La sofferenza del chimico.

Luigi Campanella, già Presidente SCI

Da chimico soffro un po’ quando sento parlare di motore elettrico alternativo a quello ad idrogeno, soffro perché si tratta di due motori, elettrici entrambi, essendo diverso solo il serbatoio sostituito in un caso da batterie e in un altro da idrogeno gassoso. E’ questo che poi con una reazione elettrochimica con l’ossigeno dell’aria produce energia ed acqua: questo avviene nelle celle a combustibile.

La differenza quindi tra i due modelli non è nel tipo di motore, elettrico per entrambi, ma nel tipo di alimentazione. Ed allora può sorgere spontanea la domanda: quale delle 2 soluzioni è la migliore? In effetti come sempre nelle due facce di un problema ci sono per entrambe vantaggi e svantaggi. Oggi il mercato è decisamente orientato verso le batterie, ma non credo si possano escludere variazioni nei prossimi 10 anni, quando i vantaggi di una potrebbero divenire svantaggi e tutto l’opposto per l’altra. L’autonomia viene considerata confrontabile, la ricarica è ovviamente a favore dell’idrogeno con semplicità e tempi ridotti: questi sono gli stessi delle macchine a benzina, mentre malgrado i progressi negli accumulatori la ricarica delle batterie richiede circa 10 volte più tempo, addirittura molte ore se ci si serve della rete di casa. Il grande vantaggio del sistema a batterie sta nella difficoltà e negli alti costi per realizzare gli impianti a ricarica di idrogeno: l’elemento va stoccato a 700 atmosfere cosa difficile da fare tanto che in Italia c’è un solo distributore a Bolzano.

Il risultato è che benché macchine ad idrogeno già esistano, da noi non possono essere utilizzate perché non c’è modo di rifornirle. Stanno meglio altri Paesi Europei come Francia e Germania, ma più di tutti hanno scommesso su questi modelli giapponesi e coreani.

https://leganerd.com/2017/06/28/auto-elettriche-vs-auto-idrogeno/

Superato questo gap l’idrogeno potrebbe avere un vantaggio sul piano ambientale: non certo per le emissioni che sono a zero in tutti e due i casi, ma nella produzione e smaltimento in quanto gli accumulatori sono costosi e utilizzano materiali non tutti ecofriendly. Forse nella stessa logica di vantaggi e svantaggi alternativi nel tempo richiesto dall’idrogeno per installare la sua rete, le batterie aumenteranno la loro densità energetica, diverranno meno ingombranti, meno pesanti e meno costose. Il mercato ci dirà quale soluzione sarà più convincente per i cittadini. Oggi già si intravedono orientamenti di scelta: l’idrogeno è più adatto per i veicoli pesanti, le batterie per le vetture che offrono meno spazio disponibile.

Un’altra alternativa è rappresentata dalle hybrid con motore termico ed elettrico e quindi alimentazione a batterie ed idrocarburi. Rappresentano il top innovativo già in uso e rispondono ad una esigenza al tempo stesso ambientale e di resistenza ai cambiamenti bruschi.  Si tratta di una mediazione che riduce l’impatto ambientale ma non lo annulla:  le emissioni di CO2 e di altri gas è solo ridotta.

In effetti ci sono varie forme di ibridizzazione con costi e risultati molto diversi.La guidabilita e l’uso più conveniente sono legati alla velocità ed alle condizioni e caratteristiche della strada.Ci sono ibridi che non hanno alcun collegamento tra il propulsore elettrico e la trasmissione.La parte ibrida sta nello stoccaggio dell’energia poi utilizzata solo dal propulsore elettrico. C’e poi un altro ibrido: idrogeno e batteria su cui si accentuano le attenzioni scientifiche delle case automobilistiche. Sarà la soluzione? Difficile dirlo, ma da chimico mi permetto di trasferire a questo settore quanto vale in qualsiasi processo: quando si può arrivare con una sola reazione la semplicità diventa un elemento di preferenza, la doppia soluzione è sempre elemento di complessità.

24 pensieri su “La sofferenza del chimico.

