Il rifiuto di tutti i rifiuti

Mauro Icardi

Il rapporto annuale sullo stato dell’ambiente in Italia , redatto dall’Ispra e presentato lo scorso mese di marzo, relativamente ai rifiuti mostra dati solo parzialmente incoraggianti. In crescita la produzione dei rifiuti urbani (+2%), in linea con l’andamento degli indicatori socio-economici. La produzione pro capite aumenta, passando da 487 kg/abitante nel 2015 a 497 kg/abitante nel 2016.

Il dato incoraggiante riguarda la diminuzione , rispetto al 2014, delle quantità totali di rifiuti smaltiti in discarica pari al 8,3%. Tale diminuzione si deve principalmente ai rifiuti urbani , che diminuiscono di circa il 16,2%, mentre i rifiuti speciali diminuiscono dell’1,8%. La percentuale di raccolta differenziata dei rifiuti a livello nazionale arriva al 52,6% nel 2016 e cresce del 5% rispetto al 2014. Il dlgs 152/2006 (Norme in materia ambientale) prevedeva che si dovesse raggiungere il valore percentuale del 65% di rifiuti destinati alla raccolta differenziata nel 2012. Il dato invece decisamente negativo riguarda la produzione di rifiuti speciali. Diminuiti del 4% nel biennio 2011-2013 principalmente nel segmento dei rifiuti speciali non pericolosi derivanti da attività di demolizione e scavo. Fenomeno da attribuire alla crisi del settore edile.

Nel triennio 2012-2015 la produzione di rifiuti speciali torna ad aumentare (+ 6,8%).

Questa la situazione attuale. Nel passato però, ed in particolare negli anni in del cosiddetto boom economico i consumi crescono, quasi che il consumo stesso si identifichi come l’elemento unificante dell’Italia, insieme alla visione di Carosello. Io non voglio ovviamente scrivere nulla dell’aspetto sociologico di quegli anni. Voglio solo far notare come consumando di più, si producano ovviamente più rifiuti e scarti.

Oggi in qualche modo siamo più attenti al problema. Ma in passato io ricordo perfettamente che nel piccolo paese di montagna dove soggiornavo in estate con i miei genitori non esisteva un servizio di raccolta rifiuti. Ci venne detto di portare i rifiuti in una depressione a lato del torrente che attraversava la valle. Una discarica a cielo aperto bonificata successivamente, quando i rifiuti vennero poi depositati in una discarica nelle vicinanze di Pinerolo, località poco distante. E quindi la passeggiata serale consisteva in questo. Portare una sacchetto di plastica di rifiuti (ovviamente indifferenziati) pochi metri prima di un parco giochi per bambini. Ho ripensato molte volte negli anni a questo episodio, che allora era purtroppo la normalità. In quegli anni la forma corrente di smaltimento dei rifiuti era la discarica. Il problema che questo tipo di atteggiamento ci ha lasciato in eredità è la gestione del percolato che si forma. Ovvero il rifiuto di tutti i rifiuti.Negli anni le caratteristiche del percolato tendono a variare, e ogni discarica produce percolati qualitativamente e quantitativamente diversi. I trattamenti devono essere valutati attentamente, e possono richiedere nel tempo anche variazioni all’impianto di trattamento originale, oppure la necessità di dover trasportare il percolato fuori dal sito, per destinarlo ad altri impianti di trattamento. I trattamenti biologici aerobici possono essere efficaci nel ridurre i composti organici biodegradabili (BOD) e la maggior parte di quelli totali (COD). Anche nel caso di basse concentrazioni di sostanza organica e BOD5/COD < 0,2 si ha una riduzione del COD fino al 50%. Come per tutti i processi di depurazione occorre porre attenzione a pH, temperatura, e a valutare con attenzione lo stato di salute della biomassa attraverso verifiche di respirometria del fango biologico, per valutarne l’eventuale intossicazione.

