercantilizzazione degli alimenti”.

Nel frattempo la scienza, oggi le biotecnologie, vorrebbe impossessarsi di un fine alto, e indiscutibile, quello di voler sfamare la “sovrappopolazione” futura per giustificare i suoi indirizzi e le sue nuove e rivoluzionarie pratiche sulle cellule animali, vegetali e batteriche. Ma in questo modo è come se invece di prevenire la “malattia” agendo sulle sue vere cause per debellarle, ci si accontentasse di curarne i sintomi accettando che essa possa comunque insorgere.

Il consumismo che pervade le nostre società ci ha indotti ad abituarci al superfluo e allo spreco quotidiano di cibo, al quale a volte ormai non siamo più capaci di dare il giusto valore, che va oltre i meri parametri economici”. “Non possiamo ‘naturalizzare’ la fame di tante persone; non ci è lecito dire che la loro situazione è frutto di un destino cieco di fronte al quale non possiamo fare nulla”.[6]Per sfamare il mondo preoccupano giustamente i cambiamenti climatici, ma non possiamo dimenticare la speculazione finanziaria.[7]

Ci troviamo così davanti a uno strano e paradossale fenomeno: mentre gli aiuti e i piani di sviluppo sono ostacolati da intricate e incomprensibili decisioni politiche, da forvianti visioni ideologiche o da insormontabili barriere doganali, le armi no; non importa la loro provenienza, esse circolano con una spavalda e quasi assoluta libertà in tante parti del mondo. E in questo modo, a nutrirsi sono le guerre e non le persone. In alcuni casi, la fame stessa viene usata come arma di guerra. E le vittime si moltiplicano, perché il numero delle persone che muoiono di fame e sfinimento si aggiunge a quello dei combattenti che muoiono sul campo di battaglia e a quello dei molti civili caduti negli scontri e negli attentati. Siamo pienamente coscienti di questo, però lasciamo che la nostra coscienza si anestetizzi, e così la rendiamo insensibile. In tal modo la forza diventa il nostro unico modo di agire, e il potere l’obiettivo perentorio da raggiungere”.

fame3La figura 1 sopra mostra come sarebbe il Mondo se le dimensioni dei paesi fossero proporzionali al grado ricchezza.[8] fame4La figura 2 mostra invece come sarebbe il Mondo se le dimensioni dei paesi fossero proporzionali alle morti per fame[9] fame5e la figura 3 mostra come si distribuiscono le morti per fame nel mondo.

Allora constatiamo, accoratamente, che senza una migliore giustizia, le rinnovate e moltiplicate risorse (o presunte tali) che la biotecnologia promette di metterci a disposizione in futuro nulla potranno per ridimensionare quello che lo stesso Pontefice ha definito lo “scandalo” della fame e della malnutrizione che continuerà a minacciare la vita e la dignità di tante persone – uomini, donne, bambini e anziani perché dall’indigenza, come dall’ignoranza, qualcuno continuerà – indisturbato – a trarre il suo macabro profitto.

[1] Insegnante presso l’ISIS G. Natta, Via Europa, 15, Bergamo.

[2] Federazione Internazionale della Croce Rossa, Rapporto Mondiale 2001 sui disastri ambientali.

[3] Sen Amartya, Collective Choice and Social Welfare, Elsevier, Amsterdam, 1970.

[4] Medici Senza Frontiere, Quinto Rapporto sulle Crisi Dimenticate, http://www.crisidimenticate.it/

[5] Pam, il Programma Alimentare Mondiale delle Nazioni Unite si prefigge l’obiettivo “Fame zero”, cioè nessuno uomo dovrà soffrire la fame in nessun luogo del mondo, entro il 2030.

[6] Il Pontefice in occasione dell’incontro in udienza dei partecipanti al Banco alimentare, 2015.

[7] Il Papa rivolto ai delegati Fao in udienza in Vaticano all’indomani dell’annuncio del titolo della nuova enciclica sull’ambiente “Laudato si'”.

[8] Livello di sviluppo economico Banca Mondiale, 2015.

[9] http://www.worldmapper.org/display_extra.php?selected=412