  1. Caro Luigi,
    da possessore di un’auto elettrica, seguo da anni tutta la problematica delle nuove tecnologie per i veicoli stradali (e non solo). Per quanto riguarda le auto e bus elettrici alimentati da celle a combustibile, che in una prospettiva “verde” dovrebbero utilizzare idrogeno generato da fonti rinnovabili, purtroppo I modelli in circolazione sono ancora molto costosi, in particolare per i materiali usati nelle membrane delle celle. L’uso dell’idrogeno pone poi complicati problemi di distribuzione e di immagazzinamento. Per i serbatoi si usano siatemi ad alta pressione o composti metallici che assorbono il gas, ma si devono risolvere problemi di costi, efficienza e sicurezza. Gli autoveicoli a idrogeno con celle a combustibile, comunque, hanno già ora autonomie paragonabili a quelle dei mezzi a combustione interna. Anche in questo campo gli studi scientifici sono molto attivi, ma i tempi si stanno allungando rispetto alle ottimistiche previsioni di qualche anno fa.
    Le auto elettriche a batteria, anche per esperienza diretta, sono a mio parere ideali per percorsi medi o brevi, di qualche decina di chilometri al giorno o poco più, ed in particolare per il traffico urbano, dato che usando i sistemi di recupero energia in frenata consumano meno in città che nei percorsi extraurbani, contrariamente a qualunque altro sistema di propulsione, salvo quelli ibridi.
    In prospettiva, però, per raggiungere una sostenibilità stabile del sistema di trasporto, a mio parere è necesaria una diversa organizzazione dei trasporti. Non è ragionevole pensare ad una società sostenibile per il pianeta continuando ad utilizzare come si fa ora in modo massiccio mezzi di trasporto personali, siano essi pure elettrici e non inquinanti. Si deve necessariamente sviluppare ulteriormente il trasporto pubblico urbano ed extraurbano, ovviamente elettrico come già è in gran parte, limitando l’uso dei mezzi privati (o in sharing) alle situazioni dove il trasporto pubblico non è efficiente (abitazioni isolate, centri urbani a bassa intensità abitativa, ecc) e comunque per percorrenze limitate. I trasferimenti a lungo raggio dovrebbero essere garantiti quasi esclusivamente da mezzi di trasporto pubblico. Per esempio, le autostrade, se non abolite, potrebbero essere trasformate in sistemi elettrificati percorsi da filobus per i passeggeri e autotreni, magari con uno o più rimorchi, per il trasporto di merci (esistono già dei tratti sperimentali), alimentati da linee elettriche e dotati di batterie per percorrere l’eventuale “ultimo miglio” verso la meta finale.
    Inoltre, già ora con la pandemia abbiamo sperimentato la possibilità di limitare gli spostamenti attraverso il telelavoro ed altri usi delle tecnologie telematiche, che naturalmente devono essere rese accettabili e gestibili con serenità ed efficienza.

  2. Da Ingegnere soffro un po quando leggo certe robe…
    “La ricarica è ovviamente a favore dell’idrogeno con semplicità e tempi ridotti: ”
    Dov’é la seplicità?
    Quanto costa una stazione di ricarica per H2??
    Come puoi confrontare i tempi di ricarica fatti in una stazione da un milioncino di euro con la ricarica che faccio a casa dalla presa Suko?
    E comunque anche in queste super stazioni di ricarica i tempi sono lunghi, più lunghi di un pieno di benzina o di metano.
    Si parla di almeno 10 minuti.
    “Ma se poco prima ha fatto il pieno un altro il sistema è più lento”
    La colonnina FAST si può installare ovunque, bombole piene di H2 a 700bar no; ne consegue che la distribuzione di punti di ricarica elettrici sono e saranno enormemente più capillari delle stazioni di rifornimento H2
    Quindi nel confrontare i tempi di ricarica diventa doveroso considerare i tempi necessari per raggiungere la stazione…. E che questa non sarà nel parcheggio di un supermercato o di un ristorante.

    Ibrido: più peso, più complessità e la batteria elettrochimica, necessariamente più piccola, fatica a reggere il recupero in discesa.

