Elementi della tavola periodica. Tellurio, Te

Rinaldo Cervellati

Il tellurio (ingl. Tellurium), simbolo Te, è l’elemento n. 52 della tavola periodica, collocato al 16° Gruppo, 5° Periodo, dopo lo zolfo e il selenio e prima del radioattivo polonio.

La IUPAC lo classifica un semimetallo[1], cioè un elemento con proprietà intermedie fra metalli e non metalli. I semimetalli sono collocati su una diagonale della tavola che suddivide gli elementi in base alle proprietà acido-base dei loro ossidi. La sua abbondanza nella crosta terrestre è valutata fra 0,001 e 0,005 ppm, paragonabile a quella del platino. Si ritiene che questa rarità nella crosta terrestre sia dovuta in parte alla formazione di un idruro volatile, che avrebbe causato la perdita di tellurio nello spazio come gas durante la formazione calda della Terra, e in parte alla bassa affinità per l’ossigeno, che lo induce a legarsi preferenzialmente ad altri calcogeni[2] in minerali densi che si troverebbero nel nucleo.

Il tellurio si trova occasionalmente nella sua forma nativa (elementare), ma più spesso nei minerali calaverite e krennerite (due diverse forme polimorfe di tellururo d’oro, AuTe2), nella petzite e nella silvanite, (tellururi di argento e oro di composizione diversa).

Calaverite                                           Krennerite

Per curiosità, la città di Telluride, in Colorado, è stata chiamata così nella speranza di trovarvi nei suoi dintorni tellururo d’oro (che non si è mai trovato, anche se è stato riscontrato un minerale di metallo dorato).

Sebbene il tellurio si trovi più spesso combinato con oro che in forma elementare, si trova ancora più spesso in telluridi di metalli più comuni (ad esempio la melonite, tellururo di nichel NiTe2).

Melonite

Contrariamente al selenio, il tellurio di solito non sostituisce lo zolfo nei minerali a causa della grande differenza nei raggi ionici. Pertanto, molti comuni minerali solforati contengono notevoli quantità di selenio e solo tracce di tellurio.

Il tellurio (tellus, latino, che significa “terra”) fu scoperto nel XVIII secolo in un minerale d’oro proveniente dalle miniere di Kleinschlatten (oggi Zlatna), vicino alla città di Alba Iulia, in Romania (a quei tempi facente parte dell’impero austro-ungarico). Il minerale era noto come “minerale d’oro a foglia bianca di Faczebaja”, nome tedesco di Fața Băii nella contea di Alba, oggi in Romania, o anche “antimonalischer Goldkies” (pirite d’oro antimonico). Nel 1782 Franz-Joseph Müller von Reichenstein[3], che al tempo era il principale ispettore austriaco delle miniere in Transilvania, concluse che il minerale non conteneva antimonio ma era solfuro di bismuto. L’anno seguente riferì che si era sbagliato, il minerale conteneva infatti principalmente oro e un metallo sconosciuto molto simile all’antimonio. Dopo un’indagine approfondita durata tre anni, che richiese più di cinquanta test analitici, Müller determinò il peso specifico del metallo, notando che quando riscaldato il nuovo metallo emetteva un fumo bianco con un odore simile a quello dei ravanelli e che conferiva un colore rosso all’acido solforico, inoltre quando questa soluzione veniva diluita con acqua si formava un precipitato nero. Tuttavia non fu in grado di identificare il metallo, e gli attribuì il nome di aurum paradoxium (oro paradosso) o metallum problematicum (metallo problematico), perché non presentava le proprietà dell’antimonio.

Franz-Joseph Müller von Reichenstein

Nel 1789, uno scienziato ungherese, Pál Kitaibel[4], scoprì l’elemento indipendentemente, in un minerale scoperto a Deutsch-Pilsen (oggi Nagybörzsöny in Ungheria) che era stato considerato molibdenite argentifera, ma in seguito diede il merito a Müller.

