Cosa succede quando si lavano le verdure?

Mauro Icardi

Spesso non si pensa a come, alcune azioni normalissime, possano avere un impatto sull’ambiente. Mi è venuto in mente quello del lavaggio dell’insalata e delle verdure in senso più ampio. E ovviamente vorrei fare una chiacchierata su questo tema, con l’approccio del tecnico di depurazione. E’ certamente vero che molte persone preferiscono lavare, preparare e cuocere le verdure secondo le usanze tradizionali, magari se sono quelle del loro orto. E’ altrettanto vero che il consumo di verdure conservate, o di insalate preconfezionate sia in molti casi una scelta obbligata che per mancanza di tempo si finisce spesso per preferire, rispetto a quelle fresche da pulire. La verdura che acquistiamo al supermercato passa attraverso fasi di lavaggio, di cernita dei prodotti, e di confezionamento, effettuati direttamente presso l’azienda agricola di produzione, o successivamente presso le industrie conserviere.

Il trattamento delle acque residue di questo tipo potrebbe apparire intuitivamente semplice. In realtà le cose non stanno esattamente così. I reflui di origine vegetale possono provenire, nel caso delle aziende agricole da zone molto fertili, e con marcata variabilità stagionale. In caso di recapito negli impianti di depurazione centralizzati, se la percentuale di acque reflue di origine vegetale fosse notevolmente elevata, rispetto a quelle di origine civile, potrebbero verificarsi problemi.

Analizziamo più a fondo la situazione. Le verdure più comuni mediamente contengono per la maggior parte acqua (74-94%), carboidrati (3-19%), proteine (1-6%), grassi (0,1-0,5%).

Quando le verdure sono lavate, le sostanze solubili e particolarmente gli zuccheri passano in soluzione, prima rapidamente, poi più lentamente nei lavaggi successivi. Anche molte particelle di sostanze vegetali insolubili rimangono in sospensione.  I rapporti C: N e C: P nei reflui vegetali sono quasi sempre troppo bassi, per garantire un ottimale trattamento aerobico. Se le verdure subiscono un trattamento di sbucciatura, i valori di carico inquinante aumentano notevolmente. A titolo esemplificativo il valore di BOD5 può variare da valori di circa 50 mg/L dopo la fase di prelavaggio, mentre dopo la fase di sbucciatura questo valore si può avvicinare a 3000 mg/L.

Il trattamento di questo tipo di reflui dovrà quindi prevedere diverse fasi di processo. Per quanto riguarda i trattamenti meccanici, per le sole acque di prelavaggio si può ricorrere alla sedimentazione primaria, mentre per i residui di sminuzzamento e sbucciatura è preferibile l’utilizzo di uno staccio rotante.

La sezione di microgrigliatura consente una prima riduzione delle sostanze sospese. Al termine di questa fase, le acque derivanti possono essere inviate alla sezione di sedimentazione. La corretta gestione di questa fase di trattamento è fondamentale per non sbilanciare il carico organico in ingresso alla sezione di ossidazione biologica.

 Quando le acque reflue giungono a questa sezione, si deve valutare in particolare il valore del pH, che è ottimale in un campo abbastanza ristretto (7-8).

Il tenore di azoto e fosforo in ingresso al trattamento biologico deve essere monitorato.  La carenza di questi nutrienti può provocare infatti il fenomeno del rigonfiamento dei fanghi (bulking).

Questo fenomeno può essere ridotto aumentando il tempo di ritenzione in vasca di ossidazione.

Occorre evitare un lungo periodo di permanenza dei reflui in condizioni anaerobiche/anossiche, prima del trattamento, perché in questo caso si potrebbe formare acido acetico dagli zuccheri, per attività batterica, e quindi il refluo dovrebbe essere riportato ai valori di pH ottimale con aggiunta di soluzioni basiche prima di essere inviato all’impianto di trattamento.

Ovviamente quanto descritto qui, riguarda la lavorazione industriale delle verdure. I contributi domestici sono notevolmente minori, per la semplice ragione che, i residui della verdura consumata in casa sono destinati a finire nel contenitore dei rifiuti umidi.  Se prendesse piede l’installazione di tritarifiuti domestici, come negli USA, la situazione cambierebbe radicalmente. Ogni nostra scelta quotidiana ha un impatto sull’ambiente. Non dobbiamo dimenticarcene. Ultima riflessione per chi non si occupa di depurazione. Potrebbe sembrare che il residuo di un materiale vegetale sia quanto di più degradabile e assimilabile ci sia.  Questo è vero solo in determinati contesti. In particolare gli scarti vegetali sono il giusto “carburante” per un processo di digestione anaerobica. Per il trattamento delle acque residue sono più problematici.

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