    Facciamo così: gli ingegneri fanno gli ingegneri ed i chimici fanno chimica.

  3. Articolo molto interessante. Chiedo al Prof. Campanella, che ho avuto come insegnante alla Sapienza alla fine degli anni ‘60, come si produce l’Idrogeno. Ho letto che il procedimento più economico parte dagli idrocarburi, invece che dall’ elettrolisi dell’acqua o dall’Idrogeno dell’atmosfera. Allora si ha comunque produzione di anidride carbonica, da quanto leggo.

  4. Lungi da me fare una guerra di religione, commento solo una affermazione che ho vista scritta: La colonnina FAST si può installare ovunque; anzitutto cosa è una colonnina FAST charge? non mi pare esista una definìzione unanime ; comunque secondo ENEL ci sono colonnine standard lente e accelerate (fino a 7 e fino a 22kW) AC – Modo 3 secondo CEI EN 61851, poi colonnine a potenza elevata oltre 22kW DC – Modo 4 secondo CEI EN 61851) ed infine colonnine ultrafast a corrente continua con potenze di centinaia di kW, DC – Modo 4 secondo CEI EN 61851; solo queste ultime consentono ricariche in pochi minuti anche se a costo di abbreviare la vita delle batterie; solo il 5% delle colonnine esistenti sono a potenza elevata e poche decine sono ultrafast in Italia; dunque non è vero che sia possibile installarle ovunque o quanto meno la situazione concreta attuale è ben diversa; detto questo dato che Luigi ha scritto cose quasi tutte condivisibili, ma secondo me non complete (ma d’altronde questo non è un trattato sul tema) ribadisco la posizione di Pino Suffritti che condivido del tutto e che riesprimo a parole mie; il problema non è ingegneristico ma sociale, ossia occorre ripensare alla mobilità; l’idea di una transizione che sia essenzialmente “tecnica” o se volete ingegneristica è fasulla; la transizione è e deve essere sociale: ossia il trasporto essenzialmente privato deve cedere il passo ad un trasporto essenzialmente pubblico specie su media e grande distanza; su piccola distanza potremmo dotare ogni persona del mondo di un mezzo leggero e di tipo elettrico (una bici o simile) ma su media e grande distanza no; dunque non si tratta di fare miliardi di auto elettriche di qualsiasi tipo siano (e che scassserebbero altri cicli biogeochimci del pianeta ) ma di ripensare il modo di trasportare le persone e le merci, considerandole un servizio pubblico sostenibile e non una merce.

    • La percentuale di colonnine FAST od ultra FAST sul totale che indicazione sarebbe?
      Numeri per creare confusione?
      E’ ovvio che se ho tutta la notte o tutto il giorno per ricaricare non mi serve una fast. Quindi l’esigua percentuale di FAST è un indicazione del fatto che non abbiamo bisogno di ricaricare veloce ma abbiamo bisogno di sistemi di ricarica che costino poco.

      In Italia abbiamo oltre 10’000 colonnine FAST pubbliche ed 1 (uno solo) distributore di H2.

      • Sarei curioso di sapere da dove Mauro Tassinari ricava il numero di colonnine FAST charge e come le definisce; io trovo in rete questi dati aggiornati al gennaio di quest’anno: Secondo le rilevazioni Motu-E in Italia al 31 dicembre 2021 ci sono 26.024 punti di ricarica e 13.233 infrastrutture (stazioni o colonnine) in 10.503 punti pubblici. Di questi: In termini di potenza, il 94% dei punti di ricarica è in corrente alternata (AC), mentre il 6% in corrente continua (DC). Inoltre, il 17% dei punti sono a ricarica lenta (con potenza installata pari o inferiore a 7 kW), il 77% a ricarica accelerata o veloce in AC (tra più di 7 kW e 43 kW), un 4% fast DC (fino a 50 kW) e le restanti ad alta potenza, di cui l’1% fino a 150 kW e l’1% oltre 150 kW. Dunque a seconda di come definiamo il FAST otteniamo numeri diversi; se ho un’auto da 40-50kwh da caricare e faccio il paragone con la carica a idrogeno o a fossile (diciamo dieci minuti per un pieno) è chiaro che solo dispositivi che hanno potenze molto alte possono sostenere il confronto; e dunque ribadisco solo un 5% o poco più delle colonnine sono in grado di fare ricariche veramente veloci diciamo sotto un’ora di tempo; il resto è pio desiderio, non è vero che si possano fare velocemente punti di ricarica veloce e dappertutto. Poi dico anche questo: queste discussioni non sono importanti e non sfiorano la sostanza dei problemi che ho già espresso nel precedente intervento: non si tratta di avere milioni o miliardi di auto private caricabili in minuti sarebbe una iattura per il pianeta e per noi; si tratta di cambiare modo di usufruire della mobilità e soprattutto non fare la guerra fra fazioni; siamo tutti per cambiare modo di viaggiare; alcuni pensano di poterlo fare con un’auto elettrica privata sulla medesima scala con cui si è fatto finora con le fossili; personalmente credo sia l’ennesimo tentativo del mercato capitalistico di fare affari, io sono un chimico e penso diversamente.

