Le donne scienziate in Russia nella seconda metà del XIX secolo: “migranti della conoscenza”. 2.

Rinaldo Cervellati

(la prima parte di questo post è pubblicata qui)

Le prime donne ad ottenere il dottorato furono quelle che erano riuscite a essere ammesse come uditrici all’Accademia medico-chirurgica di San Pietroburgo prima del divieto del 1863. Fra queste è importante ricordare Nadezhda Suslova (1843-1918) e Maria Bokova-Sechenova (1839-1929). Entrambe ottennero il dottorato in medicina all’Università di Zurigo, la prima nel 1867, la seconda nel 1871.

Nadezhda Suslova M. Bokova-Sechenova

Suslova ottenne il permesso di esercitare la professione in Russia nel 1868, al suo ritorno a San Pietroburgo.

Negli anni successivi Suslova, oltre a fare il medico ha effettuato ricerche in fisiologia, ginecologia e igiene. E’ stata una delle prime a osservare che la cecità neonatale poteva essere causata dall’esposizione alla gonorrea durante passaggio attraverso il canale del parto.

Maria Bokova-Sechenova fu autorizzata a esercitare come medico a San Pietroburgo nel dicembre 1971.

Bokova-Sechenova era interessata alla ricerca più che alla pratica medica. Tornò quindi in Europa occidentale per specializzarsi in oftalmologia a Vienna e successivamente ha lavorato come ricercatore e oculista nei laboratori delle Accademie russe di scienze e medicina. Tuttavia, dopo aver ereditato una piccola tenuta, si interessò di agronomia e infine realizzò una fattoria sperimentale che divenne la sua principale occupazione.

Una menzione particolare merita Sofia Kovalevskaia (1850-1891) un genio matematico internazionalmente riconosciuto. A 18 anni si recò insieme al giovane marito paleontologo all’università di Heidelberg per poter continuare gli studi. Frequentò le lezioni di matematica di Paul Du Bois-Reymond, le lezioni di fisica di Hermann von Helmholtz  e  Gustav Kirchhoff e quelle di chimica di Robert Wilhelm Bunsen. Dal 1870 al 1874 andò a Berlino dove Karl Weierstrass, colpito dalle sue doti matematiche, volle prenderla sotto la sua guida impartendole lezioni private. Kovalevskaja preparò tre diverse tesi di dottorato sotto la guida e il sostegno di Weierstrass, ne elaborò una quarta che nel 1874 le fece guadagnare un dottorato summa cum laude presso l’Università di Gottingen. Il principale risultato, conosciuto come Teorema di Cauchy-Kovalevsky, fu pubblicato nel 1875. Fu così che ottenne, prima donna in Europa, un dottorato in matematica. Il suo ritorno in Russia fu inutile per la sua carriera professionale poiché nessuna Università riconobbe i titoli conseguiti in Europa. Tuttavia nel 1881 fu nominata membro della Società Matematica di Mosca come docente privato.

Sonia Kovalevsky

Ritornata in Germania ebbe una figlia, Sofia. Dopo la morte del marito, nel 1883 si trasferì con la figlia a Stoccolma. Nel 1884 cambiò nome e si fece chiamare Sonia Kovalevsky. Divenne, prima donna al mondo, professore di matematica, ottenendo la cattedra all’Università di Stoccolma. In breve tempo imparò perfettamente lo svedese tanto da pubblicare i suoi lavori di matematica in questa lingua.

Dopo aver vinto due premi rispettivamente dell’Accademia di Parigi e di quella di Svezia, nel 1888 fu nominata membro dell’Accademia delle Scienze di Russia.

Sarebbe difficile sopravvalutare le straordinarie realizzazioni di questo primo gruppo di donne russe nella scienza. Provenivano da uno dei paesi più reazionari d’Europa e si impegnarono per cambiare i sistemi educativi europei con determinazione. Sofia Kovalevskaia persuase da sola l’Università di Heidelberg a ritirare il divieto di ammettere donne. Nadezhda Suslova ottenne lo stesso risultato con l’Università di Zurigo. Vera Goncharova è stata nel primo gruppo di quattro donne cui è stato permesso di studiare presso la Facoltà di Medicina a Parigi.

Nonostante i successi delle donne russe nelle università dell’Europa occidentale, i loro percorsi successivi post diploma o dottorato non furono affatto facili. Sulle centinaia di donne che andarono a studiare all’estero nei primi anni del 1870, solo una percentuale valutata fra il 20 e 30% [1], ha completarono i loro programmi. E su quelle che l’hanno fatto, non tutte riuscirono a sfruttare la specialità conseguita. Molte sono le ragioni che hanno contribuito a questo esito non soddisfacente.

Naturalmente, molto è dipeso dallo stress a cui sono state sottoposte le studentesse di tutte le età: la pressione dalle famiglie, la convinzione che le loro scelte professionali fossero essenzialmente dovute a spregiudicatezza, la mancanza di appropriati modelli di ruolo, il sottile quando non palese pregiudizio degli uomini, ecc. Ma c’erano anche alcuni fattori peculiari degli atteggiamenti delle donne russe donne dell’epoca. Come la femminista radicale P.N. Arian ha sottolineato: “Bisognava avere un coraggio e un’energia immensi per andare contro la società, la famiglia e gli amici e partire da sole per luoghi lontani in cerca di realizzarsi nella scienza” [1].

