La Solvay di Rosignano: inquinamento e greenwashing.

Claudio Della Volpe

Pochi sanno o ricordano che il nostro ministro per la transizione ecologica, Roberto Cingolani era stato nominato nel 2019 Chief Technology & Innovation Officer di Leonardo, un’azienda italiana che produce armi e tecnologie aerospaziali.

Non risulta che il suddetto ministro si sia dimesso da Leonardo  dopo essere stato nominato Ministro, ma invece si è messo in congedo o come si dice in inglese “to take a leave”; in sostanza abbiamo un ministro della transizione ecologica che rimane dipendente in congedo di una grande azienda e questo prefigura un bel conflitto di interessi; questo conflitto è stato fatto notare recentemente in occasione del rinnovo dei permessi relativi agli scarichi della Solvay di Rosignano, una  delle più grandi aziende chimiche italiane.

L’autorizzazione (denominata IPPC ossia Integrated Pollution Prevention and Control) è stata rinnovata con 5 anni di anticipo rispetto alla sua naturale scadenza e vale per altri 12 anni ossia fino al 2034. Sarà un caso, ma giusto 11 giorni prima di essere nominato ministro (nel febbraio 2021) Cingolani aveva firmato un accordo, o come si dice nel gergo, una joint-venture fra le due aziende, la Solvay e la Leonardo: ça va sans dire.

La Solvay è talmente integrata nella vita locale della comunità toscana che il nome del paese di Rosignano è in effetti Rosignano Solvay e questo perché sono più di 100 anni che lo stabilimento Solvay è a Rosignano con quel che ne consegue e che andiamo a presentare brevemente.

Sul numero di settembre 2021 di Vogue Italia, una rivista di moda c’è una foto di una spiaggia bianchissima ed un mare dai colori spettacolari (a destra); è la spiaggia prospiciente allo stabilimento della Solvay di Rosignano; invertendo la visuale di 180°(foto a sinistra) lo stabilimento compare sullo sfondo (mica tanto) a dimostrare come cambiare punti di vista è facile e spesso produttivo.

Il giornale Il Tirreno scrive a riguardo:nelle scorse ore è arrivata la nota di Francesco Berti, deputato labronico del Movimento Cinque Stelle. «Vogue Italia alimenta la narrazione truffaldina delle “Maldive toscane”, quelle di Rosignano Solvay. Un Luogo rappresentativo di “un nuovo inizio” (titolo e tema, come detto, del nuovo numero, ndr), dove sfoggiare la bellezza in tutte le sue forme. Niente di più ipocrita, falso e crudele». E aggiunge il deputato livornese: «Inutile nascondersi, le spiagge bianche sono sinonimo di avvelenamento dell’ambiente da parte di una multinazionale cui nessuno ha mai propriamente chiesto il conto. Se il fotografo avesse ruotato il suo obiettivo di 180 gradi, avrebbe immortalato la Springfield della Toscana”

Springfield è la città dei Simpson, con la sua grande centrale nucleare dove il capofamiglia del famoso fumetto lavora.

Il Gruppo Solvay, fondato in Belgio da Ernest Solvay nel 1863 ha sede a Bruxelles ed opera nel settore chimico e delle materie plastiche in 64 paesi con oltre 24mila dipendenti ed un fatturato superiore a 10 miliardi di euro. Solvay è particolarmente nota per la produzione di carbonato di sodio, mediante l’applicazione del cosiddetto “processo Solvay all’ammoniaca”. La Solvay rappresenta attualmente uno dei più importanti gruppi chimici presenti in Italia con 1.900 dipendenti in sette siti produttivi localizzati a: Ospiate (Milano), Spinetta Marengo (Alessandria, ne abbiamo parlato discutendo di PFAS), Mondovì (Cuneo), Livorno, Massa, Rosignano Solvay (Livorno) e Bollate (Milano).

Il ciclo produttivo dello stabilimento di Rosignano, che esiste dal 1912 ed impiega oggi meno di 500 dipendenti rispetto alle migliaia di appena qualche anno fa, è complesso e prevede molti aspetti non illustrati nella figura qui sopra; questa figura per esempio non dice da dove vengono due dei materiali importanti, ossia l’acqua e il sale che servono in grande quantità per l’impianto cloro-soda.

In effetti gli effetti ambientali sono enormi e si estendono ben al di fuori dello spazio dello stabilimento o delle immediate vicinanze; il sale dalle miniere di Volterra, quasi interamente, e di altre località toscane, acqua dai fiumi Cecina e Fine, quest’ultimo sbarrato in un lago di origine artificiale, il Santa Luce, che lascia poi passare poca acqua.

