La Chimica.

Nota: si ricorda che le opinioni espresse in questo blog non sono da ascrivere alla SCI o alla redazione ma al solo autore del testo 

a cura di Luigi Campanella, ex-Presidente SCI

La chimica è forse il più antico tra i saperi dell’uomo. Perché nasce, come pratica, centinaia di migliaia di anni fa, non appena la specie homo riesce a controllare il fuoco e le trasformazioni della materia che produce. La chimica come scienza, tuttavia, è molto più giovane e nasce, sostengono molti storici, solo nel XVII secolo dell’era cristiana. Quando il sapere chimico si affranca dall’esoterismo del sapere alchemico e si propone come scienza fondata sulle «sensate esperienze» e sulle «certe dimostrazioni», utilizzando come strumento principe la bilancia.

Ma di cosa si occupa questo nuovo eppure antico sapere? «La chimica è un’arte – scriveva nel 1610 il farmacista francese Jean Beguin in un libro, Tyrocinium Chimicum, che può essere considerato uno degli atti fondativi della nuova scienza – il cui oggetto è il corpo misto e composto, non in quanto mobile, per­ché sotto questo aspetto esso appartiene alla fisica, ma in quanto è solubile e coagulabile».

tyrocinium_chymicumJean Beguin individua uno spazio tra la scienza che studia i corpi e il loro moto, la fisica, e la scienza che studia la materia vivente, la medicina (oggi la chiameremmo biologia). Questo spazio riguarda i corpi misti e composti, cioè tutta la grande varietà di materia con la quale abbiamo a che fare nella nostra vita quotidiana, ma non in quanto mobile, cioè in quanto materia che si muove. Se si muove, dice, è un problema dei fisici. A noi interessa la materia solubile e coagulabile, cioè la materia che si trasforma. Come un albero, bruciando, diventa in parte gas (anidride carbonica) e in parte liquido (acqua). Come un acido aggressivo (l’acido solforico) reagisce con un metallo inerte, per esempio il rame, e insieme si trasformano in un sale: il solfato di rame, efficace nella lotta a un fungo, la peronospora, che attacca la vite.

Alla fine dell’Ottocento i chimici hanno già riconosciuto la natura atomica e molecolare della materia che manipolano. E i chimici conoscono le leggi fondamentali che regolano la struttura e le trasformazioni della materia. Riescono a predire l’esistenza e persino il comportamento degli atomi e delle molecole.

Ma non sanno ancora bene né cosa sia un atomo o una molecola, né quali siano le cause di quei comportamenti.

La svolta si realizza tra il 1916 – quando Gilbert Newton Lewis propone che il legame chi­mico consista in una coppia di elettroni condivisa da due diversi atomi – e la fine degli anni Venti, quando i fisici gettano le fondamenta fisico-matematiche della nuova meccanica quantistica, cioè della scienza che spiega il comportamento della materia a livello microscopico. Cosi nel 1939 il chimico americano Linus Pauling può pubblicare un libro, “The Nature of Chemical Bond“, dove può finalmente spiegare, in termini quantistici, che cos’è il legame chimico, ovvero come e, soprattutto, perché gli atomi si combinano tra loro per formare molecole.

Linus_Pauling_1962La chimica però si occupa anche delle proprietà collettive della materia. Ovvero di proprietà che non sono la semplice somma delle proprietà degli oggetti che la compongo.

L’acqua che beviamo, lo sanno tutti, è un liquido. Ma nessuna singola molecola d’acqua è liquida. La «liquidità» è una proprietà collettiva delle molecole d’acqua, una caratteristica che emerge quando molte molecole di acqua si riuniscono insieme in certe condizioni ambientali (tra 0 e 100 °C di temperatura alla pressione di un’atmosfera).

In questo secolo la chimica ha anche assunto il ruolo di scienza di base per molte altre discipline che si sono sviluppate partendo dai suoi principi. La conoscenza chimica è infatti uno strumento, un linguaggio, una filosofia naturale, utilizzata da tutte le altre scienze. In questo senso oggi la chimica è uno strumento per il lavoro scientifico, cosi come da tempo lo sono la matematica e la fisica.

Nelle scienze dei materiali e nelle cosiddette nanotecnologie, per esempio. Per tutto il XX secolo e, ancor più, adesso la chimica ha prodotto e continua a produrre nuovi materiali che hanno profondamente modificato e migliorato il nostro modo di vivere: dalla plastica alle gomme, dai fertilizzanti per l’agricoltura ai medicinali di sintesi, dalle nuove leghe metalliche, alle ceramiche, alle fibre di carbonio. Oggi le nanotecnologie sono considerate – insieme alle biotecnologie e alle tecnologie informatiche – il triangolo su cui si fonda la società (e l’economia) della conoscenza. Le nanotecnologie altro non sono che chimica applicata a livello atomico e molecolare.

La moderna biologia, peraltro, è biologia molecolare. E quest’ultima altro non è che un modo diverso di chiamare la “chimica biologica”, inaugurata da Lavoisier alla fine del XVIII secolo. D’altra parte le cellule sono delle vere e proprie fabbriche chimiche, in cui in maniera incessante le molecole vengono metabolizzate (distrutte) e sintetizzate (prodotte). Tutte le biotecnologie, pertanto, sono una speciale applicazione della chimica.

