Acque amare

Mauro Icardi

Nella mia formazione personale il tema della tutela delle risorse idriche e dell’inquinamento idrico è presente direi da quando ho iniziato il percorso scolastico, cioè dalla scuola elementare. Oltre ad aver seguito lezioni scolastiche, ero interessato e mi preoccupavo di questo tema.

Gli anni 70 come sappiamo sono stati quelli in cui per la prima volta il tema dell’inquinamento ( non solo quello idrico) arrivò anche all’opinione pubblica. Finendo poi per diventare un mantra al quale forse troppi si sono abituati. A distanza di decenni la situazione della risorsa idrica mostra sia segnali incoraggianti, che situazioni molto preoccupanti che dovrebbero essere valutate con attenzione. E a cui si dovrebbero destinare finanziamenti e risorse.

In Italia per molti anni, leggendo libri sia di divulgazione, che testi scolastici o universitari si citavano molto spesso i fiumi Lambro, Seveso, Olona come i casi più eclatanti di inquinamento. Ma anche il caso del fiume Po. La promulgazione della legge Merli diede l’avvio alla costruzione dei depuratori, ai controlli sugli scarichi. Fu un importante primo passo. Che di solito è sempre il più faticoso.

Ma se a distanza di decenni osserviamo la situazione a livello mondiale, possiamo constatare che c’è ancora molto lavoro da fare.

Molti fiumi in tutto il mondo sono sottoposti a grave stress per diverse ragioni. Inquinamento, pesca, dighe e canali artificiali sono le principali cause dello sconvolgimento di interi ecosistemi che si sono sviluppati nel tempo lungo i corsi d’acqua.  Alcuni fiumi sono ancora oggi l’esempio di quello che per noi furono i fiumi Italiani. Ed è abbastanza sconfortante, anzi piuttosto triste vedere che ci sono alcuni fiumi in condizioni davvero molto precarie.

Il Rio Bravo o Rio Grande è il più importante confine naturale tra gli Stati Uniti e il Messico: a causa della costruzione di dighe e canali di irrigazione per deviare le acque verso i campi coltivati e le città, gravi siccità hanno colpito l’area. Il volume del grande fiume diminuisce giorno per giorno, e le sue acque sono inquinate dagli scarichi di varie industrie.

Il Danubio soffre di un eccesso di nutrienti, soprattutto da fertilizzanti. A questo problema si aggiunge un cattivo trattamento delle acque reflue, che aumenta l’inquinamento.

Un bambino nuota nel Gange, fiume sacro per gli indiani

 Il fiume Gange è poi l’esempio di una forte contraddizione. Situato nel nord dell’India, questo fiume, considerato sacro per milioni di indiani che vi si recano in pellegrinaggio, è diventato una discarica di resti umani, industriali e corpi animali. Circa un miliardo di litri di liquami non trattati vengono scaricati ogni giorno nel fiume. La rapida crescita della popolazione dell’India, insieme a normative permissive del settore, ha portato enormi pressioni sul corso d’acqua più importante del Paese. Migliaia di corpi umani e animali vengono cremati sulle sue rive o gettati nella corrente, nella speranza che le loro anime possano accedere al Paradiso.

Per chiudere questo triste elenco (per altro del tutto parziale) possiamo ancora citare il fiume Yangtze.

 Rifiuti, pesticidi e fertilizzanti hanno quasi annientato il fiume più lungo del continente asiatico. Dalla sua origine nell’altopiano del Tibet, lo Yangtze si estende per quasi 6.400 chilometri, sfociando nel mare dal porto di Shanghai. La sua devastazione è stata causata dallo sviluppo di infrastrutture, di centrali idroelettriche, inondazioni, deforestazione, inquinamento, sedimentazione, distruzione delle zone umide e interruzione dei flussi idrici.

Tutto questo lascia perplessi. Si sono ripetuti negli anni errori già fatti. Eccessiva costruzione di dighe che hanno finito per modificare l’equilibrio idrogeologico. La considerazione totalmente sbagliata, ma che si sarebbe già dovuta superare che esistesse un potere autodepurativo o di diluizione degli scarichi praticamente infinito. Ma se tutto questo poteva essere comprensibile a metà ottocento, quando il fenomeno chiamato la “grande puzza di Londra” diede il primo segnale di allarme dell’effetto disastroso dei reflui non trattati nelle acque di un fiume, questa situazioni oggigiorno lasciano sbigottiti.

Il fiume Yangze presso Shangai

 E ovvio che si debbano adottare tutte le misure del caso. E che questo lavoro debba coinvolgere più soggetti in un grande lavoro. Ma rimane come sospeso il problema fondamentale. Che a mio parere non credo sia esagerato definire antropologico, ancor prima che sociale. La presa di coscienza che occorre che siano cambiati diversi atteggiamenti. Che insistere nel considerare i fiumi i collettori di scarico non solo dei nostri rifiuti metabolici , o dei nostri residui industriali, ma anche della nostra incapacità di immaginare e costruire un nuovo modo di pensare a come utilizziamo le risorse del pianeta, in special modo quelle non rinnovabili. Qualcuno potrebbe obbiettare che in teoria l’acqua non è una risorsa non rinnovabile, ed avrebbe ragione. L’acqua ha un ciclo. Ma questo ciclo è ormai disequilibrato. Esistono innumerevoli tecniche di trattamento delle acque. Alcune sono tecniche mature, altre emergenti. Ma è un errore concettuale grave quello di affidare le nostre speranze, in maniera acritica alla sola tecnologia. E quindi le riserve di acqua di buona qualità vanno tutelate. E vanno differenziati gli usi dell’acqua. Occorre un cambiamento di mentalità, ed occorre iniziare il prima possibile a metterlo in pratica. La chimica ha davanti a se la necessità di modificare i propri cicli di produzione, attivandosi per trovare il modo di non produrre molecole biorefrattarie. Lo sta già facendo attraversando un suo cambiamento intrinseco. Ma non può essere vista come la sola responsabile. E’ importante un grande mutamento che per prima cosa ci faccia riscoprire il valore della consapevolezza. Tutto dovrebbe partire da questo. Dal ritornare a guardare la realtà delle cose.

Un pensiero su “Acque amare

  1. Nella “2030 Agenda for Sustainable Development” approvata da United Nation Organization nel settembre 2015 (https://sustainabledevelopment.un.org/post2015/transformingourworld) un obiettivo è acqua sana per tutti. Mi associo all’idea di un mutamento antropologico, probabilmente l’uomo in quanto unico essere cosciente e capace di ragionamento astratto, si evolve inseguendo l’ambizione individuale consumando più risorse del necessario. Oggi la Conoscenza collettiva è consapevole che questo tipo di sviluppo mina l’esistenza stessa della specie ma i comportamenti individuali sono ancora improntati all’egoismo. Da un lato si parla di economia circolare dall’altro di decrescita felice ma a livello di aspettative individuali la crescita è ancora la cultura dominante a tutte le latitudini.

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