Nel 1798 il nome tellurium gli fu dato da Martin Heinrich Klaproth[5], che in precedenza lo aveva isolato dal minerale calaverite. Klaproth accreditò comunque Müller per la scoperta.

Proprietà fisiche

Il tellurio possiede due forme allotropiche, cristallina e amorfa. Nella prima è bianco-argenteo con lucentezza metallica.

Tellurio cristalli in un flaconcino

È un semimetallo fragile e facilmente polverizzabile. In forma amorfa si presenta come polvere marrone-nera preparabile precipitandola da una soluzione di acido telluroso o tellurico (Te(OH)6). Il tellurio è un semiconduttore che mostra una maggiore conduttività elettrica in determinate direzioni secondo l’allineamento atomico; la conduttività aumenta leggermente quando esposto alla luce (fotoconduttività). Allo stato fuso, il tellurio è corrosivo per rame, ferro e acciaio inossidabile. Fra i calcogeni, il tellurio ha i punti di fusione e di ebollizione più alti, rispettivamente 449,51 e 987,85 oC.

Il tellurio presente in natura ha otto isotopi. Sei di questi isotopi sono stabili, gli altri due, 128Te e 130Te, si sono rivelati leggermente radioattivi, con emivite estremamente lunghe, rispettivamente 2,2 ×1024 e 7,9×1020 anni. L’emivita di 128Te è la più lunga conosciuta fra tutti i radionuclidi. Gli isotopi stabili costituiscono solo il 33,2% del tellurio naturale.

Sono noti ben 31 radioisotopi artificiali di tellurio, con masse atomiche che vanno da 104 a 142, con emivite di 19 giorni o meno.

Proprietà chimiche

Il tellurio presenta gli stati di ossidazione −2, +2, +4 e +6, essendo +4 il più comune.

Nello stato −2 forma tellururi, composti binari con molti metalli come ad es. il tellururo di zinco, ZnTe, prodotto riscaldando il tellurio con lo zinco. ZnTe si decompone reagendo con acido cloridrico sviluppando tellururo di idrogeno (H2Te), analogamente agli idruri degli altri calcogeni, H2O, H2S e H2Se, tuttavia, al contrario di questi H2Te è altamente instabile.

Allo stato di ossidazione +2 forma dialogenuri con gli alogeni, TeCl2, TeBr2 e TeI2, che però non sono stati ottenuti in forma pura perché si decompongono per dare ioni che formare tetraalotellurati ben caratterizzati:

TeX2 + 2X → TeX42−, dove X = Cl, Br, I.

Questi anioni hanno geometrie planari quadrate. Esistono anche specie anioniche polinucleari.

Il fluoro forma due alogenuri con tellurio: Te2F4 a valenza mista e TeF6 con numero di ossidazione +6. Nello stato di ossidazione +6, si riscontrano gruppi strutturali –OTeF5 in alcuni composti, come ad es. HOTeF5 e B(OTeF5)3. Gli altri alogeni non formano alogenuri con tellurio nello stato di ossidazione +6, ma solo tetraalidi (TeCl4, TeBr4 e TeI4) nello stato +4.

Nello stato di ossidazione +4, sono noti anioni clorotellurati, come TeCl62− e Te2Cl102-.

Il monossido di tellurio fu riportato per la prima volta nel 1883 come un solido amorfo nero formatosi dalla decomposizione termica di TeSO3 nel vuoto, sproporzionandosi poi in diossido di tellurio, TeO2 e tellurio elementare per riscaldamento. L’esistenza di TeO, tuttavia, fu messa in dubbio e contestata, sebbene il composto fosse noto in fase vapore.

Il diossido di tellurio TeO2 si forma riscaldando il tellurio nell’aria, dove brucia con una fiamma blu.

Diossido di tellurio in polvere

Gli ossidi di tellurio e gli ossidi idrati formano una serie di acidi, incluso l’acido tellurico (H2TeO3), acido ortotellurico (Te(OH)6) e acido metatellurico ((H2TeO4)n). Le due forme di acido tellurico formano sali ben caratterizzati.

