Un approccio storico al trattamento delle acque

Mauro Icardi

A metà del XIX secolo, nel pieno della seconda rivoluzione industriale le grandi città cominciano ad attrarre decine di migliaia di persone, che abbandonano le campagne e si trasferiscono in città per lavorare nelle fabbriche. Non vi è pianificazione urbanistica, non vi sono interventi pubblici di mitigazione dei problemi sociali. Questo darà origine a crisi di tipo sanitario.

Nel 1858 in Inghilterra a causa di condizioni climatiche particolari, e di un periodo di forte siccità avviene un gravissimo inquinamento del Tamigi. Il fiume diventa una fogna e l’odore che si sprigiona è talmente forte, che il fenomeno sarà ricordato dalle cronache come “La grande puzza di Londra”.

Non ci sarà però solo un problema di forti molestie olfattive, ma anche lo scoppio di un’epidemia di colera.

Le relazioni commerciali tra la Gran Bretagna e l’India attraverso i trasporti via mare, saranno il meccanismo attraverso il quale il colera si diffonderà dall’India all’Europa nel 1831.

Ed è immediato ravvisare l’analogia con quanto accade oggi con la pandemia di Covid-19. I patogeni viaggiano assieme alle merci e ai passeggeri. Navi mercantili in passato, aerei oggi.

Non essendo ancora nota la modalità di trasmissione del colera (si pensava che si diffondesse per via aerobica, e non per ingestione di acqua o alimenti contaminati) non sì capi subito l’importanza di munirsi di adeguati sistemi di fognatura. Non siamo abituati a pensarlo, ma nella Londra di metà ottocento i cittadini più poveri si approvvigionavano di acqua proprio dal Tamigi.

Il sistema fognario della città era parziale e incompleto, e l’acqua corrente nelle case era un beneficio di cui potevano godere solo i cittadini ricchi.

Si diede quindi  inizio alla realizzazione di un sistema fognario più efficiente. L’ingegner Joseph Bazalgette progettò e diresse la costruzione di un sistema di fognature, che allontanasse le acque reflue, convogliandole a valle di Londra. Un primo passo che migliorò in parte le condizioni igieniche. Londra a metà ottocento aveva una popolazione di circa due milioni e mezzo di abitanti. Questo primo intervento fece calare anche l’incidenza di malattie quali il tifo. E le fognature che realizzò, sono ancora funzionanti.

Anche in altre città europee come Parigi e Amburgo si darà avvio a lavori di costruzione di reti acquedottistiche e fognarie. Il maggiore impulso si avrà negli anni tra il 1850 e il 1870, quando saranno i governi e le municipalità, a stanziare i fondi per questo tipo di costruzioni. Già in quel periodo esisteva un problema di gestione dei beni comuni. La gestione dell’acqua era spesso affidata ad aziende private. Allora come oggi il problema era che il privato spesso era restio a investire per la realizzazione di qualcosa che non avrebbe avuto un ritorno economico immediato. Una situazione che ancora oggi è al centro di dibattiti molto accesi.

Non credo sia inutile ricordare questa vicenda storica. E’ stata l’inizio di un percorso che ha portato in seguito  alle costruzioni dei primi impianti centralizzati per il trattamento delle acque reflue.

Tutta sembra originare dagli odori. La tecnica di depurazione a fanghi attivi tradizionale, nasce a seguito della necessità di diminuire l’odore dei reflui fognari. Fornendo aria a un liquame, questo viene colonizzato da una serie di microrganismi (batteri, protozoi, amebe).  Una tecnica ormai matura, durata sostanzialmente per un secolo (il brevetto presentato alla società inglese di chimica industriale, risale al 1914).

Il principio ispiratore, in altre parole l’utilizzo di biomassa per riprodurre in tempi e spazi limitati il fenomeno naturale di autodepurazione dei corsi d’acqua, non sparisce. Sarà supportato avrà dell’ausilio di altre tecniche. Filtri a membrana, adsorbimento, utilizzo di prodotti ossidanti.

