Chemofobia

Luigi Campanella, già Presidente SCI

La paura della chimica nasce dal fatto che i composti chimici, come sempre anche gli uomini nella vita, sono in parte buoni, in parte cattivi, questi ultimi molto più reclamizzati degli altri presso i cittadini non addetti ed inoltre quei composti che possono essere collocati fra i buoni ed i cattivi vengono sempre aggregati a questi ultimi

La chemofobia è stata in più occasioni definita in letteratura. Paura della Chimica, paura dei composti chimici, paura delle malattie, a partire dal cancro, correlate alla interazione con composti chimici, paura dei composti presenti negli ambienti di lavoro o negli alimenti sono alcune delle più comuni interpretazioni della chemofobia.

Si è creata una prevenzione emotiva e psicologica rispetto ad esperimenti chimici e a industria chimica.

Alcuni episodi hanno certamente pesato a partire dal disastro farmaceutico del talidomide (1960), l’esposizione alle diossine in Missouri (1970),l’incidente di Seveso poco dopo, il dramma di Bhopal con il rilascio da un’industria di pesticidi di 40 tonnellate di metilisocianato gassoso, fino alle più recenti morti di donne incinte e relativi feti a causa del rilascio di tossici per i polmoni da parte di sterilizzanti umidificanti, come anche alcuni articoli scientifici importanti come quello su Nature (1974) a proposito del buco dell’ozono prodotto dai cloro-fluorocarburi. Due eventi che di certo hanno alimentato la chemofobia sono stati l’utilizzo delle armi chimiche nella prima guerra mondiale e la scoperta della presenza di pesticidi nei prodotti alimentari. Il primo dato quantitativo sulla correlazione fra chemofobia e reali morti è del 2016 con un dato fornito dalla Organizzazione Mondiale della Sanità:1,6 milioni di vite perdute nel 2016 a causa della interazione degli organismi umani con i composti chimici. Interrogati su come dinnanzi a questi fatti siano state apprese le condizioni da cui proteggersi il 32% ha  indicato la scuola, anche se si è osservato un gap di genere perché le donne dopo gli stessi insegnamenti scolastici si sono mostrate meno sicure degli uomini nel dibattere i focus della chemofobia.

https://www.scienzainrete.it/articolo/superare-chemofobia/valentina-domenici/2017-10-12

Si e confermata l’ambiguità naturale/buono sintetico/cattivo al punto che i pesticidi, composti chimici pericolosi, vengono accettati perché visti come protettori della qualità degli alimenti naturali. Al contrario dei composti sintetici si mettono a fuoco più i rischi che i possibili vantaggi, anche se evidenti.

Le formule chimiche brute e strutturali sono poi componenti di un linguaggio chimico che di certo non aiuta il rapporto col cittadino. Smontare anni di chemofobia di certo non è facile. Le strade sono quelle delle reti di informazione, gestite soprattutto da chimici, capaci di correggere nella conoscenza dei cittadini concetti sbagliati o superati, e quelle intraprese dalla industria chimica sostenendo l’adozione del REACH e promuovendo ed attuando il programma, prima europeo poi internazionale, Responsible Care i cui risultati sono evidenziati dalla riduzione degli incidenti sul lavoro, delle emissioni serra, dei consumi energetici ed idrici. Inoltre la green chemistry è progressivamente passata dai laboratori di ricerca a quelli industriali ed anche questo ha contribuito alla nuova immagine della chimica. Ma il nodo cruciale è quello della cultura chimica che nasce nella scuola.

L’educazione chimica va riformulata, evitando il perpetuarsi di studenti che dichiarano di essere stati tagliati fuori dalla chimica sin dalla sua prima presentazione. La disciplina deve essere insegnata attraverso concetti semplici e con l’uso di esempi pratici concreti rilevanti per la vita quotidiana degli studenti, includendo nei programmi nozioni di base di tossicologia, sostenibilità ed anche di chemofobia, dando allo studente le risorse per opporsi ad essa.

