Microparticelle nei cosmetici.

Luigi Campanella, già Presidente SCI

Ecobiocontrol è il portale che da quasi due decenni ha un ruolo di orientamento verso acquisti di detergenti e di cosmetici rispettosi del principio di sostenibilità, un vero proprio punto di riferimento (su base scientifica ovviamente). E’ un luogo di discussione e con il quale confrontare le formulazioni di detergenti per la casa e cosmetici, tramite l’Ecobiocontrol dizionario.
L‘Agenzia Europea per le Sostanze Chimiche (ECHA) non sembra impegnarsi troppo sull’argomento….; in effetti ha elaborato una proposta rivolta alle tecnologie di produzione ed impiego di microparticelle solide solubili ed insolubili per cosmetici e detergenti come anche alle regole transitorie verso soluzioni migliori delle attuali. L’associazione della piccole e media impresa europea con il sostegno di alcuni ricercatori ha commentato criticamente attraverso il portale suddetto questa proposta giudicandola asservita ad interessi economici e causa di un vistoso rallentamento dei processi innovativi in atto, giustificando attraverso il rischio accettabile atteggiamenti in contrasto con una politica amica dell’ambiente che nelle ultime decadi ha trovato anche il supporto di soluzioni tecnico-scientifiche.https://tg24.sky.it/ambiente/2018/01/22/cosmetici-microplastiche.html

La posizione che emerge non è aprioristicamente contraria all’utilizzo di micro particelle applicate a cosmetici e detergenti, ben consapevole che da questro utilizzo possono derivare funzionalità e convenienza. La convinzione espressa è che è sicuramente possibile sostituire i materiali esistenti largamente irrispettosi dell’ambiente con altri più rispondenti alle esigenze degli ecosistemi, ma per remare a favore, e non contro, delle correnti raccomandazioni e direttive con soluzioni reali è richiesto che il metabolismo dei sistemi naturali sia sempre considerato il punto di partenza.

Da questo si possono dedurre quali tipi di materiali, in quali forme e di quanto di essi possa essere fatto uso senza sfidare e compromettere i processi biotici ed abiotici del nostro pianeta.

Ciò premesso cosa ECHA intende per microplastiche? Si tratta di particelle con una dimensione minore di 5 mm di plastica macromolecolare insolubile ottenuta per polimerizzazione, modificazione chimica di macromolecole naturali o sintetiche, fermentazione microbica. C’è subito da osservare nella forma che, al di là della completezza, tale definizione adottata dall’ECHA è solo valida per prodotti volontariamente sottomessi ai suoi criteri, non per ogni prodotto introdotto sul mercato. Nel merito poi della sostanza vengono esclusi da essere considerate microplastiche i polimeri naturali non modificati, tranne che per idrolisi ed i polimeri biodegradabili. Con riferimento allo smaltimento non si può non notare che la raccomandazione alle 3R contenuta nella proposta (ridurre,riusare,riciclare) mal si adatta a sostanze come cosmetici e detergenti per la presenza in essi di numerosi eccipienti non riciclabili: solo una stretta selezione degli ingredienti e delle materie prime nelle fasi di sviluppo e produzione ed un’attenta sorveglianza e guida del consumatore possono implementare i criteri di protezione ambientale. Come conseguenza delle precedenti carenze rifiuti insufficientemente degradati raggiungono i mari e gli oceani in tempi variabili in dipendenza dalle situazioni diverse dei fiumi, ma mediamente valutabili per i fiumi europei in un paio di giorni. Passando alla composizione nel Mediterraneo le particelle di dimensione maggiore di 700 micron sono costituite per oltre la metà da polietilene e per un quinto da polipropilene; si ritrova ancora relativamente poco polivinilalcool, ma la sua presenza è crescente e questo deve preoccupare perché con le nuove tecnologie applicate ai polimeri naturali rinnovabili questo composto è fortemente lucrativo a causa del suo carattere di biodegradabilità in certe condizioni microbiche. Il punto più debole della proposta ECHA è nei test di biodegradazione che riproducono quelli ufficialmente riconosciuti ma estendendone i cicli a 90-120 giorni in luogo dei 28 previsti usualmente ed innalzandone le temperature sperimentali fino a più di 30°C. I test sono stati sviluppati per biodegradare tensioattivi solubili, non microplastiche insolubili. Con le microplastiche solubili è la stessa solubilità un segno di degradabilità. Le microplastiche, sia solubili che insolubili, dovrebbero essere testate con metodi appropriati. La microplastica media attuale non può essere degradata in condizioni aerobiche ed anaerobiche in tempi talmente brevi da mantenere l’ambiente in buone condizioni. Non ha quindi senso puntare a cicli di degradazione lunghi e per di più in condizioni di temperatura irrealistiche. In più l’attuale trattamento delle acque reflue non consente la separazione fra microplastiche solubili ed insolubili prima del rilascio dell’effluente nel sistema acquatico collettore ed i tempi di ritenzione negli impianti di trattamento delle acque reflue sono troppo brevi per consentire la degradazione.

Il documento conclude chiedendo che, secondo una scelta che pare ovvia e di buon senso comune, venga proibito il rilascio nell’ambiente di materiali aggiunti intenzionalmente, incluse le micro particelle, sia in forma solubile che insolubile, quando questi non soddisfano stretti criterihttps://tg24.sky.it/ambiente/2018/01/22/cosmetici-microplastiche.html

-provenienza da fonti rinnovabili

-trasformazione per via fisica o chimica,ma secondo i criteri della Green Chemistry

-assenza di addittivi indesiderati o dannosi

– bassa tossicità acquatica

-pronta degradabilità in condizioni aerobiche ed anaerobiche o compostabili

-assenza di rilascio di metaboliti stabili dopo la degradazione o il compostaggio

Questi criteri sono focalizzati sulla prevenzione e rispondono al primo e più importante principio della Green Chemistry: prevenire il rifiuto è meglio che trattarlo o eliminarlo dall’effluente. Esistono ormai in commercio parecchie molecole che soddisfano questo profilo. I costi sono spesso maggiori, ma nelle valutazioni economiche ci si dimentica sempre dei costi ambientali. La piccola e media impresa in questo senso viene spesso frenata nell’adozione di innovazioni dagli interessi dei grossi produttori generalmente più conservatori.

2 pensieri su “Microparticelle nei cosmetici.

  1. Grazie della condivisione!
    L’echa inizierà il dibattito il 20settembre, se qualcuno vuole sostenere la mobilitazione di Ecobiocontrol in merito alle microplastiche può scivere a questo contatto https://echa.europa.eu/it/contact/other
    Ancora per pochi giorni.
    Grazie ancora e a presto!
    Sara (Mammachimica)

  2. Pingback: Un enzima che degrada il legame C-F! | La Chimica e la Società

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