Quando il tellurio viene trattato con acido solforico concentrato, il risultato è una soluzione rossa contenente lo ione Te2+4, chiamato zintl.

Composti organotellurici

Il tellurio non forma facilmente telluroli, contenenti il gruppo funzionale –TeH analogo a quello di alcoli e tioli. Al gruppo funzionale –TeH è attribuito il prefisso tellanyl-. Come H2Te, queste specie sono instabili. I telluroeteri (R–Te–R) sono invece più stabili.

Estrazione e produzione

La principale fonte di tellurio proviene dai fanghi anodici della raffinazione elettrolitica del rame ottenuto dalla weissite, un minerale metallico costituito principalmente da rame e tellurio[6], oltre a impurezze di oro e argento.

I fanghi dell’anodo contengono seleniuri e tellururi di diversi metalli in composti con formula M2Se o M2Te (M = Cu, Ag, Au). Alla temperatura di 500°C i fanghi anodici vengono arrostiti con carbonato di sodio in presenza di aria. Gli ioni metallici sono ridotti a metalli, mentre il tellurio è convertito in tellurito di sodio:

M2Te + O2 + Na2CO3 → Na2TeO3 + 2M + CO2

Il tellurito viene lisciviato dalla miscela con acqua ed è presente in soluzione come ione idrotellurito HTeO3. L’idrotellurito è convertito in diossido di tellurio, TeO2, insolubile, mediante acido solforico:

HTeO3 + OH + H2SO4 → TeO2 + SO42− + 2H2O

Il metallo viene infine ottenuto dal diossido mediante elettrolisi o per riduzione facendolo reagire con anidride solforosa in acido solforico.

I principali produttori di tellurio sono: Stati Uniti (40%), Perù (30%), Giappone (20%) e Canada (10%).

Produzione mondiale di tellurio (2006)

Principali applicazioni

Piccole quantità di tellurio sono impiegate nell’industria metallurgica, in particolare del ferro, acciaio inossidabile, rame e leghe di piombo. L’aggiunta di tellurio all’acciaio e al rame produce una lega più lavorabile. Questa lega serve inoltre a favorire il raffreddamento negli spettrometri di emissione ad arco (Arc (Spark) Emission Spectrometers), dove la presenza di grafite elettricamente conduttiva tende a interferire con i risultati spettroscopici. Nelle leghe al piombo, il tellurio migliora resistenza e durata e diminuisce l’azione corrosiva dell’acido solforico.

Oggi il principale uso del tellurio è nell’industria dei semiconduttori e dell’elettronica, utilizzato nei pannelli solari (PV) al tellururo di cadmio (CdTe). I test di laboratorio del National Renewable Energy Laboratory (USA) hanno mostrato una maggior efficienza dei generatori di energia elettrica alimentati da questi pannelli. Ne è seguita una massiccia produzione commerciale di pannelli solari al CdTe, che ha fatto aumentare significativamente la domanda di tellurio.

Schiera di pannelli solari al CdTe

Sostituendo parte del cadmio in CdTe con lo zinco, producendo (Cd, Zn)Te, si ottiene un rilevatore di raggi X allo stato solido, che fornisce un’alternativa agli usuali dosimetri monouso.

Il materiale semiconduttore sensibile agli infrarossi è una lega di tellurio con cadmio e mercurio (tellururo di cadmio mercurio).

Il monossido (subossido) di tellurio, composto transiente, è utilizzato nello strato multicomponente di dischi ottici riscrivibili, tra cui CD-RW (ReWritable Compact Disc), DVD-RW (ReWritable Digital Video Disc) e ReWritable Blu-ray Disc.

Il diossido di tellurio è utilizzato nei modulatori acusto-ottici (AOTF e AOBS) per la microscopia confocale.

Il tellurio è utilizzato nei nuovi chip di memoria a cambiamento di fase sviluppati da Intel. Il tellururo di bismuto (Bi2Te3) e il tellururo di piombo sono usati negli elementi di funzionamento dei dispositivi termoelettrici. Il tellururo di piombo è utilizzato anche nei rivelatori del lontano infrarosso.

