La sostenibilità, il messaggio di Mentone e la “legge Sullo”.

Claudio Della Volpe

Nel raccogliere i materiali per questo post, in cui vi parlo del cinquantenario della conferenza ONU sullo Human environment che vide la costituzione del programma Onu sull’ambiente (UNEP) e delle iniziative che si sono sviluppate a riguardo ho cercato di ricostruire un po’ l’ambiente culturale di quel momento.

Erano anni tumultuosi che seguivano l’esplosione sessantottina nel mondo, ma anche anni in cui si erano fatti strada idee e concetti rivoluzionari; basti pensare che quel medesimo 1972 vide la pubblicazione di Limits to growth, l’opera collettiva, voluta dal Club di Roma , fondato da Aurelio Peccei (un manager FIAT) e portata avanti dalle menti più brillanti dell’MIT, i coniugi Meadows, Jorgen Randers; la nostra folta rappresentanza a quella conferenza era capeggiata da un ministro democristiano (dell’Università), Fiorentino Sullo, un democristiano abnorme che aveva legato il suo nome ad una proposta di legge (data 1963!!) che vi ricordo più avanti e che non passò e alla cui sconfitta dobbiamo molti dei disastri cosiddetti “naturali” che poi si sono verificati nel nostro paese.

http://www.aladinpensiero.it/?p=15812

Il giornalista Enrico Lobina scrive a riguardo:

La riforma prevedeva la prevalenza, nella pianificazione urbanistica, dell’interesse generale rispetto a quello privato. La rendita è un guadagno non legato al lavoro, bensì al semplice possesso di un terreno, che per qualche ragione aumenta di valore. L’aumento è legato al fatto che un PUC stabilisce che in quel terreno, dove prima non si poteva costruire, ora si può. In linea di massima, questo atteggiamento ha fatto del male alle città, a chi ci abita ed al paesaggio.
Fiorentino Sullo voleva riportare quella rendita nella sfera del pubblico, mediante uno schema di appropriazione pubblica della rendita. Per dare un senso della portata della riforma, si sappia che il tentativo di colpo di stato del generale De Lorenzo, progettato in quegli anni, non aveva come obiettivo principale il centrosinistra dei primi anni sessanta, come molti hanno scritto e sostenuto, bensì la riforma Sullo.

Non so se sia credibile l’ipotesi sul colpo di stato De Lorenzo, “il tintinnar di sciabole”, ma quel che è certo è che esistevano nel nostro paese, come in molti altri, menti sveglie che avevano compreso come lo sviluppo del dopoguerra non era tutto rose e fiori e doveva essere gestito e controllato con una programmazione pubblica, che sottolineasse gli interessi collettivi e li considerasse prevalenti su quelli privati (art. 41 della Costituzione).

Se ci pensate la situazione è del tutto cambiata oggi e quel generoso tentativo è stato sconfitto.

Il pensiero unico del PIL oggi è l’idea prevalente di mondo; non abbiamo ministri che si battano per interessi collettivi. La Costituzione è subordinata a regole “europee” che prevedono che il mercato e il profitto siano l’elemento dominante.

Oggi abbiamo un ministro dell’ambiente e della transizione tecnologica che è un “tecnico”, un manager, in aspettativa, della maggiore industria italiana di armi, la Leonardo, dei cui conflitti di interesse ambientali abbiamo già parlato in altro post, e nessun italiano figura fra gli autori dei testi e degli articoli di cui parleremo. Alla conferenza di commemorazione UNEP la capodelegazione era un sottosegretario, Ilaria Fontana.

Nature ha celebrato il 50esimo della fondazione UNEP con un breve articolo (Nature | Vol606 | 9June2022 | p. 225 ) intitolato Why are world leaders ignoring sustainability? di cui vi riporto il testo integrale.

Cinquant’anni fa, le Nazioni Unite tennero la loro conferenza sull’ambiente umano a Stoccolma. Questo evento storico ha dato al concetto di sviluppo sostenibile il suo primo riconoscimento internazionale. La Svezia e l’ONU hanno segnato l’occasione la scorsa settimana con un incontro commemorativo, Stoccolma+50. Nel marzo 1972, un team di ricercatori e politici pubblicò The Limits to Growth, uno dei primi rapporti a prevedere conseguenze catastrofiche se gli esseri umani avessero continuato a sfruttare la limitata offerta di risorse naturali della Terra. La conferenza di Stoccolma è seguita pochi mesi dopo e ha portato all’istituzione del programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (UNEP), con sede a Nairobi. L’UNEP ha continuato a facilitare una nuova legge internazionale — il protocollo di Montreal del 1987 per eliminare gradualmente le sostanze che riducono lo strato di ozono — e ha co-fondato il Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici (IPCC).