2 pensieri su “Chemofobia

  1. Gentile Prof. Campanella, leggo e apprezzo il suo intervento di oggi sulla Chemofobia e sulla contrapposizione del termine “chimico” a “naturale”, come se tutto ciò che appartiene alla categoria “naturale” sia salutare. Come ci è noto, anche l’aconito è naturale, il bacillo di Koch è naturale, la tossina botulinica è naturale, il virus della febbre gialla è naturale, le emissioni vulcaniche gassose sono naturali: eppure nessuna di queste può dirsi “salutare”.
    Sul ruolo della scuola: ben vengano i concetti semplici e gli esempi pratici concreti, ma oggi più che mai la vita quotidiana di una buonissima parte degli studenti passa per l’utilizzo smodato dello smartphone e manca di molte esperienze che per le generazioni precedenti erano abbastanza comuni: dallo “smanettare” sui motorini allo scoppio di un petardo a capodanno, dall’uso di detergenti per contribuire attivamente all’igiene domestica alla realizzazione delle prime esperienze gastronomiche in cucina con la mamma o con la nonna.
    Anche alcuni giocattoli e passatempi offrivano spunti per approfondimenti a tema chimico: le classiche fialette “puzzolenti”, la “sabbia magica”, la pasta per modellare, i colori, etc. Tutto questo è passato in secondo piano, soppiantato dallo schermo di un pc, di un tablet, di uno smartphone, dove troppo spesso “divertimento chimico” è sinonimo di “spettacolare” e di “esplosivo” (notare i numerosi video su youtube, specie in lingua inglese, che insegnano a nitrare il cotone e a produrre l’acetilene, ad esempio. E non mi dilungo, detestando io la “chimica da garage”), senza la percezione della reale pericolosità e senza l’occasione per riflettere su di essa.
    L’educazione chimica (e scientifica in generale: geologia, astronomia, microbiologia, botanica, zoologia non se la passano meglio della chimica) dovrebbe continuare per tutta la vita, ben oltre il termine del periodo scolastico. Salutiamo a proposito il ruolo importante offerto dai corsi di aggiornamento per i lavoratori (in materia di salute e sicurezza, in primis) ma anche dall’attività meritoria delle “università popolari”, che si propongono di abbracciare un pubblico più vasto pur in territori spesso lontani dalle grandi Accademie. Il problema della divulgazione della cultura chimica e degli attori di questa divulgazione è tuttora aperto, specie su tematiche stringenti come il mondo Green, il Climatic Change, il Global Warming. Su di esse scrivono vari autori di diversa formazione professionale (dall’ingegnere all’economista, dall’antropologo allo storico, dal geologo al linguista, dal politico all’attivista, etc.) e possiamo allora leggere libri, articoli su giornali e riviste, opinioni su blog e social network. C’è anche qualche Chimico tra essi, ma la sua voce si perde tra altre mille e l’autorevolezza, la profondità, la correttezza degli interventi sono spesso sacrificate ad altri aspetti, editoriali e non. Come può un cittadino comune orientarsi in mezzo a un enorme flusso di informazioni proveniente da tanti rivoli diversi? Il rischio di esserne confuso e travolto è grande. La recente esperienza degli effetti in merito alla comunicazione su vaccini e pandemia è sotto gli occhi di tutti. Da un lato ha contribuito ad aumentare la diffidenza nei confronti delle Scienze, dall’altro ha rafforzato le posizioni (anche politiche) di chi vorrebbe porre limiti e regolamentare. Investire sulla scuola è doveroso, importante, prioritario, necessario ma non sufficiente, se non si dà a ogni cittadino l’opportunità di restare correttamente aggiornato in ogni momento della sua vita, avendo riferimenti sicuri a cui rimettere interrogativi e dubbi. E’ il paradosso del mondo moderno, talmente iperconnesso da essere travolto da una sorta di “tsunami” di dati che esso stesso ha generato: in esso abbiamo le risposte per tutte quelle domande che non sappiamo più porci. Grazie, Professore. E auguri di liete festività. (mc)

  2. Proprio con l’obiettivo di dare alle giovani generazioni gli strumenti critici per vagliare il mare di informazioni che ricevono, sulle novità scientifiche il CNR da vent’anni porta avanti il progetto “Il linguaggio della ricerca“ (https://ldr-network.bo.cnr.it/) proponendo a studenti e insegnanti della scuola secondaria uno sguardo sulla ricerca scientifica con modalità didattiche non convenzionali. Negli ultimi tempi, ci siamo accorti che le grandi energie dei “Friday for Future” hanno bisogno di essere indirizzate verso azioni concrete anche per cercare di smorzare le eco ansie che stanno emergendo tra i teenagers. Un bell risultato può essere trovato qui https://www.aac-consulting.it/area-benefit/diario-di-pigec/

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