Cibo coltivato.

Luigi Campanella, già Presidente SCI

Il Ministro Lollobrigida aveva anticipato la notizia di una legge italiana che vieta il cosiddetto “cibo sintetico” la sua importazione e commercializzazione. Il cibo “sintetico” non utilizza prodotti della terra, è di fatto indipendente dell’agricoltura (ma le cellule originali coltivate sono normali cellule animali e i materiali usati come nutrimento cellulare sono o possono essere comunque naturali), ma si basa su principi alimentari coltivati in laboratorio, a partire da cellule animali, un metodo che si è fatto strada prima di tutto nel campo dei biomateriali e della medicina rigenerativa, con la ricostruzione di tessuti ed organi umani come il tessuto cartilagineo, osseo, cardiaco, nervoso a scopo curativo; fra l’altro l’uso di cellule del paziente stesso garantisce la mancanza di fenomeni di risposta immunitaria. Non c’è nessun processo di sintesi chimica, ma solo la coltivazione in laboratorio delle cellule dell’essere vivente scelto e del suo specifico tessuto. Non a caso in inglese si chiama “cultured meat” traducibile in italiano come carne coltivata.

Tornando al caso del cibo il problema è stato affrontato anche in Europa. Dall’Europa arriva infatti uno stop al cibo coltivato. La commissione Agricoltura e sviluppo rurale del Parlamento europeo ha infatti cassato il paragrafo 19 della risoluzione sulle colture proteiche, nella parte in cui faceva riferimento a prodotti innovativi a base cellulare e comunque è stato sancito che non si possa chiamare carne quella prodotta “sinteticamente”. In effetti il testo originale includeva un paragrafo che definiva la carne sintetica un’opportunità da sfruttare, ma gli emendamenti presentati dai partiti hanno ribaltato questo impianto eliminando ogni riferimento al cibo di laboratorio e sottolineando invece l’importanza delle nuove biotecnologie sostenibili nella sfida globale per un’agricoltura in grado di produrre di più  utilizzando meno input, dunque ufficialmente l’UE sceglie la strada di aumentare la produzione alimentare senza modificarne la struttura ma introducendo tecnologie genetiche non OGM, quelle tecniche che lasciano evolvere il materiale genetico spontaneamente ma lo testano per scegliere poi le mutazioni spontanee più favorevoli.

In ogni caso l’Italia come si diceva all’inizio, si è mossa con una legge ora approvata che vieta la produzione e l’importazione di carne coltivata. Il processo inizia con il prelievo di alcune cellule dai muscoli di animali adulti, cellule che vengono poi poste in un bioreattore dove un liquido di alimentazione le fa crescere fino a dare vita ad una coltura cellulare e poi ad un tessuto vero e proprio. La sperimentazione è stata eseguita con cellule di bovini, maiali, tacchini, polli, anatre e pesci. Ma come scritto in precedenza IDENTICHE procedure vengono usate su cellule umane per la rigenerazione di tessuti di vario genere, in quella che viene definita medicina rigenerativa o ingegneria tissutale; queste procedure consentono di risparmiare con la carne coltivata non solo la vita degli animali e le loro sofferenze, ma riducono i consumi idrici (fino a 15000 l per 1 kg per la carne tradizionale) ed  in generale l’inquinamento ambientale.

Fino ad oggi gli unici Paesi che hanno approvato il consumo di carne coltivata sono gli USA e Singapore, ma in molti altri sono attivi programmi sperimentali per la sua produzione. Nel nostro Parlamento comunque fra contrari ed astenuti 87 deputati si sono dichiarati contrari al divieto di produzione e di mercato per alimenti e mangimi costituiti, isolati o prodotti a partire da colture cellulari o di tessuti derivati da animali vertebrati. La legge sancisce anche il divieto di denominazione di carne per prodotti trasformati contenenti proteine vegetali. La legge dovrà essere valutata a livello europeo per i suoi aspetti di conformità rispetto al diritto comunitario, specie per quanto riguarda il principio di libera circolazione delle merci.

Un aspetto della legge che di certo ne qualificherebbe i contenuti riguarda la ricerca scientifica nel settore dei cibi sintetici. La sicurezza e la qualità alimentare non devono essere messe in discussione e l’Italia con la legge approvata intende rappresentare un modello per tutti i Paesi Europei ma la fame nel mondo e le nuove crescenti povertà obbligano a non trascurare possibili nuove risorse alimentari che le contrastano e che possono aprire a nuove innovative risorse alimentari; la ricerca scientifica deve essere posta nella condizione di percorrere queste nuove strade. A margine dell’approvazione della legge c’è stato uno scontro fra l’onorevole Della Vedova di +Europa e Ettore Prandini, presidente di Coldiretti, il primo contrario, il secondo favorevole alla nuova legge. Lo scontro anche fisico soffre purtroppo di un comune difetto del dibattito anche istituzionale: di una medaglia si vede solo una faccia, quella di proprio comodo.

Vale anche la pena di chiarire un concetto semplice; il problema della quantità di cibo a cui le varie tecnologie cercano idealmente di rispondere esiste se e solo se ci si continua a basare su una alimentazione basata in modo significativo su proteine animali; la maggior parte della produzione agricola infatti non è diretta alla produzione di cibi umani, ma alla produzione di cibi per gli animali da allevamento, che come abbiamo detto varie volte costituiscono il grosso della biomassa animale del pianeta; un cambiamento nella struttura alimentare che privilegiasse i vegetali, senza impoverire la qualità proteica usata, eliminerebbe alla radice la questione delle carenze alimentari che sono poi esacerbate prima di tutto da processi di mercato o politici, come si è visto con il prezzo del grano.

Si veda anche:

https://www.ilfattoquotidiano.it/2023/11/16/la-legge-che-vieta-la-carne-coltivata-e-una-delle-piu-assurde-e-inutili-di-sempre/7355489/

https://gfi.org/science/the-science-of-cultivated-meat/

https://www.nature.com/articles/d41586-023-02095-6

Un pensiero su “Cibo coltivato.

  1. Come sempre, cose normali in altri paesi più civili e sviluppati di noi, in Italia sono impossibili. Colpa di politici inadeguati o colpa della mentalità arretrata (per dirla piana) dei cittadini che li esprimono ? O è un problema specifico della “cultura nazionale” ?

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