Ha contribuito alla definizione dei primi piani d’azione per lo sviluppo sostenibile attraverso accordi internazionali di riferimento sulla biodiversità, il clima e la desertificazione. Ma ci sono stati errori e opportunità mancate. L’istituzione di più agenzie e strumenti politici ha creato un sistema di governance disarticolato. I ministri dell’ambiente di nuova creazione esercitavano poco potere. Nei bilanci nazionali, la protezione dell’ambiente è stata isolata da sviluppo economico e preoccupazioni sociali. E così, 50 anni dopo quell’importante conferenza, il mondo rimane in crisi. Con le imminenti crisi climatiche e della biodiversità, gli avvertimenti fatti da pochi visionari sono sempre più realistici. Stoccolma+50 ha promesso “raccomandazioni chiare e concrete e messaggi per l’azione a tutti i livelli”. Più di 90 ministri hanno partecipato, ma solo circa 10 capi di governo. E’ stata un’occasione mancata per un’azione ad alto livello.

I leader mondiali sono necessari perché la loro presenza segnala che la sostenibilità rimane in cima alle loro agende. In vista della conferenza del 1972, 2.200 scienziati ambientalisti firmarono una lettera — chiamata Messaggio di Mentone — all’allora segretario generale delle Nazioni Unite U Thant. I firmatari avevano la sensazione che il mondo si stesse muovendo verso molteplici crisi. Hanno sollecitato “una massiccia ricerca sui problemi che minacciano la sopravvivenza dell’umanità”, come la fame, le guerre, il degrado ambientale e il degrado delle risorse naturali. I ricercatori possono ora unirsi a un successore del Messaggio di Mentone che è stato organizzato dall’International Science Council, la rete scientifica globale Future Earth e lo Stockholm Environment Institute. In un opuscolo aperto rivolto ai cittadini del mondo, gli autori scrivono: “Dopo 50 anni, l’azione a favore dell’ambiente sembra un passo avanti e due indietro. Il mondo produce più cibo del necessario, eppure molte persone soffrono ancora la fame. Continuiamo a sovvenzionare e investire nei combustibili fossili, anche se l’energia rinnovabile è sempre più conveniente. Estraiamo risorse dove il prezzo è più basso, spesso in diretto disprezzo dei diritti e dei valori locali” (vedi https://science4stockholm50.world). I leader mondiali devono ascoltare la comunità di ricerca e accettare le prove e la narrativa offerte per aiutarli a navigare in un cambiamento significativo. La sostenibilità ambientale non ostacola la prosperità e il benessere, anzi, è fondamentale per loro. Le persone al potere devono sedersi e prendere nota.

In quella lontana occasione fu anche lanciato un proclama, firmato da 2200 scienziati, il cosiddetto “messaggio di Mentone”, che in realtà era stato scritto e consegnato all’allora segretario dell’ONU, il mitico U-Thant nell’anno precedente e che comparve nella rivista UNESCO, The UNESCO Courier luglio 1971. Come potete vedere dall’immagine era diretto “ai nostri 3miliardi e mezzo di vicini del pianeta Terra”.

Tra i 2.200 firmatari del saggio di Mentone ci sono quattro premi Nobel (Salvador Luria, Jacques Monod, Albert Szent-Gyorgyi e George Wald), e nomi famosi del mondo della scienza come Jean Rostand, Sir Julian Huxley, Thor Heyerdahl, Paul Ehrlich, Margaret Mead, René Dumont, Lord Ritchie-Calder, Shutaro Yamamoto, Gerardo Budowski, Enrique Beltran e Mohamed Zaki Barakat. I partecipanti erano fondamentalmente appartenenti ai settori biologico ed ambientale.

Cosa diceva il messaggio di Mentone?

Gli scienziati mettevano in guardia i loro “vicini” dal fatto che vari grandi problemi si andavano fondendo per costituire un gigantesco rischio per il benessere e perfino per la sopravvivenza dell’umanità.

