Ciclo dell’acqua: il problema dello smaltimento del fango residuo.

Mauro Icardi

Lo scorso 27 Aprile ho scritto un post riguardante la controversa e discussa situazione del recupero agricolo dei fanghi di depurazione.

https://ilblogdellasci.wordpress.com/2018/04/27/nulla-si-distrugge-tutto-si-trasforma/

Ho tentato di dare le informazioni essenziali relativamente ad un problema appunto delicato. Lo scorso 20 Luglio la terza sezione del Tar della Lombardia, ha accolto il ricorso di una cinquantina di comuni del pavese e del lodigiano contro la delibera regionale n. 7076 dell’11 settembre 2017 con cui la Regione Lombardia aveva modificato i parametri relativi all’utilizzo dei fanghi da depurazione delle acque reflue degli impianti civili ed industriali in agricoltura. Le sentenze ovviamente si rispettano, così come le legittime istanze dei proponenti. Ma in questo momento viste le limitazioni di parametro per i parametri relativi agli idrocarburi C10-C40, che era stato fissato in 10.000 mg/kg ss, e di 50 mg/kg per i parametri Nonilfenolo e Nonilfenolo mono e dietossilato esse rendono di fatto impraticabile questa destinazione per i fanghi prodotti dai depuratori.

Questi limiti non sono sempre superati, ma anche a livello analitico, data la matrice particolarmente difficile i valori che si ottengono, sia da laboratori interni, che da laboratori esterni sono decisamente “ballerini”.

Ma qualche considerazione deve ovviamente essere fatta. Per il momento solo alcune considerazioni sugli effetti immediati di questa decisione, dal punto di vista gestionale ed operativo. Successivamente dopo una lettura ulteriore della sentenza del tar, potrò ulteriormente approfondire altri aspetti di questa vicenda ,che come è intuitivo non è possibile trattare in un solo articolo, data la complessità.

Per altro, la sensazione che si sarebbe arrivati ad un ulteriore stop l’avevo da tempo. E così effettivamente è stato.

In ogni caso le prime reazioni non si sono fatte attendere, basta fare una breve rassegna stampa.

http://iltirreno.gelocal.it/grosseto/cronaca/2018/07/25/news/fanghi-stop-all-invio-in-lombardia-costi-di-smaltimento-verso-l-impennata-1.17093767

Per quanto riguarda la situazione che vivo personalmente posso tranquillamente dire che, oltre all’aspetto prettamente economico, anche dove lavoro siamo al momento in piena emergenza.

La priorità sarà quella di trovare nuovi poli di smaltimento con probabile aumento dei costi, e nello stesso tempo la necessità di garantire un funzionamento accettabile degli impianti da gestire, cercando di rispettare i valori di parametro richiesti. Non è una situazione nuova. Si è già presentata altre volte. Vedremo come affrontarla.

Probabilmente dato anche il periodo di prevedibile diminuzione di carico e di portata influente, riusciremo a non peggiorare la qualità delle acque in uscita. Non così potrebbe essere per impianti soggetti a fluttuazioni di portata e di carico, come quelli toscani, dove la popolazione aumenta durante il periodo estivo per l’arrivo dei turisti.

Nei prossimi giorni dovrò lavorare su impianti in cui giorno dopo giorno la concentrazione di fanghi probabilmente crescerà, fino a raggiungere valori non usuali. Dove lavorare sarà difficoltoso.

Si lavora agevolmente con concentrazioni di fango di due, tre, quattro grammi litro. Si può arrivare anche a quaranta (ed è capitato, lo posso garantire). Ma a quel punto sulle vasche devi usare non la mascherina, ma la maschera antigas, altrimenti (ed è capitato anche questo in passato ad un collega), su quelle vasche, con il caldo ci puoi svenire. E a quel punto tutti i parametri di controllo (ossigeno disciolto, carico del fango, età del fango) non hanno di fatto più nessun significato reale. E gli effetti di eventuali eventi di forte pioggia saranno decisamente peggiorativi della qualità delle acque. Solo impianti con la possibilità di utilizzo di vasche di accumulo risentiranno meno di questa situazione.