      • “faccio il paragone con la carica a idrogeno o a fossile”
        Ma allora ti sei fossilizzato!?
        1. I 10 minuti dichiarati con l’idrogeno sono veri solo se nell’ultima mezzora nessun’altro a caricato alla stazione.
        E devi aggiungere il tempo per andare alla stazione di ricarica… Perché non si possono installare nel parcheggio del supermercato.
        2. Se vai ad H2 puoi solo ricaricare alla stazione di ricarica, se sei elettrico la fast ti serve solo se fai un lungo viaggio
        3. Non ho voglia di mettermi a contare le FAST perché ci sono le pubbliche, ma mettiamo che mi fermi a mangiare in un ristorante e questo ha una FAST privata… Non mi fa schifo.
        E poi non so se quelle Tesla sono considerate pubbliche o private.
        Certo che se invece di essere 10’000 (come ho letto non so dove) fossero solo 1000 sarebbero comunque 999 in più delle stazioni di rifornimento di H2

        Prima di cercare la pagliuzza togliti la trave!
        E’ da oltre un secolo che si tenta di usare H2 per i trasporti e da oltre un secolo colleziona colossali fallimenti.

  5. Sono sempre stato convinto del fatto che nessun tecnico o ricercatore per quanto bravo possa fare a meno degli altri in.un rapporto interdisciplinare essenziale per la crescita della conoscenza.Non condivido quindi quanto l’Ing Tassinari scrive alla fine del suo commento.La collaborazione fra ingegneri e chimici è necessaria
    Entrando nel merito lo ringrazio per avere con.i suoi dati competenti dato supporto a quanto da me scritto circa la difficoltà di inststallare ricaricatori di idrogeno tanto che-ho scritto-in Italia se ne conta solo.uno.La difficoltà è economica la facilità era solo riferita alla elementarità del principio base
    Me scritto circa la difficoltà di.installare ricaricatori ecojomiciringrazio per avere

  6. La prima cosa da sapere dell’idrogeno è che non si trova allo stato puro nell’ambiente, ma in sostanze come l’acqua, il gas naturale o il petrolio. Per ottenerlo, dunque, esistono alcuni metodi più o meno efficienti e più o meno dannosi per l’ambiente. Quello in assoluto più comune è definito “reazione di riforming con vapore” ed è una lavorazione per cui l’idrogeno (o meglio, un gas di sintesi ad alto contenuto di idrogeno) è generato a partire da idrocarburi (spesso metano) e vapore acqueo. Come risultato del processo si generano svariate tonnellate di CO2; per ciascuna tonnellata di idrogeno prodotta: perciò l’idrogeno è definito “grigio”. L’idrogeno grigio è anche il più economico da produrre: circa 1,5 dollari al chilo.

    Poi c’è l’idrogeno “blu”, in cui il processo di produzione è simile ma la CO2, anziché essere rilasciata, viene “catturata” e stoccata sottoterra, per evitare la dispersione nell’atmosfera (all’incirca il 90 per cento della CO2 è catturato). L’idrogeno blu è leggermente più costoso da produrre: può arrivare a 3,5 dollari al chilo. Idrogeno grigio e blu sono di gran lunga i più utilizzati. Nel 2018, scriveva l’Economist, il 95 per cento dell’idrogeno industriale era prodotto a partire da idrocarburi.