La verità è che troviamo la chimica – e i chimici – dappertutto. Nello spazio, per esempio. Dove una speciale disciplina, l’astrochimica, guarda al cosmo come a un produttore di sostanze chimiche semplici e complesse. Gli astrochimici hanno individuato centinaia di composti «fabbricati» sui pianeti, sulle comete e sugli asteroidi, persino nelle nuvole galattiche. Alcuni nuovi composti, come i cosiddetti “fullereni” sono stati poi sintetizzati sulla terra per ottenere nuove applicazioni.

astro2Ma la chimica la troviamo, eccome, anche sulla Terra. La “chimica ecologica” è uno stru­mento indispensabile per gli scienziati che cercano di capire le relazioni tra gli esseri viventi e l’habitat in cui vivono. E sempre la chimica è lo strumento indispensabile per capire come funziona il pianeta Terra e, in particolare, quella sua piccola ma decisiva parte che chiamiamo biosfera. È grazie ai lavori di grandi chimici – da Svante Arrhenius all’inizio del XX secolo a Crutzen, Molina e Rowland alla fine del secolo – che abbiamo capito come funziona il clima del pianeta Terra e come l’uomo, con i suoi comportamenti, ne sta accelerando le dinamiche.

fosforo25Certo, un uso improprio dei nuovi composti sintetizzati dai chimici, o dei metodi di pro­duzione troppo rivolti al profitto e poco attenti alle con­seguenze, hanno avuto ed hanno tuttora un forte impatto ambientale. Ma è anche vero che per limitare questo impatto c’è bisogno di tutto il sapere e di tutto l’impegno dei chimici, e di una maggiore conoscenza della chimica e consapevolezza del suo modo di operare da parte di tutta la società.

2 pensieri su “La Chimica.

  1. Bello, appassionato, complimenti (anche se mio Padre sosteneva che fosse il suo, quello dell’ingegner-muratore il mestiere più antico …)!
    Ma forse c’è di più! Siamo stati condannati a considerare l’alchìmia come una forma di sapere pre- o non-scientifico, le cui tenebre sono state rotte dalle sensate -e quantitative- esperienze del finanziere Lavoisier (in precedenza, nessun filosofo naturale aveva collegato al bilancio di massa la composizione delle diverse sostanze).
    Il programma alchemico “ciò che è in alto è in basso, e ciò che è in basso è in alto” coincide -addirittura letteralmente- con quello che si è dato la scienza fisica riduzionistica nella quale siamo cresciuti: uguali leggi per i sassi, gli spaghi, i pianeti e il sole, le righe spettrali che portano qui, sulla terra, la composizione materiale del sole, la scala di complessità crescente nella composizione della materia determina l’emergere dei processi vitali.
    Checchè possa apparirci nei momenti di sconforto, la “nostra” vittoria intellettuale è nelle parole del quotidiano, e addirittura il modello neurofisiologico-comportamentale su base chimico-fisica ha emarginato quello psicologico: è “chimica”, o manca, ogni interazione umana, di volta in volta adrenalinica, testosteronica, destinata ad essere modulata per via vitaminica, …
    Esserci intellettualmente rattrappiti, rinunciando all’orgoglio filosofico (quale professore oserebbe oggi sfidare i lazzi degli studenti e i sorrisini di compatimento dei colleghi per l’arroganza di dichiarare, il suo, un insegnamento di “filosofia chimica”, come Cannizzaro?), ci ha fatto esonerare soprattutto dalla facoltà di intervenire -da chimici, non da ospiti casuali- nel dibattito sul nesso ambiente (chimico!)-salute. La fisiologia, la farmacologia, la tossicologia, la prevenzione dei rischi chimici ormai appartengono solidamente ad altre mani ed altre menti, ed esse tanto poco hanno potuto avanzare intellettualmente, che l’intera materia della prevenzione dei rischi chimici è virtualmente tramontata anche dalla formazione universitaria.
    Anche la gilda professionale dei Chimici praticanti -l’Ordine dei Chimici, appunto- è sul punto di essere legittimata non più che come “arte ausiliaria della salute”, passando il suo controllo dal Ministero della Giustizia a quello della Salute (al provvedimento, ancora però in mani parlamentari, ha plaudito il vertice dell’Ordine!).
    La vittoria intellettuale è stata così vasta da trasformarsi, paradossalmente, in quella detta “di Pirro”: se tutto è Chimica, diviene oggettivamente difficile difendere il perimetro, illimitato, dell’impero intellettuale. Credere di essere l’unica Scienza che ha il nome di un’industria (in realtà, non l’unica, ma è viceversa, quella chimica è l’unica industria legittimata da una specifica forma di sapere) e, per alcune generazioni, comportarsi di conseguenza, è stata una delle opzioni, storicamente determinate ed implicitamente accettate, ma non l’unica. Rivendicare il ruolo di scienza centrale anche ripensando al modo in cui ri-colonizzare i territori abbandonati è certamente uno dei compiti che il nostro associazionismo scientifico e professionale può (e forse deve) affrontare.
    Grazie dell’attenzione, cordialmente
    FMRubino

  2. Pingback: Cos’é la chimica  – apoMaio

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