Da tenere presente che la salina di Volterra per la sua natura non può essere coltivata estraendo a secco perché è fatta di lenti poco spesse e dunque viene estratta mediante un flusso di acqua che la trasforma in salamoia.

In conclusione il totale dell’acqua “assoggettata” alla produzione dello stabilimento di Rosignano è veramente enorme (stimata in oltre cento milioni di metri cubi all’anno) e comporta un’alterazione ambientale notevole, che non viene direttamente considerata quasi in nessuna valutazione diretta sugli effetti ambientali del sito Solvay. Diciamo che il dissesto geologico del territorio di Volterra ha avuto un bel contributo da questa estrazione, che oggi è dedicata in prevalenza a Solvay.

Ultima cosa da dire è quanto paga la Solvay per l’acqua; non paga nulla per il dissesto ambientale corrispondente sia geologico che ecologico, ma paga anche pochissimo l’acqua come tale: 4 centesimi di euro a m3 fate voi il confronto con i costi tipici dell’acqua, che certo non è potabile, non tutta almeno, ma che sul mercato dell’acqua italiana costa in genere dieci volte di più alle grandi industrie che la comprano (sui 40centesimi al metro cubo).

In modo simmetrico un altro problema ambientale si verifica per l’emissione diretta in mare, dal famoso Fosso Bianco, del residuo di calcare e cloruro di calcio e altri composti inorganici che si depositano sul fondo marino per molti chilometri quadrati modificando enormemente la natura ecologica della zona circostante lo stabilimento. Il polo industriale Solvay è infatti dotato di un unico punto di scarico finale (SF) nel Fosso Bianco in cui afferiscono gli scarichi parziali derivanti, dalle Unità produttive Clorometani ed Elettrolisi della Società Inovyn SpA e dalle Unità produttive Perossidati e Sodiera/Cloruro di calcio della Società Solvay Chimica Italia SpA.

Gli effetti ecologici sono ancora in valutazione e non riesco a darvene conto, ma l’arretramento della pianura di posidonia è documentato. Nei confronti di questo problema c’è stata una iniziativa scientifica e pubblica con il tentativo di reimpianto della posidonia, documentato in uno dei documenti citati in fondo; tale tentativo a distanza di anni manifesta molte criticità e non ha avuto il successo sperato (progetto SEPOSSO).

Nel 2014 l’ARPAT scriveva:

è necessario evidenziare che la prateria di Posidonia oceanica ha subito nel tempo una regressione verso il largo del proprio limite superiore, causata dall’elevato apporto di sedimenti presenti nello scarico. Tale situazione, sulla quale non sono disponibili informazioni quantitative recenti, sarà oggetto di indagini successive, in fase di programmazione

Oltre che sull’ecologia l’attenzione pubblica e di varie associazioni ambientaliste si è soffermata nel corso del tempo sugli apporti di metalli pesanti che sono stati scaricati in oltre un secolo in questo tratto di costa e che hanno avuto due origini, una naturale ed una artificiale; naturale perché quel tratto di costa raccoglie le piogge che arrivano su minerali naturali ricchi di certi metalli pesanti, ma anche artificiali perché nel carbonato di calcio residuo delle lavorazioni ci sono alte percentuali di arsenico, mercurio e cromo (nel solo 2017 3.88 ton di arsenico, 3.7 di cromo e 59 kilogrammi di mercurio per dichiarazione Solvay); in totale si stima che nei decenni di attività la Solvay di Rosignano abbia scaricato dalle decine alle centinaia di tonnellate di questi metalli nel mare antistante.

Questo mare è valutato contraddittoriamente: pulito dal punto di vista microbiologico,(tanto da avere una valutazione di “eccellente” dal punto di vista biologico, ossia assenza di Escherichia Coli ed Enterobacter) ma il suo inquinamento in mercurio è parecchio più alto del massimo valore ammissibile; dunque il mare non è balneabile, ma di fatto costituisce una attrazione turistica a causa del colore bianco delle spiagge a sua volta causato dagli scarichi di carbonato di calcio.