I trattamenti chimico fisici invece vanno scelti con attenzione e in generale non esiste un solo trattamento che sia efficace. I trattamenti principali possono andare dall’adsorbimento, all’ossidazione chimica, all’evaporazione, allo stripping. Ognuno di essi ha i suoi vantaggi e le sue problematiche. In generale un pretrattamento chimico fisico può diminuire le percentuali di sostanza organica biorefrattaria per i successivi eventuali trattamenti di tipo biologico. E’ importante ovviamente valutare anche quelli che sono i consumi energetici. Un impianto di evaporazione può arrivare a richiedere da 40 a 70 kWh elettrici e tra i 18 e i 40 kWh termici per metro cubo di percolato trattato.

Il problema del trattamento del percolato si lega ovviamente a quello della salvaguardia delle acque di falda. E se si digita su un qualunque motore di ricerca “percolato e falde acquifere” si potrà vedere come questo problema sia tutt’ora uno di quelli su cui occorre porre molto impegno ed attenzione.

In provincia di Varese proprio in questi giorni è tornato alla ribalta quello della discarica di Gerenzano. E’ una discarica che si trova al confine con la provincia di Varese, situata in una zona fortemente urbanizzata.

La storia di questo sito probabilmente è simile a quella di molti altri. Dal 1960 al 1984 vengono scaricati rifiuti speciali e urbani in maniera indifferenziata. Dal 1985 al 1990 (anno di chiusura della discarica) vengono scaricati i soli rifiuti urbani, fino alla chiusura avvenuta nel 1990. Quello che rimane adesso è un sito di circa 30 ettari con 11 milioni di mc di rifiuti depositati. Con le variazioni di livello della falda, spesso questi rifiuti sono venuti e vengono tutt’ora a contatto con la falda poggiando su strati di ghiaia, non essendo impermeabilizzato il fondo della discarica.

Nel 1981 venne prescritta la costruzione di una barriera idraulica realizzata nel 1987 che aveva lo scopo di abbassare il livello della falda e contenere il deflusso degli inquinanti a valle. Nel 1996 viene realizzato un impianto di depurazione sul sito della discarica. Prima il percolato veniva scaricato direttamente nel torrente Bozzente. Durante gli anni sono stati impermeabilizzati gli strati superiori di rifiuti, si è recuperato all’incirca il 10% di biogas prodotto dalla discarica, questo per mitigare i costi di gestione di un sito che ai sensi della normativa del decreto legislativo 152/206 risulta essere in stato di messa in sicurezza operativa.

Rimane l’incognita dell’inquinamento della falda freatica. Al momento i pozzi di captazione di acqua potabile sono posti al di fuori del flusso di acqua che percola dalla discarica.

Ma la parte di falda contaminata è ormai esclusa dalla possibilità di essere utilizzata per un successivo utilizzo a scopo idropotabile.

La discarica di Gerenzano risulta essere censita da Regione Lombardia nell’elenco dei siti contaminati.

La storia di questo sito è probabilmente uguale a quello di molti altri siti simili presenti in tutta Italia. Ma non solo. Per rendersene conto basterebbe andare a vedere (o rivedere) un film emblematico. Il documentario “Trashed” con Jeremy Irons.Stiamo già vedendo, abbiamo notizia della diffusione ambientale di plastica nell’ambiente, le ormai conosciute isole di rifiuti che galleggiano negli oceani. Ma forse non abbiamo coscienza del fatto che in futuro potremmo trovarci in difficoltà con le acque di falda che dovessero contaminarsi.

Le tecniche per il trattamento abbiamo visto esistono. Ma allo stesso modo occorre adottare atteggiamenti diversi, diminuire per quanto più possibile la produzione di rifiuti, e differenziarli.

E considerando le eredità che ci vengono da un passato spensieratamente consumistico, e le situazioni che invece ancora oggi non sono gestite correttamente nei paesi non meno sviluppati, ma con minori risorse economiche, e meno attenzione tecnico-legislativa al problema la gestione corretta di percolato e rifiuti è un ulteriore anello di una catena di impegni da assumere nei confronti dell’ambiente. E di noi stessi.

https://www.slideshare.net/PierAngeloGianni/indagine-sullo-stato-dellinquinamento-della-falda-a-valle-della-discarica-di-gerenzano

https://www.slideshare.net/PierAngeloGianni/discarica-di-gerenzano-per-non-dimenticare-regione-lombardia-09062014

http://www.varesenews.it/2018/04/ex-discarica-linquinamento-della-falda-freatica-non-si-ferma/704544/