    Infine c’è l’idrogeno “verde”, che è quello che interessa di più perché è l’unico davvero a emissioni zero. L’idrogeno verde si crea a partire da un processo di elettrolisi (cioè separazione di idrogeno e ossigeno) dell’acqua tramite una macchina che si chiama elettrolizzatore. Questo processo ha bisogno di energia elettrica per funzionare, e ovviamente, affinché l’idrogeno prodotto possa dirsi davvero “verde”, questa energia deve essere generata da fonti rinnovabili: sia l’elettrolizzatore sia l’energia rinnovabile sono piuttosto costosi, e questi fa sì che l’idrogeno verde costi tra i 4 e gli 8 dollari al chilo. Le cose però stanno migliorando: sia il costo dell’energia elettrica da fonti rinnovabili sia quello degli elettrolizzatori stanno calando drasticamente, e l’Unione Europea, dove già costa un po’ meno che in altre aree, prevede che entro il 2030 l’idrogeno verde arriverà a costare 1,5 dollari al chilo: un prezzo abbastanza concorrenziale. Ci sono poi altri tipi di idrogeno a zero emissioni, come quello generato con processi di pirolisi.

  7. Concordo con alcuni, almeno, tra i punti fin qui sollevati in ogni commento, primo tra tutti la messa in discussione del paradigma del trasporto privato, ma su tutti trovo delle imprecisioni, oltre a quelle già sottolineate.
    Per cominciare ricordo, anche se lo trovo assurdo, che ancora oggi come “auto ad idrogeno” qualcuno, incluso almeno un costruttore, continua ad intendere “auto con motore endotermico ottimizzato ed alimentato con idrogeno”, roba del secolo scorso ma che contribuisce ad ingenerare il fraintendimento citato all’inizio.
    Nel soppesare pregi e difetti delle celle a combustibile rispetto alle batterie, e dando per scontato che la fonte primaria debba essere rinnovabile, non si può poi ignorare la forte penalizzazione sul rendimento complessivo della soluzione a celle rispetto alle batterie: lo stesso tetto fotovoltaico di una villetta può oggi assicurare al proprietario di un’auto a batteria, come minimo, il 50% in più di chilometraggio rispetto ad una più costosa auto a celle, senza considerare che la prima può assolvere ad altre funzioni, quando si trova in garage.
    Riguardo, infine, alla facilità di installare una colonnina elettrica, anche da 100 o 300kW istantanei, rispetto ad un rifornimento di idrogeno, chi non la riconosce non ha mai avuto a che fare con i Vigili del Fuoco.
    I costi elevati di un’utenza elettrica di grande potenza sono quasi sempre aggirabili dotando le stazioni di ricarica di accumulatori stazionari a basso costo per assolvere alle erogazioni intense che in quei casi non superano i 60-90 minuti: questo ormai stanno facendo tutti gli operatori del settore non legati a compagnie di distribuzione elettrica, per evidenti ragioni.