Probabilmente non si arriverà a questi estremi. E’ la mia speranza. I fanghi prodotti dai depuratori non sono un invenzione. Le stime IRSA CNR prevedono per il 2020 che la quantità prodotta si dovrebbe attestare su valori di un milione e cinquecentomila tonnellate/anno di sostanza secca. Questo è quanto si produce dal trattamento delle acque che usiamo. I poli di smaltimento dei fanghi al momento sono quelli usuali: discarica, incenerimento con recupero energetico, incenerimento in cementifici, recupero in agricoltura. A condizione però che su quest’ultima attività si lavori molto seriamente sia per l’emanazione di una nuova normativa, sia che siano studiati in maniera particolarmente approfondita gli effetti reali di questa pratica.

Allo stato attuale praticamente tutti depuratori hanno ancora una sezione di ossidazione biologica. L’eventuale revamping di tutti i depuratori tradizionali non è sensatamente praticabile, ed è un incognita per quanto riguarda i costi. Quindi per il momento i fanghi devono trovare una collocazione, pena il blocco del sistema depurativo.

L’acqua pubblica, l’acqua diritto universale ha bisogno di scelte reali. Condivise, controllate, trasparenti, ma reali. Non servono né tentennamenti, né demagogie. Serve condivisione, con gli utenti per primi. Servono sinergie tra enti di ricerca, università, aziende. Normative chiare e fruibili. Tutto quello che succede nei soliti paesi virtuosi (Olanda, Francia, Svezia). Quindi non è utopia.

Ma nel frattempo la realtà è questa.

http://www.greenreport.it/news/economia-ecologica/acqua-allitalia-185-milioni-euro-multe-un-anno-la-mancata-depurazione/

Non è cosi ovviamente in tutte le realtà. Ma la situazione di chiaroscuro esiste.

Così come non da anni, ma da decenni sentiamo dire che per l’acqua potabile continuano le dispersioni.

http://www.cnrweb.tv/dispersa-nel-suolo-il-40-dellacqua-della-rete/

Negli anni 80 la rivista “Airone” proponeva un new deal ambientale. Ne ho la memoria precisa.

Credo che sarebbe il caso di prenderla in considerazione.

Prima della chiusura devo riparare ad una omissione (ovviamente non voluta) che è relativa all’articolo precedente a questo. Nella parte iniziale parlavo della scomparsa del tema acqua dalle prime pagine dei giornali. Ma in effetti ho dimenticato di citare il continuo lavoro di divulgazione che da anni porta avanti Luca Mercalli. Del suo programma “Scala Mercalli” sciaguratamente chiuso dove un’intera puntata della seconda serie era dedicata all’acqua, alle pillole che vengono trasmesse su Rainews 24, ed agli articoli che scrive sul terzo quotidiano nazionale “La Stampa.” Piccolo ricordo personale, senza intenzione di ruffianeria o piaggeria. Un pranzo insieme a Cremona, dopo una sua conferenza, nel quale abbiamo parlato insieme della necessità futura di parlare dell’acqua, come in effetti poi è stato. Questo è il mio personale ringraziamento.

Prima di chiudere devo anche fare un’altra citazione. E la citazione riguarda il collega di redazione Giorgio Nebbia, che so essere decisamente persona riservata. Ma avevo già citato questa sua frase in uno dei miei primi articoli. Giorgio mi scuserà se la ripropongo.

mi rendo conto che può sembrare non gratificante dedicarsi all’analisi e allo studio dei liquami zootecnici o dei reflui degli impianti di depurazione urbana, anche se si tratta, solo in Italia, di alcuni miliardi di metri cubi all’anno, da cui potrebbero essere ricavate altre soluzioni forse non potabili, ma utilizzabili in agricoltura (e, con un po’ di furbizia, anche come fonti di metano). La chimica modesta è spesso molto utile per il, paese.

Da domani al lavoro inizieremo la ricerca di nuovi poli di smaltimento. Io ho già preso contatto con due amici di lunga data con cui collaboro, e che lavorano nel settore. Se otterrò la necessaria autorizzazione in tempi sufficientemente rapidi utilizzeremo un impianto pilota per prove di trattamento terziario sia su acqua che su fanghi di depurazione. Lo scopo è quello di verificare la possibilità concreta di abbattimento di POP (persistent organic pollutant),che era lo scopo primario, e di verificare a questo punto anche la possibilità della riduzione delle quantità di fango di supero da avviare in fase di digestione anaerobica. La tecnica utilizzata prevede l’ossigenazione spinta del refluo tramite effetto idraulico venturi, combinata con l’iniezione di un ossidante, che può essere aria, ossigeno puro, oppure ozono.