Ruolo biologico

Il tellurio non ha alcuna funzione biologica nota, sebbene i funghi possano incorporarlo al posto dello zolfo e del selenio in amminoacidi come la telluro-cisteina e la telluro-metionina. Gli organismi hanno mostrato una tolleranza molto variabile nei confronti dei composti del tellurio. Molti batteri, come lo Pseudomonas aeruginosa, assorbono la tellurite e la riducono in tellurio elementare, che si accumula e provoca una riduzione caratteristica e spesso drammatica delle cellule. Nel lievito questa riduzione è mediata dal percorso di assimilazione dei solfati. L’accumulo di tellurio sembra spiegare gran parte degli effetti tossici. Molti organismi metabolizzano anche il tellurio in parte per formare dimetil tellururo. A concentrazioni molto basse il dimetil tellururo è stato osservato anche in sorgenti calde.

Tossicologia e precauzioni

Il tellurio e i suoi composti sono considerati moderatamente tossici e devono essere maneggiati con cura, sebbene l’avvelenamento acuto sia raro. L’avvelenamento da tellurio è particolarmente difficile da trattare poiché molti agenti chelanti utilizzati nel trattamento dell’avvelenamento da altri metalli aumentano la tossicità del tellurio. Non sembra che il tellurio sia cancerogeno.

Gli esseri umani esposti a un minimo di 0,01 mg/m3 nell’aria emanano un cattivo odore simile all’aglio noto come “alito di tellurio”. Ciò è causato dal metabolismo che converte il tellurio da qualsiasi stato di ossidazione a dimetil tellururo, (CH3)2Te, composto volatile con un odore agliaceo. Anche se le vie metaboliche del tellurio non sono note, si presume generalmente che assomiglino a quelle del più ampiamente studiato selenio, perché i prodotti metabolici metilati finali dei due elementi sono simili.

Le persone possono essere esposte al tellurio sul posto di lavoro per inalazione, ingestione, contatto con la pelle e con gli occhi. L’Amministrazione per la sicurezza e la salute sul lavoro USA ha stabilito il limite di esposizione ammissibile del tellurio sul luogo di lavoro a 0,1 mg /m3 in un giorno lavorativo di otto ore.

Riciclaggio

Il tellurio degli scarti dei prodotti dell’industria metallurgica viene recuperato dai fanghi anodici che si ottengono da questi residui. Più importante è il recupero di cadmio e tellurio dai pannelli fotovoltaici esausti, generatori termoelettrici e dispositivi elettronici. Soprattutto è fondamentale il recupero del tellurio, causa la sua scarsità e la richiesta in aumento.

Nel 2006, V. Fthenakis e collaboratori, del Brookhaven National Laboratory e della Columbia University, NY (USA) hanno proposto un metodo idrometallurgico per recuperare questi metalli dai PV [1]. Il procedimento consiste in una iniziale frantumazione dei pannelli in frammenti, in seguito sottoposti a un trattamento idrometallurgico coinvolgente lisciviazione, separazione per scambio ionico, precipitazione ed elettroraffinazione. Soluzioni di acido solforico a bassa concentrazione si sono dimostrate efficaci nella separazione totale di cadmio e tellurio dalla matrice di vetro. Sono poi state usate colonne a scambio ionico in serie per separare rame e tellurio dal cadmio in soluzione. Successivamente Cd e Te sono stati isolati dalle corrispondenti soluzioni per elettroraffinazione e precipitazione reattiva rispettivamente. L’elettroraffinazione ha prodotto lastrine di cadmio di purezza 99%. La precipitazione del tellurio in forma metallica è stata ottenuta utilizzando vari agenti riducenti.