  8. Bah !
    Io sento parlare di idrogeno come vettore energetico da ca 50 anni, e di auto ad idrogeno da almeno 40. Per non dire di celle a combustibile, di cui si sente molto parlare, ma quelle che funzionano meglio sono oggetti che forse in una nave, o in una centrale termoelettrica.
    Da chimico inorganico nato chimico industriale, mi sembra che oggi come oggi la soluzione più razionale sia l’elettrico a batteria per la mobilità a corto raggio (credo che gran parte degli automobilisti che usano l’auto per andare da casa al lavoro e ritorno non percorra più di 30/50 km al giorno, con molte ore di intervallo tra un utilizzo e l’altro (o durante la notte) sfruttabile per una ricarica anche lenta.
    Resta il problema che un’automobile grande e comoda (come la Tesla) e con grande autonomia (almeno 400/600 km fra un “pieno” e l’altro) sarà SEMPRE un oggetto per pochi ricchi, e concordo che il problema vero sarà definire le modalità di trasporto sulle LUNGHE distanze.
    Sostenere o addirittura obbligare il turismo a muoversi su mezzi pubblici e non sul mezzo personale distruggerebbe il modo “capitalista” di fare le ferie di oggi, a larga mobilità, spezzate in brevi periodi nell’anno, per tornare al vecchio sistema delle “case” (o se preferiamo delle dacie o delle colonie) di vacanza. La vedo dura, viste le centinaia e centinaia di miliardi di dollari/anno generati dal turismo di oggi legato ai viaggi dei “singoli”. Nella nostra società, il turismo “sociale” non esiste più da tempo, per volontà dei turisti stessi.
    Ritornando all’auto elettrica, resta sempre il solito dannato problema (scusatemi se sono ripetitivo) : come facciamo a produrre le necessità di base con le rinnovabili nelle ore notturne se non vogliamo altre dighe, se il fotovoltaico va di giorno col sole ma non di notte, se non abbiamo venti gagliardi e costanti per l’eolico. Forse qui le celle (ma non a idrogeno, probabilmente) potrebbero dire la loro, peccato che dovrebbero essere reversibili. So che ci sono esempi sperimentali, ma non ne ho mai viste, magari per colpa mia.
    Sul rapporto chimici/ingegneri avrei molto da dire, ma mi astengo per non incorrere in disavventure giudiziarie per quello che potrei dire…😇😂

  9. Mauro Tassinari io sono intervenuto solo per ribattere ad un tuo errore che rimane tale; NON è vero che colonnine veloci siano installabili dappertutto (nei parcheggi dei supermercati non lo so), non è vero che sono diecimila numero che non ricordi dove lo hai letto, invece esse sono solo il 5-6% del totale il che vuol dire fra 1000 e 1500; aggiungo che ce ne sono poche lungo le autostrade dove servirebbero di più; dunque il tuo errore rimane; adesso hai scritto una seconda imprecisione; la frase “E’ da oltre un secolo che si tenta di usare H2 per i trasporti e da oltre un secolo colleziona colossali fallimenti” questa frase è vera solo in parte in quanto la cella a combustibile fu inventata da Grove nel 1839, fu perfezionata solo nel 1889 da Mond e Langer e poi da Bacon nel 1932 con l’introduzione dell’elettrolita a idrossido di potassio e gli elettrodi di nickel; Bacon ci mise trent’anni a fare un dispositivo da 5kW e ci arrivò nel 1959 ma solo negli anni 60 se ne svilupparono alcune usate nel progetto Gemini che portò l’uomo nello spazio e nel 1969 se ne usò una che però ottenne un grande risultato perché alimentò la capsula Apollo che andò sulla Luna durante il primo viaggio dell’uomo sull’astro; furono certamente un grande successo. Dunque si è vero sono molti decenni che si tenta di usare le celle a combusitibile e lo sviluppo è stato lento ma ci hanno dato almeno una grande soddisfazione, ci hanno aiutato ad andare sulla Luna e a tornare. Potrebbero nascondere altre sorprese.

    • L’Italia è indietro perché società autostrade ha puntato i piedi e preferito installare distributori di CNG… Fallimento clamoroso.
      Guarda a quante colonnine ci sono negli altri paesi europei.

      E’ da oltre un secolo che cerchiamo di maneggiare (produrre, trasportare ed usare H2)
      L’invenzione della cella a combustibile….. (Costosa, delicata, bisognosa di manutenzione e con pessimo rendimento) non ha cambiato le carte in tavola.

      Infine: se la ritieni che l’H2 sia una buona idea ti compri l’auto ad idrogeno, ci fai almeno 100’000km e poi ci racconti.