Ne ho scritto diverse volte. Potrebbe sembrare che non ci possa essere altro da dire, se non seguire l’evoluzione delle nuove tecniche, darne conto. Basta per esempio leggere sull’Almanacco della scienza del CNR.  La sperimentazione di polimeri che riescono a trattenere per meccanismo di chelazione metalli tossici come l’arsenico, ma anche inquinanti emergenti di origine organica.

Viviamo un momento difficile. La pandemia ha fatto emergere comportamenti incomprensibili e istintivi. Recuperare invece un sano atteggiamento che ci porta a vedere la realtà, senza timori e paure è una condizione sempre più necessaria, e non rimandabile. E mentre scienza e tecnologia ci danno risposte a problemi concreti, io credo che le scienze umane dovranno collaborare per capire il perché di questa deriva irrazionale.

Un filo rosso ci deve congiungere con il passato. Per esempio ricordando i nomi di Filippo Pacini che si occupò di studiare il colera in Italia, del medico inglese John Snow che identificò l’origine dell’epidemia di colera nella fontana di Broad Street a Londra, proprio durante il fenomeno della grande puzza.

L’approccio di tipo storico alla gestione delle acque, può essere un modo per farne capire l’importanza.

http://www.almanacco.cnr.it/reader/cw_usr_view_articolo.html?id_articolo=11977&giornale=11947

4 pensieri su “Un approccio storico al trattamento delle acque

  1. Nel piccolo borgo montano di Montebonello in provincia di Modena, nel 1855 vi fu l’ultima epidemia di colera. All’epoca il villaggio si approvvigionava d’acqua alla base della rupe di arenaria su cui era costruito il castello. E si seppellivano i morti nella piccola piazza prospiciente la chiesa duecentesca che chiudeva il lato nord del castello. Nella piccola comunità di 600 anime si arrivò a celebrare un funerale al giorno. Il consiglio dei capi famiglia del piccolo comune decise quindi di istituire un cimitero estemporaneo lontano dall’abitato nel profondo del bosco. Il mio bisnonno era il medico condotto e questa storia si è tramandata oralmente fino a me, poche informazioni rimangono tra i documenti della parrocchia. Negli anni 50 fu installata una pompa che portava l’acqua della fontana alla base del paese in una cisterna realizzata all’interno della torre quattrocentesca sulla sommità del castello, e da qui Per caduta, veniva distribuita nelle case senza neanche un impianto di clorazione Che venne aggiunto molto dopo. La frazione venne dotata di fognature solo nel 1992.

    • se non sbaglio Montebonello è frazione di Pontassieve, dove si si venera una statua della Madonna Addolorata che recitano le cronache “il 6 agosto 1855 fece miracolosamente cessare una violenta epidemia di colera”.(sic) ……; mi consolo pensando che il vibrione fu scoperto dal medico toscano Filippo Pacini, ma nessuno gli diede retta; leggendo le cronache di quel tempo si vede come molti fenomeni e discorsi sono simili a quelli attuali: diffusione tramite i commerci e i viaggi, preoccupazione di salvare tali commerci anche a costo di mettere a rischio la salute, pessima qualità della igiene in moltissimi casi; lo stesso Snow chiuse la fontana famosa di cui parla Mauro ma poi fu riaperta; la questione dei “sepolcri”, se ve la ricordate, aveva ben altre conseguenze che quelle della poesia di Foscolo.

  2. A Fiumana (provincia di Forlì) si celebra la Madonna del colera.
    Si attribuisce alla Madonna il fatto che il paese non sia stato interessato da un epidemia di colera del 1600.
    Casualmente questa epidemia aveva interessato tutti i paesi a valle del fiume e si era fermata poco prima di Fiumana; nessun caso segnalato a monte.
    Con tutto il rispetto per la Madonna e la libertà di religione sarebbe stata un ottima occasione per affrontare il problema in modo un pochino più scientifico.

    • Caro Mauro, l’evento di Fiumana è del 1636; ora se consideri che Galileo abiurò nel 1633 ti rendi conto che la tua richiesta ha già una risposta; all’epoca non era possibile; mentre a metà 800 la situazione era già cambiata, eppure….. ma d’altronde oggi non vediamo tanta ignoranza e superstizione (e pressapochismo) nell’affrontare la pandemia?

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