Attualmente non risultano compromesse le falde dalle quali si prelevano acque destinate all’uso potabile, perché poste al di fuori della direzione di flu

3 pensieri su “Il rifiuto di tutti i rifiuti

  1. E’ spaventosa la quantità di rifiuti che ciascuno di noi produce, si tratta soprattutto di imballaggi dove la plastica regna sovrana. Basta guardare la pattumiera di casa, la quantità che ogni settimana è conferita al ritiro e alla differenziazione. A me pare che questo abuso della plastica, un materiale che è, per definizione, indistruttibile (o quasi) sia una “follia” (tra le altre). Al problema plastica si associa poi quello dei suoi additivi che sono anche interferenti endocrini che mettono a repentaglio la salute riproduttiva soprattutto dei giovani. Non riesco pertanto a vedere con benevolenza tutte quelle campagne pro-plastica che spesso coinvolgono le scuole anche quando la scusa è insegnare il riciclo di questo materiale: non sarebbe meglio non produrlo proprio e tenerlo solo per quelle applicazioni ad alta tecnologia dove l’indistruttibilità è veramente una proprietà importante (protesi ecc.)?

  2. in un una caffetteria-ristorante, a Roma, zona università La Sapienza, dal Lunedì al Venerdì c’è il pranzo a buffet a prezzo fisso, frutta, dolci e acqua inclusa, e fin qui non c’è niente di particolare. Ma la vera idea buona è che non si fornisce acqua minerale, solo acqua del rubinetto, liscia o gassata, in bottiglie di vetro. In altre caffetterie invece l’acqua è inclusa ma, acqua minerale nella bottiglietta di plastica da mezzo litro. Forse la commercializzazione di acqua minerale, in bottiglie di plastica, negli esercizi pubblici, si potrebbe sottoporre a qualche restrizione. L’invasione delle bottiglie di plastica è veramente dilagante. Non è più sostenibile. La riduzione dei rifiuti passa attraverso la riduzione della produzione degli imballaggi, acqua compresa. E’ tanto difficile?

  3. Anche io ricordo gli anni ’70 in cui passavo la villeggiatura in una frazione senza raccolta dei rifiuti. Noi smaltivamo un po’ di scarti vegetali e di carta oleata riempiendo una vecchia cava di pietre (o era una buca scavata dai tedeschi durante l’occupazione?). Ricordo che la nonna tagliò a strisce tanti shopper e con l’uncinetto realizzò la sporta (l’ho messa nella differenziata l’anno scorso) con cui tutti i giorni si andava in bottega a prendere il pane fresco. Ora la bottega non c’è più, il negozio più vicino è a 2.5 km.
    Non si possono demonizzare gli imballaggi in plastica perché hanno allungato la vita dei prodotti alimentari , né ha senso incensare il vetro a priori, spesso le sabbie per produrre il vetro vengono dall’estero via nave e comunque devono essere fuse sopra i 700°C, poi il vetro pesa e trasportarlo costa energia. Il vetro chiaro, una volta mischiato a vetri scuri difficilmente tornerà vetro chiaro.
    Non solo l’acqua è imballata in plastica. Pensate ai detergenti: una saponetta da 100g ha una scatola di cartone da 8g. Io che sono grande grosso e peloso consumo 3g di saponetta (alchilsolfato di sodio) per ogni doccia, 100g di docciashiuma liquida richiedono alcune decine di grammi di plastica per fare il flacone e io ne consumo 6 g a doccia , perché è un sale di potassio.
    Vi invito a guardare sugli scaffali del supermercato quante varietà di saponi liquidi ci sono e quante poche saponette. E per tornare alla villeggiatura degli anni ’70, si faceva il bagno una volta a settimana, perché bisognava scaldare l’acqua con la legna, oggi faccio la doccia tutti i giorni ma almeno smaltisco la legna scadente che non vuole più nessuno.
    Qualunque scelta richiederebbe un serio life cycle assessment, preventivo, a parte la morigeratezza.

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