Nel 2003 (quando la Solvay scaricava 200mila ton/anno di polveri o meglio di solidi sospesi) ci fu un accordo di programma fra l’amministrazione pubblica e la Solvay per ridurre gli scarichi a “sole” 60mila tonnellate; ma si vide ben presto che questo valore non era possibile tecnicamente alla Solvay la quale non lo ha mai rispettato; l’amministrazione pubblica rifacendosi ai valori e metodi di livello europeo stabilì allora un livello 250mila ton/anno che è il valore che il ministro Cingolani ha confermato per altri 12 anni pochi mesi fa. Comunque prima di arrivare a questa conclusione l’amministrazione pubblica in varie forme ha finanziato per decine di milioni di euro l’aggiornamento ambientale Solvay.

Cerchiamo di seguire il ragionamento Solvay e del Ministero; questo ragionamento si basa sulle cosiddette BAT e sulle corrispondenti BREF; di che si tratta? BAT= Best available techniques, migliori tecniche disponibili mentre BREF significa BAT references documents, documenti di riferimento delle BAT; questi documenti finalizzati a rendere diffusa ed efficace la conoscenza sulle BAT disponibili, sono predisposti a livello europeo e sono disponibili sul sito dell’European IPPC Bureau.

La logica delle BAT è riconoscere che c’è un rischio accettabile e che occorre bilanciare rischio ambientale e beneficio produttivo. Su questa base il gestore dello stabilimento di Rosignano afferma che dato che le sue emissioni si collocano al di sotto dei valori di emissione previsti dalle BAT per unità di prodotto non c’è modo di abbassare ulteriormente gli scarichi.

Ovviamente questo ragionamento è valido a condizione che non si consideri la possibilità di abbassare la produzione!

Ecco allora che attraverso un mezzo tecnico (le BAT) si accetta la logica di produzione continuamente crescente; tenete presente che nel 2003 la Solvay di Rosignano scaricava già 200mila ton di residui/anno; alla fine del processo di aggiornamento quando la Solvay rifiuta l’accordo del 2003 e il Ministero accetta la logica BAT-BREF (siamo nel 2015) la emissione totale SALE a 250mila tonnellate; dunque non si dice solo che non si può scendere sotto un tot di emissioni per kg di prodotto ma che la produzione DEVE salire; è un po’ la versione adattata del paradosso di Jevons (se aumenta la produttività in realtà non si lavora di meno ma di più perché si allarga il mercato e sale la produzione); per questa seconda implicita scelta non c’è spiegazione logica a parte quella indicata socialmente dai numeri che mostravo prima; se uno riduce la produzione, riduce l’occupazione e questo ha un costo sociale: nessuno lo dice ma questo è quanto in un posto che dipende di fatto dalla Solvay.

Sono rimaste poche voci che protestano contro questa situazione; il precedente ministro dell’ambiente Costa ha dichiarato che non poteva non concedere la deroga sulla base delle BAT e che dunque occorre cambiare le regole europee; l’ARPAT scarica sul ministero e sulle regole esistenti; alcuni medici fanno notare che i problemi di inquinamento di metalli pesanti ci sono, ma sono (anche giustamente) interessati a far notare un altro aspetto dell’attività Solvay che si evidenzia facilmente: fra gli operai dello stabilimento ci sono decine di casi di mesotelioma pleurico (il 300% dei casi in più rispetto al numero atteso in quella popolazione); questo vuol dire una cosa sola: AMIANTO; le cause sono in corso.

In questa situazione quasi kafkiana, in cui la Solvay nonostante questi ed altri problemi ambientali (l’impianto di Spinetta Marengo di cui abbiamo parlato discutendo di PFAS, vedi qui), è quotata alla Borsa di Bruxelles, con il massimo dei voti (tripla A per l’ambiente), rilasciato da parte delle agenzie (come Msci) che danno i “voti” alle aziende, anche se operano in campo chimico o petrolifero, questo fatto ha prodotto degli anticorpi interni all’ambiente industriale e finanziario.

Ormai miliardi di dollari vanno su asset Esg cioè Environmental, Social and Governance, (ossia le istanze ambientali, sociali e di governance) che sarebbero i criteri chiave di natura non finanziaria che gli investitori possono integrare nel loro processo d’investimento e l’affare sta diventando enorme, si parla di investimenti ESG totali che raggiungono i 50 trilioni di dollari nel mondo; dunque fregiarsi di questo titolo è importante per chi va in borsa.