Da queste eventuali prime valutazioni si potrebbe (per meglio dire dovrebbe) verificare l’applicabilità diretta sull’impianto. Il futuro del trattamento delle acque è indubitabilmente legato all’estensione dei trattamenti terziari. I quali però devono avere due caratteristiche: la sostenibilità economico/energetica, e le dimensioni contenute per la riduzione dei costi di ampliamento dei depuratori esistenti.

Nel frattempo è auspicabile che la querelle legata allo smaltimento dei fanghi di depurazione, che attiene con tutta evidenza al settore rifiuti trovi adeguata attenzione. Sia dal punto di vista normativo che da quello di ricerca scientifica. Il tutto associato ad un’attività capillare di controllo sulle attività di recupero e smaltimento dei fanghi.

Altrimenti non esisteranno alternative praticabili. E i rifiuti resteranno tristemente uno dei business della criminalità organizzata, o di operatori senza scrupoli. E questa è una situazione che non dobbiamo più ritenere normale o accettabile.

4 pensieri su “Ciclo dell’acqua: il problema dello smaltimento del fango residuo.

  1. Ciao Mauro. Scusa se mi ripeto un po’ nel corso degli anni ma non sono del settore e mi dimentico probabilmente anche qualche tua risposta in passato. Comunque ti chiedo:
    1)cosa impedisce di usare il Forsu per aumentare l’efficacia del trattamento dei liquami?
    2)le conclusioni del TAR che, se ho capito, tagliano l’uso agricolo sono giustificate a tuo parere?
    3)una cosa mai compresa ma sono ignorante in materia: in agricoltura si usano un mucchio di fertilizzanti azotati e le deiezioni animali non ne hanno abbastanza per sostituirli. Se destinassimo ad uso agricolo tutti i fanghi non potremo raggiungere un livello di azoto adeguato?
    4) fatti salvi i limiti d’uso dati dagli inquinanti che peró potrebbero essere abbattuto dai trattamenti terziari. Ho capito bene?
    Grazie

  2. Ciao Roberto. Per il punto 1posso dirti che dal punto di vista tecnico tutto funziona bene. I problemi sono di accettazione sociale della cosa, e burocratici. Il digestore di un depuratore consortile per ricevere Forsu deve essere autorizzato come impianto di recupero biomassa.
    2 Quando le sentenze non entrano nel merito tecnico della vicenda non è mai un bene. La sentenza del Tar Lombardia entra nel merito delle diverse concentrazioni ammesse di idrocarburi C 10-C40 tra la normativa regionale Lombarda e quella nazionale contenuta del dlgs 152/2006. Non entra nel merito tecnico. Così come prima impressione riceve le lamentele della popolazione della Lomellina e le fa proprie. Non è detto che tutti gli idrocarburi siano specificatamente di origine petrolifera, potrebbero essere anche di origine biogenica. L’analisi però come scrivevo è poco selettiva e soggetta ad interferenze che possono dare risultati con falsi positivi. Questo la maggior parte delle persone non lo sa. Idrocarburi nel comune sentire indica petrolio, e da questo può scattare la psicosi e conseguentemente la sindrome Nimby.

    Punto 3. L’ente risi nazionale ha condotto uno studio sui terreni della Lomellina ed è arrivata alla conclusione che quei terreni avrebbero necessità di sostanza organica di qualità. La soluzione potrebbero essere sia i fanghi di depurazione di qualità e composizione strettamente controllata, che il surplus di letame da allevamenti. La prima ipotesi è adesso socialmente poco accettata. La seconda non sostenibile economicamente

    Punto 4. Il potenziamento di trattamenti terziari adeguati è indispensabile per trattenere e rimuovere gli inquinanti emergenti (farmaci, droghe d’abuso e anche quelli non emergenti ma pericolosi (idrocarburi di origine petrolifera ed in generale tutte le molecole organiche di provenienza industriale). E per far questo occorre sbloccare investimenti spesso fermi per burocrazia o beghe politiche. E ultima cosa, come suggerito dal professor Roberto Canziani del Politecnico di Milano bisognerebbe destinare una piccola quota della tariffa dell’acqua per sviluppare progetti di ricerca su queste tematiche. Ricerche che dovrebbero coinvolgere sinergicamente Università, Istitutii di ricerca come L’Irsa (istituto ricerca sulle acqua del cnr) e le società di gestione.

    Spero di essere stato esaustivo e sufficientemente chiaro.

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