Perché i tessuti si restringono e altre storie.

Claudio Della Volpe


Provate a riflettere su una cosa: veniamo al mondo nudi, ma comunemente veniamo seppelliti vestiti; in qualche modo il vestito si aggiunge al nostro corpo appena dopo la nascita e poi non ci lascia più.

Questo dovrebbe farci avere più attenzione ai tessuti di cui i vestiti sono fatti, e i tessuti debbono molto alla fisica e alla chimica (e alla geometria-topologia).

Questo post nasce dalla domanda apparentemente semplice: ma perché i tessuti si restringono quando vengono bagnati soprattutto la prima volta?

In realtà la risposta a questa domanda è molto complicata e non credo di poterla soddisfare in un solo post. Ma è una buona domanda, perché apre la stura a molte altre.

Anche perché il mondo dei tessuti coniuga aspetti geometrici, fisici e chimici in modo assolutamente affascinante e credo sia colpevolmente assente dalla cultura generale e dal mondo della scuola, sebbene, sotto forma di moda sia comunque presente nella nostra vita.

Ci sono testimonianze archeologiche di tessuti più vecchi di trentamila anni (in Georgia, le fibre di Dzudzuana sono tracce di tessuti di lino risalenti a 36mila anni fa), dunque certamente la tessitura è stata una tecnologia molto antica e che una volta entrata in circolo non ci ha più lasciati.

Qui devo fare una nota, ma significativa, di cui ringrazio mia figlia Daniela; esistono e hanno avuto molto spazio nella regione dell’indopacifico, fino a certe regioni dell’Africa dei materiali per vestiario prodotti a partire dalla corteccia interna di alcuni alberi, nome inglese bark cloth, che sono stati recentemente rimessi in gioco in Uganda dal desiderio di non perderne la tradizione. Questa corteccia fortemente battuta si presta a produrre “tessuti” di una certa dimensione e consistenza, ma non è affatto “tessuta”, conservando la propria struttura originale. Per converso i tessuti da ginestra di alcune regioni del nostro sud sono invece tessuti, ossia ottenuti da fibre estratte a differenza del bark-cloth.

Bark cloth indonesiano.

I tessuti sono fatti a partire da fibre vegetali o animali ed oggi anche sintetiche, dunque c’è tutta una parte della storia, che non vi racconterò, che porta dal vegetale o dall’animale (o dal petrolio) alla fibra; una volta arrivati alla fibra inizia il cammino del tessuto: come si tessono le fibre?

Le due grandi classi di tessitura sono espresse dalle due parole inglesi (la tessitura industriale moderna è nata in Inghilterra, ma era presente in fase artigianale anche dalle nostre parti; chi non ricorda i Ciompi, che battevano la lana per eliminarne i nodi?) weaving ossia tessitura (o lavoro a navetta) e knitting, o lavoro a maglia, rispettivamente, rappresentate nelle due figure qui sotto:

Weft è la trama e warp l’ordito

Intreccio a maglia

A sua volta il lavoro a maglia prevede due classi di intreccio che sono qui sotto schematizzate:

L’asola sinistra è a dritto quella a destra è a rovescio (seguire il filo giallo, a sin è sotto il rosso, mentre a destra è sopra il rosso))

Si racconta che una volta il dritto-rovescio sia stato ri-scoperto dal fisico teorico PAM Dirac tramite una osservazione “sperimentale”. Racconta Gamow nel libro 30 anni che sconvolsero la fisica (Zanichelli BMS 19, 1968)

A seconda del filato e del modello di lavorazione a maglia, i capi lavorati a maglia possono allungarsi fino al 500%. Per questo motivo, la lavorazione a maglia è stata inizialmente sviluppata per indumenti che devono essere elastici o elasticizzati in risposta ai movimenti di chi li indossa, come calzini e calzetteria.

Gli indumenti lavorati a maglia sono spesso più aderenti rispetto agli indumenti tessuti, poiché la loro elasticità consente loro di adattarsi più fedelmente al contorno del corpo; al contrario, la curvatura viene introdotta nella maggior parte degli indumenti tessuti a navetta solo con pince, svasature, tasselli e inserti cuciti, le cui cuciture hanno l’inconveniente di ridurre ulteriormente l’elasticità del tessuto.