Cosa succede allora? Ce lo racconta Il Sole -24 ore: Bluebell, società londinese guidata dagli italiani Marco Taricco, Giuseppe Bivona e Francesco Trapani, famosi per le battaglie assembleari su Telecom, Ansaldo Sts e per l’ingresso in Mediobanca, ha avviato un’azione ormai di moda tra i fondi attivisti: si chiama «One Share Esg Campaign», nella quale i fondi mettono a disposizione la propria esperienza per causa ambientaliste, chiedendo alla società nel mirino determinati e immediati interventi. Dopo averne acquistato una sola azione han diritto di dire la loro e Bluebell ha iniziato a fare domande e proposte scomode chiedendo la testa dell’attuale AD della Solvay di Rosignano; potrà questa strategia riuscire dove han fallito le altre?

Vedremo; noi chimici dovremmo dire la nostra; in particolare cosa può fare la Solvay per ridurre VERAMENTE il suo impatto ambientale? Quali tecniche si possono applicare per migliorare le cose, per esempio far depositare gli effluenti prima di scaricare l’acqua in mare? Costa; ma quanto costa alla società italiana un inquinamento che dura da oltre 100 anni?

Documenti consultati

https://www.corr.it/news/adnkronos/30516712/bluebell-capital-partners—response-to-solvay-board-open-letter-regarding-soda-ash-operations-in-rosignano.amp

https://www.solvay.com/en/news/solvay-board-issues-open-letter-regarding-soda-ash-operations-rosignano

https://www.bloomberg.com/press-releases/2022-02-17/bluebell-capital-partners-response-to-solvay-board-open-letter-regarding-soda-ash-operations-in-rosignano

https://www.ilsole24ore.com/art/il-fondo-attivista-bluebell-attacca-solvay-bonificare-spiaggia-rosignano-ADFvm29

https://iltirreno.gelocal.it/cecina/cronaca/2021/09/02/news/spiagge-bianche-da-film-su-vogue-come-springfield-altro-che-maldive-1.40658696

https://www.google.com/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&source=web&cd=&ved=2ahUKEwikzdfSgY72AhVRJMUKHUBAAOQQFnoECEkQAQ&url=https%3A%2F%2Fva.minambiente.it%2FFile%2FDocumento%2F267112&usg=AOvVaw2jdmyQa4qtrmYIoQjVMB-f

https://www.ilpost.it/2021/01/02/spiaggia-solvay-bluebell-esg/

Su Raiplay potete assistere alla trasmissione Report (dal minuto 26:30 secondi circa) dedicata alla Solvay non solo di Rosignano:

https://www.raiplay.it/video/2019/12/report-del-02122019-bicarbonato-di-sodio-4e7df2c0-27df-4a22-a5a7-01f2a6739cc9.html

L’accordo del 2003 è scaricabile qui.

Il decreto del Ministero 177/2015 che riportava a 250mila tonnellate è sul sito del ministero:

Codice elaborato: DVA-DEC-2010-0000896-INEOS-ROSIGN

Devo dire che non è banalissimo trovarlo ma ci si riesce con un po’ di attenzione, se qualcuno lo vuole posso mandarglielo via mail in pdf. Se cliccate sull’indirizzo qui sopra è il primo documento della lista, poco meno di 5 megabytes.Nella medesima lista anche gli altri documenti allegati; non sono veri pdf e non si può usare il search, sono documenti grafici leggibili ma poco usabili tecnicamente.

Documento ARPAT su scarichi Solvay:

Un pensiero su “La Solvay di Rosignano: inquinamento e greenwashing.

  1. Conosco bene i problemi da Lei accennati nel post. Vivo a Cecina, a pochi kilometri da Rosignano Solvay e da anni sono preoccupato dei danni ambientali causati dalla Società Solvay. Fra l’altro, ho la “fortuna” di abitare in una casa ubicata nei pressi di un pozzo della Solvay, che probabilmente è stata danneggiata (insorgenza di crepe) dal massiccio emungimento di tale pozzo. Ma cosa veramente si può fare per contrastare l’inquinamento da metalli tossici, lo sconvolgimento del litorale e l’inquinamento termico causato dal Fosso Bianco, e il dissesto idrogeologico indotto dall’abnorme prelievo di acqua della Solvay? Temo che finché ci sarà sale da estrarre, acqua di basso costo da prelevare e deroghe ambientali di cui usufruire la Solvay andrà avanti per la sua strada, infischiandosi delle lamentele degli ambientalisti. Comunque, almeno a scarico di coscienza, la SCI dovrebbe far sentire con forza la sua voce, cominciando dal neoeletto presidente prof. Farinola, senza temere di esprimere la condanna dei comportamenti dannosi delle grandi industrie chimiche. A questo proposito, mi meraviglio dell’assenza di commenti sul suo Post da parte degli autorevoli chimici che in genere intervengono.

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