      • una ultima precisazione: le stazioni di rifornimento a idrogeno in italia sono 6; la mappa la trovate qui: https://www.glpautogas.info/data/hydrogen-stations-map-italy.html ; 1) Via Enrico Mattei, 1, 39100 Bolzano BZ 2) Parcheggio ATM San Donato Paullese Via Giuseppe Impastato, 27, 20138 Milano MI 3) ENI station Via Francesco Vaini, 1, 46100 Mantova 4) Grecciano: Area di Servizio Grecciano Sud, SGC Firenze – Pisa – Livorno, 57014 Collesalvetti LI 5) Q8 Magliana Nord Autostrada Roma-Fco km 5,657 c/o area di servizio Q8, Via della Magliana, nord, 00148 Roma RM 6) iNEXTR Zona Industriale, Contrada Masseria, 98071 Capo d’Orlando ME, Italy

  10. Boh !
    mi associo alla sofferenza nel ragionare su queste problematiche.
    1. sento (e leggo) da 50 anni dell’idrogeno come vettore energetico, e da almeno 40 di auto ad idrogeno, o a combustione interna (con bombole da 700 atm, o serbatoi criogenici, o a idruri metallici). Mi pare che non si cavi un ragno dal buco, per le evidenti impossibilità di gestione di un sistema del genere, oltre che ai costi dei materiali.
    2. sento (e leggo) da almeno 40/50 anni di celle a combustibile, ma anche qui mi pare che di applicabile all’autotrazione ci sia ben poco di ragionevolmente vicino;
    3. forse le celle più valide, necessitando di temperature e coppie redox particolari, al massimo finiranno in navi (grandi) o addirittura fisse in centrali termoelettriche per supplire a necessità di picco o notturne, a patto che siano anche reversibile. Anche qui ho visto poco (forse per colpa mia);
    4. visto che gran parte di noi adopera l’auto normalmente per il percorso casa-lavoro-casa, e mediamente non fa più di 30/40 km al giorno, con molte ore di intervallo tra i due viaggi, e la poi la notte, la cosa più sensata mi sembra un’auto elettrica, magari piccola o piccolissima (max 2 posti), da ricaricare di notte o di giorno mentre si lavora, nel parcheggio sotto il lavoro, anche con una colonnina di non eccezionale potenza;
    5. resta una serie di problemi non piccoli :
    a. a me sembra chiaro che un’auto elettrica grande, comoda e veloce e con autonomia di almeno 400/600 km, come la/le Tesla o simili saranno sempre un lusso per ricchi; si potrebbe però pensare ad un sistema di sostituzione rapida di pacchi di batterie standard nelle stazioni di servizio, pensate che i produttori saprebbero mettersi daccordo su uno standard universale di forme e prestazioni ?
    b. la mobilità individuale resta uno dei cardini su cui via via si è strutturata la ns società capitalista: se i trasporti pubblici possono supplire nei percorsi urbani o suburbani (forse, in parte) come la mettiamo in tutte le infinite fabbrichette e capannoni distribuite in tutto il territorio che costituiscono il nerbo del ns tessuto produttivo ? Qui in Veneto se non hai patente e macchina non lavorerai mai, ogni paesello ha una zona artigianal/industriale;
    c. la vedo molto dura nelle lunghe distanze, basterebbe che vi metteste su un cavalcavia autostradale un paio d’ore ad osservare il traffico. A parte i TIR, mi viene difficile pensare che l’industria del turismo, che muove centinaia (o migliaia) di miliardi di dollari possa sopravvivere ad un ritorno alle ferie stanziali, se non per imposizione con la forza di un ritorno a colonie e “dacie” per turismo stanziale, raggiungibili in treno o trasporti pubblici. Appena potemmo, negli anni ’60, passammo dai treni e bus all’auto privata, come mai secondo voi ? Tenete conto che la ns società prevede sempre ferie più spezzettate e brevi, proprio per assicurare la continuità produttiva del modello globalista “just in time”.
    6. resta comunque (scusate se sono recidivo) il tema di : come assicuriamo la produzione elettrica nelle ore notturne nelle quali si ricaricano le auto (ma ci sono comunque molte utenze, tipo le fonderie a ciclo continuo etc) se il fotovoltaico ha bisogno del sole, non vogliamo nuove dighe perchè impattano sui territori, e meno che meno en. eolica, che magari non funziona se non abbiamo venti costanti come in altri paesi e impatta pure sul paesaggio ?
    7. mi astengo da commenti sul rapporto fra ingegneri e chimici, per non rischiare conseguenze penali, anche se avrei molto da dire…😇😂

    • Mi vien da ridere quando sento dire “mi serve la macchina grande grossa, potente e con tanta autonomia perché quando “devo” andare in vacanza….”
      E sono pronto a scommettere che i 1000 km per farsi un week end ce li scorderemo presto.