Se tagliate un tessuto a navetta dovete far caso alla direzione del taglio rispetto a trama ed ordito; nel cucito, un pezzo può essere tagliato dal tessuto in qualsiasi orientamento, che però influenzerà il modo in cui il tessuto pende e si allunga e quindi la vestibilità di un indumento.

Si dice che un taglio è a dritto quando è orientato lungo l’ordito, traverso quando è orientato lungo la trama e a sbieco quando è a 45°; in questo ultimo modo il taglio dà un aspetto più fluido; e si tenga presente che ci sono due direzioni di sbieco l’una perpendicolare all’altra.

Esiste poi un altro modo storico di tessere che è l’antenato del moderno tessuto-nontessuto (woven-nonwoven in inglese) ossia il feltro. Il feltro è una stoffa realizzata in pelo animale. Non è un tessuto: viene prodotto con l’infeltrimento delle fibre. Il materiale che lo compone comunemente è la lana cardata di pecora, ma si può utilizzare qualsiasi altro pelo (o fibra sintetica, le mascherine anti-Covid sono tutte fatte così).

Se aggiungiamo a queste nozioni di base sui tessuti quel che ci siamo detti nel post su lavatura e stiratura saremo pronti a rispondere alla domanda iniziale: ma perché i tessuti si restringono quando vengono bagnati soprattutto la prima volta?

Cominciamo col dire che la tessitura specie a navetta prevede un meccanismo di accorciamento già in fase di tessitura perché la trama e l’ordito si devono adattare reciprocamente e dunque la lunghezza finale del tessuto dipende dal modo in cui sono esattamente intrecciati; inoltre in questa fase come nella fase precedente di filatura le fibre sono stressate anche significativamente e dunque il risultato finale dell’operazione di tessitura è una struttura soggetta a forti tensioni che possono essere rilasciate successivamente nel contatto con l’acqua che come sappiamo dal post sulla stiratura interagisce fortemente con le catene molecolari di proteine o di polisaccaridi che costituiscono il grosso dei tessuti di origine naturale (cotone e lino sono a base di polisaccaridi, mentre seta e lana sono proteine); l’interazione è certamente inferiore con i polimeri sintetici (massima col nylon, minore con i poliesteri che costituiscono il grosso dei sintetici); è infine da dire che in linea generale si possono avere sia fenomeni di restringimento che di allungamento durante le varie fasi di produzione e durante l’uso del tessuto, anche se il restringimento è probabilmente prevalente.

https://fabriziofamularo.it/restringimento-e-raccorciamento-nei-tessuti/

Possiamo definire restringimento (in inglese shrinkage) quel fenomeno di variazione dimensionale del tessuto dovuto al rilascio delle tensioni accumulate in fase di produzione e legato alla bagnatura, alla variazione di temperatura (per lavaggio o per asciugatura) e in genere al cambiamento ambientale del materiale, incluso per esempio fenomeni meccanici di compressione legati al lavaggio stesso (la lavatrice comprime e mescola meccanicamente i panni sia in lavaggio che in centrifuga). Ovviamente tali variazioni sono dirimenti, arrivano a qualche percento e sono dunque o possono essere maggiori delle differenze di taglia di un capo di vestiario con pesanti conseguenze pratiche. Proprio per questo motivo esistono dei procedimenti standard per valutare l’effetto di vari parametri sul tessuto che si restringe: AATCC 135, AATCC 158 e ISO 3759.

Alcuni meccanismi di restringimento sono specifici del tessuto e si possono verificare in ogni momento della sua vita; per esempio l’infeltrimento che è tipico della lana è dovuto alla struttura specifica delle sue fibre che sono dotate di scaglie lungo la superficie esterna:

Queste scaglie impediscono alle fibre di scorrere facilmente in una direzione e dunque bloccano eventuali variazioni dimensionali avvenute per esempio a causa di uno stress termico; la cosa è stata scoperta nel 1933 (J. Text. Inst., 24, 273T (1933) da Speakman.