I problemi indicati erano: il deterioramento ambientale causato dall’inquinamento di quelli che erano allora composti liberamente scaricabili ma sono poi diventati proprio grazie al cosiddetto accordo di Stoccolma “la sporca dozzina”, ma anche legato alla prospettiva dell’uso ancora maggiore dell’energia nucleare di fissione e al crescente inquinamento delle città; l’impoverimento delle risorse naturali, a partire da quelle energetiche ma anche minerali, legato ad un enorme sovrasfruttamento in un pianeta finito e non infinito, l’uso sconsiderato del suolo quasi completamente occupato da infrastrutture umane; l’eccesso di popolazione, il sovraffollamento e la fame, dato che secondo il documento nemmeno nelle migliori condizioni la Terra avrebbe potuto garantire consumi a tutti gli uomini in linea con quelli dei paesi più ricchi, ed infine la guerra.

A proposito della guerra il documento diceva:

È chiaro che non è sufficiente attribuire la guerra alla naturale belligeranza dell’umanità quando gli uomini sono di fatto riusciti a stabilire in alcuni punti società stabili e relativamente pacifiche in aree geografiche limitate. Nel nostro tempo è evidente che i pericoli della guerra globale si concentrano su due punti: la disuguaglianza che esiste tra le parti industrializzate e non industrializzate del mondo e la determinazione di milioni di esseri umani impoveriti a migliorare la loro sorte; la competizione per il potere e il vantaggio economico tra gli stati-nazione anarchici che non vogliono rinunciare agli interessi egoistici per creare una società più equa.

Riguardo alla soluzione dei problemi il messaggio era alquanto ampio e preciso perché iniziava citando casi in cui gli uomini avevano dato prova di poter lavorare efficacemente e su grande scala: la costruzione della bomba atomica, la ricerca spaziale sia in USA che in URSS; questa stessa capacità organizzativa avrebbe dovuto essere applicata alle situazioni critiche dell’umanità, ma con una priorità più alta ancora. Il documento invitava le nazioni più ricche che avevano beneficiato di più delle risorse a mettersi alla testa di tali azioni di cambiamento.

Quattro punti basilari erano esplicitati:
Una moratoria sulle innovazioni tecnologiche i cui effetti non possiamo predire e che non sono essenziali per sopravvivenza umana. (nuovi sistemi d’arma, trasporti di lusso, pesticidi nuovi e non testati, la fabbricazione di nuove materie plastiche, la creazione di vasti nuovi progetti di energia nucleare, ecc. progetti di ingegneria ecologicamente non studiati, lo sbarramento di grandi fiumi, la “bonifica” della terra della giungla, i progetti minerari sottomarini, ecc.)

-L’applicazione dei controlli sull’inquinamento esistenti alla produzione di energia e all’industria in generale, al riciclaggio su larga scala dei materiali al fine di rallentare l’esaurimento delle risorse e alla rapida conclusione di accordi internazionali sulla qualità ambientale, soggetti a revisione man mano che le esigenze ambientali diventano più pienamente note.

Programmi intensificati in tutte le regioni del mondo per frenare la crescita della popolazione, nel pieno rispetto della necessità di raggiungere questo obiettivo senza abrogare i diritti civili. E’ importante che questi programmi siano accompagnati da una diminuzione del livello di consumo da parte delle classi privilegiate e che si sviluppi una distribuzione più equa del cibo e di altri beni tra tutte le persone.

Indipendentemente dalla difficoltà di raggiungere accordi, le nazioni devono trovare un modo per abolire la guerra, disinnescare i loro armamenti nucleari e distruggere le loro armi chimiche e biologiche. Le conseguenze di una guerra globale sarebbero immediate e irreversibili, ed è quindi anche responsabilità degli individui e dei gruppi rifiutarsi di partecipare a ricerche o processi che potrebbero, se utilizzati, portare allo sterminio della specie umana.

Occorre dire che da allora ad oggi alcuni e limitati accordi su questi punti sono stati trovati ed applicati, basta ricordare gli accordi sul buco dell’ozono (Montreal) o sui terribili 12 (Stoccolma) o gli accordi sulla moratoria nucleare.

Tuttavia le cose basilari sono rimaste sul tappeto perché alcuni punti di vista non hanno fatto breccia nelle menti e nella pratica umana, soprattutto della parte più ricca della popolazione.

Riassumerei così il testo di un nuovo messaggio scritto in questa occasione (1 giugno 2022) dallo International Science Council, dove fra l’altro si dice:

In primo luogo, il pensiero individualista, materialista, sfruttatore a breve termine ci ha portato a perdere di vista il bene pubblico. Il consumismo e l’auto-indulgenza sono glorificati, mentre si traducono in cattiva salute, ingiustizia e apatia.