      Ci piacciono i prodotti a “km zero” ? Bene, impareremo anche a fare turismo “vicino a casa”

      • Ridi pure, Tassinari.
        Mai fatti 1000 km in un weekend. E non apprezzo particolarmente i prodotti a km zero. Ma i miei gusti personali non sono rilevanti alla discussione, nè penso di discuterli qui.
        Se vuoi, puo vivere “alla russa”, vicino all’isba, come qualche secolo fa. E’ quel che Putin pensa di dover imporre al mondo.
        Ma non credo che il mondo occientale possa stare in piedi senza mobilità, anche se credo che moltissimo lavoro si potrebbe fare da casa (ho amici che han lavorato in lockdown come e meglio che in ufficio).
        Comunque prova a metterti su un cavalcavia dell’autostrada e considera cosa succederebbe se tutti dovessero fermarsi, visto che, mi par di capire, sei un ingegnere, e quindi hai senso pratico. O cosa ti direbbero se scendessi sull’asfalto a fermarli…

  11. “non credo che il mondo occientale possa stare in piedi senza mobilità”
    Mi dispiace tanto…. Non ho scritto io le leggi della natura.
    (non ho bisogno di cercare il cavalcavia, ho un autostrada vicino a casa)

  12. Gent.mi tutti,
    vorrei porvi una domanda semplice, da insegnante che ha cercato di parlare di green economy e circular economy da almeno 20 anni. Ma che fine ha fatto EOLO? L’auto ad aria compressa? Non poteva essere quella una alternativa davvero green al petrolio?
    Brunella

  13. Gentile Brunella, per quel poco che so io, esistono in effetti “veicoli” ad aria compressa (muletti per magazzini, veicoli per ambienti a rischio esplosione come miniere etc), ma di autonomia assolutamente limitata.
    Qualche mio collega potrà senz’altro dimostrare, da calcoli termodinamici, l’energia accumulabile in, che so, 50 o 100 litri di bombola anche ad altisssima pressione (fino a 700/1000 atm, ma sarebbero bombole ben pesanti !) non possa (ad occhio, secondo me) competere per quantità con quella immagazzinata in buone batterie moderne o in combustibili liquidi, tradizionali o “verdi” che siano.
    Claudio, tu che sei bravissimo in queste cose, batti un colpo se vuoi !

    • Caro Stefano hai già detto tu tutto l’essenziale; EOLO non funziona; sembra che l’espansione del gas lo raffreddi troppo e costituisca un serio problema in quanto produce condensa o perfino congelamento all’uscita; un vecchio articolo del CICAP: https://www.cicap.org/n/articolo.php?id=273245 e anche su wikipedia: https://it.wikipedia.org/wiki/Eolo_(auto); una disamina più lumga qui: https://attivissimo.blogspot.com/2006/03/eolo-auto-scomparsa.html

    • Immagina di poter scegliere un auto che si ricarica da una banale presa… O da un compressore che fa rumore per tutta notte e non te lo puoi portare dietro (in vacanza)

    • Aggiungi i problemi descritti da devoldev.
      Aggiungi che i sistemi pneumatici sono utilizzatissimi a livello industriale, nell’automazione… E che questi problemi sono già noti.
      Ho fatto anch’io l’esperienza di usare una motosega pneumatica per potare un grosso albero….
      La temperatura esterna era di circa 5°C e la motosega congelava…. Dovevo fermarmi a scaldarla!
      E quì parliamo di roba “piccola” alimentata con aria compressa a solo 10bar

      Delle volte servirebbe un po’ di modestia: invece di pretendere la soluzione a tutti i mali ci si accontentasse…
      Il sistema so che viene usato in miniera: dalla superficie viene compressa dell’aria che in profondità oltre a muovere carrelli e macchinari porta una “boccata di aria fresca”

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