Più recentemente, nel 2014, W.D. Bonificio e D.R. Clarke, Università di Cambridge, MA (USA), notando che gli attuali metodi di riciclaggio sono poco efficienti e impiegano prodotti chimici tossici, hanno proposto un’alternativa batterica per il recupero del tellurio da scarti fotovoltaici (tellururo di cadmio, CdTe) e termoelettrici (tellururo di bismuto, Bi2Te3) [2]. Essi hanno mostrato che il ceppo EPR3 del batterio Pseudoalteromonas sp. può convertire i composti del tellurio da un’ampia varietà in ​​tellurio metallico o specie gassose di tellurio. Sperimentalmente, i due ricercatori hanno ottenuto questo risultato incubando le fonti di tellurio con il ceppo EPR3 sia in mezzi liquidi che solidi. Secondo Bonificio e Clarke il loro studio approfondisce la conoscenza dei processi batterici e ha implicazioni importanti per il riciclaggio sostenibile del tellurio[7].

Ciclo biogeochimico

È probabile che il ciclo biogeochimico di questo raro elemento sia simile o accompagni quello del selenio, presente in quantità dieci volte maggiore nella crosta terrestre, di cui parleremo in un prossimo post.

Opere consultate

CRC, Handbook of Chemistry and Physics, 85th, 4-31

https://en.wikipedia.org/wiki/Tellurium

Bibliografia

[1] V. Fthenakis et al. Recycling of CdTe photovoltaic modules: recovery of cadmium and tellurium., 2006 https://www.bnl.gov/pv/files/pdf/abs_192.pdf

[2] W.D. Bonificio, D.R. Clarke, Bacterial recovery and recycling of tellurium from tellurium-containing compounds by Pseudoalteromonas sp.EPR3., Journal of Applied Microbiology, 2014, 117, 1293-1304.

[1] Un tempo era in uso il termine metalloide, oggi considerato obsoleto dalla IUPAC.

[2] Gli elementi del Gruppo 16 della tavola periodica sono chiamati calcogeni. È costituito dagli elementi ossigeno (O), zolfo (S), selenio (Se), tellurio (Te) e dal radioattivo polonio (Po). Questo gruppo è anche noto come la famiglia dell’ossigeno. Tuttavia di norma, l’ossigeno viene escluso del termine “calcogeno”, a causa del suo comportamento chimico molto diverso da zolfo, selenio, tellurio e polonio. La parola “calcogeno” deriva dalla combinazione della parola greca khalkόs che significa principalmente rame (il termine usato anche per bronzo e ottone), e dalla latinizzata genēs, che significa nato o prodotto

[3]Franz-Joseph Müller von Reichenstein (1740/1742 – 1825/1826) è stato un mineralogista e ingegnere minerario austriaco. Müller ricoprì diversi incarichi nell’amministrazione imperiale asburgica delle miniere e del conio in Transilvania e in Tirolo. Durante il suo periodo in Transilvania scoprì il tellurio nel 1878.

[4] Pál Kitaibel (1757 – 1817) è stato un botanico e chimico ungherese. Nel 1794 divenne professore e insegnò queste materie a Pest. Oltre a studiare la flora e l’idrografia dell’Ungheria, nel 1789 scoprì l’elemento tellurio, ma in seguito diede il merito a Franz-Joseph Müller von Reichenstein che lo aveva scoperto nel 1783.

[5] Martin Heinrich Klaproth (1743-1817) è stato un farmacista e chimico tedesco. Dopo il lavoro nella sua importante farmacia si trasferì all’università. Klaproth è stato un importante sistematizzatore della chimica analitica, inventore indipendente dell’analisi gravimetrica. Fu una figura di spicco nel comprendere la composizione dei minerali e caratterizzare gli elementi. Klaproth scoprì l’uranio (1789) e lo zirconio (1789). Fu anche coinvolto nella scoperta o nella riscoperta di titanio (1792), stronzio (1793), cerio (1803) e cromo (1797), e confermò le precedenti scoperte di tellurio (1798) e berillio (1798).

[6] http://www.handbookofmineralogy.com/pdfs/weissite.pdf

[7] NdR. Personalmente starei molto attento con i batteri, potrebbero mutarsi in una specie divoratrice dei manufatti contenenti composti di tellurio…