In secondo luogo, concentrarsi sulla crescita economica distrae dal raggiungimento del benessere e della felicità. La crescita incontrollata distrugge le nostre risorse condivise. Allo stesso modo, sebbene l’innovazione tecnologica ci abbia permesso di eludere alcuni limiti naturali, la convinzione che possiamo piegare tutta la natura alla nostra volontà attraverso l’uso illimitato delle nuove tecnologie è un’illusione.

In terzo luogo, le attuali istituzioni economiche, politiche e sociali ci stanno deludendo

Concluderei come concludeva il primo messaggio, quello di Mentone

La Terra, che è sembrata così grande, ora deve essere vista nella sua piccolezza. Viviamo in un sistema chiuso, assolutamente dipendenti dalla Terra e gli uni dagli altri per le nostre vite e quelle delle generazioni successive. Le molte cose che ci dividono sono quindi infinitamente meno importanti dell’interdipendenza e del pericolo che ci uniscono. Crediamo che sia letteralmente vero che solo trascendendo le nostre divisioni gli uomini saranno in grado di mantenere la Terra come loro casa. Le soluzioni ai problemi reali dell’inquinamento, della fame, della sovrappopolazione e della guerra possono essere più semplici da trovare rispetto alla formula dello sforzo comune attraverso il quale la ricerca di soluzioni deve avvenire, ma dobbiamo fare un inizio.

Ringrazio il collega Pino Suffritti che ha portato alla mia attenzione la riunione di Stoccolma+50.

3 pensieri su “La sostenibilità, il messaggio di Mentone e la “legge Sullo”.

  1. Tra i geologi il ministro Sullo è noto per la legge n.15 del 3 gennaio 1960: Completamento ed aggiornamento della Carta Geologica d’Italia (alla scala 1:100.000. Infatti, tale progetto di cartografia, necessario per un paese moderno, era iniziato nel 1884 con la pubblicazione dei primi fogli in Sicilia, dove allora si aveva il primato mondiale della produzione di zolfo. Dopo le interruzioni dovute ai due conflitti mondiali, con un finanziamento strutturale la legge Sullo permise al paese di completare il rilevamento e la pubblicazione dei 276 fogli (su 277) che coprono l’intero territorio nazionale, terminati nel 1976.
    Negli anni ’90 è partito un nuovo progetto di cartografia geologica (CARG) ad una scala più operativa (1:50.000), che consenta di avere uno strumento di base (digitalizzato e pertanto aggiornabile) su cui fondare la protezione del territorio dalle calamità (naturali?), ma con uno stanziamento una tantum che ben presto si è rivelato insufficiente. Dopo un ventennio di pausa senza alcuna guerra mondiale in corso (speriamo il conflitto ucraino non accenda una tale miccia), il Pnrr ha previsto poche briciole appena sufficienti per portare la copertura dei nuovi fogli dal 45% al 50% del territorio. Appare evidente l’inconsistenza dei rappresentanti politici attuali rispetto a molti di quelli del secolo scorso. Dario Zampieri

  2. Grazie Claudio per il tuo post : conoscevo Stoccolma, ma non Mentone. Documenti profetici !
    Che dire ? Le solite cose, purtroppo, sull’inconsistenza degli uomini “al comando”, e sull’asservimento della politica all’economia. Di Sullo non conoscevo se non il nome, ero troppo piccolo (classe ’56) per ricordarne l’operato.
    Certo non posso che ripensare ad una conferenza (si era ai tempi dei referendum sull’acqua pubblica) sulla “Tragedy of Commons” nella quale i colleghi Economisti (l’allora rettore , Economista, in testa) ci spiegavano l’assurdo economico dell’esistenza del Central Park a New York, che in teoria valeva stramiliardi di dollari come terreno potenzialmente edificabile, ed invece neppure si pagava (paga) il biglietto d’entrata corrispondente al reddito possibile ottenibile all’anno (probabilmente qualche decina o centinaia di dollari l’uno).
    Se si demandano le decisioni globali a uomini di tal fatta (e tale etica), piuttosto che “usarli” come tecnici per fini stabiliti dalla politica a vantaggio delle comunità, cosa possiamo aspettarci di buono dal futuro ?
    Ancora grazie, Claudio.

  3. Bel pezzo. E’ sempre interessante conoscere certi retroscena della politica pubblica italiana che, anche in quell’epoca, fece non pochi danni. L’inconsistenza sembra davvero l’unica costante…

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