Verso la fine del movimento

Dal 1870 il governo zarista cominciava a sentire un forte disagio per la sempre crescente colonia femminile all’estero. Attraverso le informazioni di una fitta rete di spie, sapeva che gli studenti femmine e maschi si incontravano liberamente con emigrati molto radicali come l’anarchico Mikhail Bakunin (1814-1876) e il narodista (populista,dal russo narod = popolo) Piotr Lavrov (1823-1900), ed era evidente che molte giovani donne erano influenzate da questi pensatori politici. Allarmato da tutto ciò, nel giugno del 1873 il governo russo emise un proclama che richiamava in Russia tutte le studentesse di Zurigo. Chiunque fosse rimasta dopo il 1 ° gennaio 1874 sarebbe stata esclusa dalla possibilità di lavorare in qualsiasi istituzione russa.

Le donne erano scioccate e offese dal contenuto e dal tono del proclama, ma molte di loro decisero che non avevano altra scelta che andarsene da Zurigo. Gli studenti più poveri non potevano permettersi di mettere in pericolo le loro possibilità di occupazione in Russia. Le istituzioni governative erano infatti la loro principale speranza per un lavoro come medico, ricercatore o insegnante. Inoltre, alcune donne erano abbastanza ingenue da credere che presto sarebbero state ammesse agli esami di licenza e alle università russe se avessero obbedito all’ordine del governo.

Altre, cercarono di stabilirsi altrove, Berna, Ginevra e Parigi furono fra le mete preferite, ma continuando la persecuzione zarista anche Boston e Filadelfia furono prese in considerazione.

Tuttavia il governo zarista dovette affrontare un dilemma. Da un lato, la Russia aveva bisogno di personale medico e scientifico, e quindi molti amministratori sollecitarono la liberalizzazione dell’accesso delle donne all’istruzione superiore e alla formazione professionale. D’altra parte, molte di quelle donne che avevano studiato scienze in patria o all’estero erano schedate dalla polizia per le loro attività politiche, e alcune erano addirittura al centro stesso della lotta rivoluzionaria. Sulle otto donne del comitato esecutivo di diciotto membri dell’organizzazione militante narodistsa Volontà Popolare, due avevano studiato a Zurigo. L’autocrazia quindi contemporaneamente all’inasprimento del proclama di Zurigo, istituì corsi di istruzione per donne, permise l’istituzione di corsi di formazione per donne e corsi superiori per “ostetriche istruite” a San Pietroburgo, Mosca e altre grandi città dell’impero russo.

Il movimento delle donne russe considerò la creazione di questi corsi un grande trionfo. I corsi per le ostetriche istruite aperti a St. Pietroburgo nel 1872 furono i primi corsi di medicina esclusivamente per donne in Europa. Questi corsi raggiunsero presto un livello uguale a quello dei Corsi di medicina per uomini russi, anche se le donne laureate non furono autorizzate a chiamarsi “dottori”.

Si può comunque sostenere che molti di questi corsi rappresentarono un passo indietro per le donne scienziate in Russia. Mentre quelli di medicina erano a un livello ragionevolmente alto, i corsi femminili superiori in altre discipline non erano del calibro di quelli che le donne russe avevano seguito in Europa occidentale.

Inoltre, anche nei corsi femminili, mentre le donne potevano essere supervisori o assistenti di laboratorio, non potevano diventare professori.

Dopo l’assassinio di AIessandro II nel 1887 (attribuito al movimento Volontà Popolare) i corsi di medicina smisero di accogliere nuovi studenti o furono chiusi completamente. Solo nel 1895 fu approvato un nuovo istituto medico femminile. Quando anche gli altri corsi furono riaperti nel 1889, si scoprì che erano state prese misure per limitare alle donne lo studio delle scienze. Le facoltà di scienze matematiche, fisiche e naturali erano state notevolmente ridimensionate, i laboratori erano stati chiusi e molti insegnamenti di scienze naturali erano stati cancellati. Completamente aperti alle donne furono solo gli studi linguistici e artistici ritenuti dalle autorità abbastanza innocui.

Così si esaurì la prima fase della storia delle donne nella scienza in Russia. Solo dopo molti anni, nel XX secolo le cose cambieranno grazie ancora a donne che ottennero risultati scientifici paragonabili a quelli delle scienziate della prima generazione, qui ricordate.

Per la redazione di questo post ho attinto in particolare dalle seguenti opere:

[1] A. H. Koblitz, Science, Women, and the Russian Intelligentsia. The Generation of the 1860s,

ISIS, 1988, 79, 208-226.

[2] M. R. S. Creese, Early Women Chemists in Russia: Anna Volkova, Iuliia Lermontova, and Nadezhda Ziber-Shumova., Bull. Hist. Chem., 1998, 21, 19-24.

3 pensieri su “Le donne scienziate in Russia nella seconda metà del XIX secolo: “migranti della conoscenza”. 2.

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