In un lavoro successivo del 1944 su Nature (per chiarire l’importanza che una tale scoperta aveva sulla tecnologia dell’epoca) si dice (NATURE DECEMBER 16, 1944, Vol 154):

Il lavoro di Speakman e dei suoi collaboratori ha indicato che il restringimento della lana per infeltrimento è dovuto principalmente alla squamosità delle fibre, ma che in panni di costruzione e composizione simile l’entità dell’effetto viene determinata dalla facilità di estensione e dalla potenza di recupero delle fibre. Il restringimento dei tessuti trattati sotto condizioni comparabili è maggiore in condizioni acide e alcaline che in acqua, e i panni possono essere resi irrestringibili mediante trattamento con reagenti quali cloro, soda caustica o cloruro di zolfo. Questi fenomeni possono essere dovuti alla modificazione o delle proprietà elastiche o delle scaglie e gli esperimenti di questa nota sono stati concepiti per determinare quali delle due caratteristiche è più significativa.

Dunque in ogni momento una lana può comunque esprimere questo potenziale di “infeltrimento” e per questo motivo occorre trattare la lana con molta attenzione evitando di sottoporla a stress meccanici o termici eccessivi in fase di lavaggio.

Esiste comunque un procedimento chiamato Hercosett al cloro che consiste nella eliminazione tramite ossidazione delle scaglie e di una parziale ricopertura della superficie fibra con altri materiali; questa procedura riduce molto gli effetti di restringimento della lana; la lana vergine non è trattata in questo modo.

Un altro meccanismo di restringimento è legato al rilassamento di fibre stressate in fase di produzione, con un effetto mostrato nella seguente figura:

Il restringimento del rilassamento avviene con un tessuto realizzato con filati organici o fili che sono stati allungati o messi in tensione durante il processo di tessitura o colorazione o altri procedimenti. Questo rende le fibre temporaneamente più lunghe, e quando il tessuto viene successivamente lavato in acqua calda, i fili tendono a recuperare la loro stabilità dimensionale; questo effetto avviene una volta sola e di solito nel primo lavaggio, può esser tipico di alcuni di tipi di cotone (oltre che della lana) e limitarsi a 2-3%, che è comunque significativo. Come potete osservare dallo schema mostrato le fibre in realtà non si restringono, ma si alterano di forma.

Un altro meccanismo di restringimento è legato allo stress meccanico subito in fase di lavaggio, quando i panni sono sbattuti l’uno contro l’altro o compattati per la centrifugazione. La quantità di fibra che viene strappata ed espulsa come lanugine durante ogni lavaggio fa sì che il capo si riduca in volume, specialmente se sono presenti anche altri fattori di restringimento, come una alta temperatura. Questo fattore contribuisce pesantemente anche all’inquinamento legato alle fibre artificiali.

Ed infine un ultimo meccanismo è essenzialmente legato alla forte variazione di temperatura usata nel caso di asciugatura non naturale; in questo caso si ha una notevole perdita di acqua e l’umidità intrinseca di qualsiasi fibra può essere forzatamente ridotta. La lana ha un livello di umidità di circa il 17%, mentre il cotone di circa il 5%, entrambe queste percentuali possono essere ridotte da trattamenti termici inappropriati con vistosi effetti di restringimento.

Come si vede i processi di restringimento possono avere svariate origini, anche se sono più facili in tessuti naturali; esistono ovviamente metodi che all’origine cercano di ostacolarne l’evenienza, ma è anche da dire che un uso improprio del lavaggio e della asciugatura possono produrre questo effetto indesiderato perfino in tessuti di fibre artificiali; fare attenzione è obbligatorio per proteggere i nostri vestiti ed evitare anche inquinamento ambientale.

Termino con l’osservazione generale della distribuzione di mercato delle fibre tessili nel mondo, 110 miliardi di kilogrammi l’anno, ossia una quindicina a testa in media ogni anno; voi quanti ne avete nel vostro armadio?

Consultati:

https://en.wikipedia.org/wiki/Knitting

https://en.wikipedia.org/wiki/Dimensional_stability_(fabric)

https://www.displaycloths.com/fabric-shrinkage/

https://en.wikipedia.org/wiki/Compaction_(textiles)

Libro: La trama del mondo. I tessuti che hanno fatto la storia – Kassia St Clair UTET 2019

2 pensieri su “Perché i tessuti si restringono e altre storie.

  1. Molto interessante, Claudio.
    Se hai voglia, a questo punto potresti chiudere la tua “saga dei tessuti” con un post sulla tintura delle fibre tessili…
    Grazie comunque, ho imparato !

    stefano

    • Stefano è un ottimo suggerimento, ma ci vuole tempo a trovare tutti i dati, comunque grazie; avevo pensato di scrivere qualcosa sulle fibre più importanti sia sintetiche che naturali

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