La storia e la geografia delle emissioni di CO2.

Claudio Della Volpe

La recente fine di COP26 stimola riflessioni non solo sul sistema climatico ma soprattutto sul nostro modo di reagire al problema del GW (global warming, ossia riscaldamento globale, anche se non è solo riscaldamento, ma per esempio acidificazione dell’oceano).

Per fare questo mi pare doveroso capire come mai vari paesi reagiscano diversamente e apparentemente in modo deludente alla situazione; possiamo ricostruire grazie al lavoro di tanti scienziati e di vari gruppi ambientalisti la storia dell’accumulo di gas serra ed i dettagli geografici del processo: dove e quando e da chi i gas serra sono stati prodotti e perché; di solito si prende come limite storico di queste analisi il 1751 considerato come l’inizio della “rivoluzione-industriale”, quel processo storico complesso che ha portato alla crescita di importanza e poi al dominio delle merci e della loro produzione sopra qualunque altro modo di produrre e consumare (comunemente  detto capitalismo e ricordiamocelo, non è l’unico modo di produrre le cose) e lo ha fatto usando le tecnologie basate sulla combustione dei fossili, prima carbone, poi petrolio ed oggi gas “naturale”.

Personalmente credo che le cose siano più articolate e che il processo sia iniziato almeno secoli prima con le grandi scoperte geografiche (ne abbiamo parlato a proposito di antropocene ricordando lo “scambio colombiano” e le conseguenze di raffreddamento globale allora innescate), la distruzione dei beni comuni (per esempio le cosiddette enclosures, la recinzione dei terreni comuni (terre demaniali) a favore dei proprietari terrieri della borghesia mercantile avvenuta in Inghilterra tra il XIII ed il XIX secolo e che in varie forma continua ancora oggi attorno a noi, mascherata da altri nomi e processi soprattutto in Africa).

Quasi sempre si ricorda solo la tecnica e non la organizzazione sociale corrispondente, ma ricordiamo che le idee sulla macchina a vapore (pensiamo ad Erone, come raccontato dal grande Lucio Russo ne “La rivoluzione dimenticata” che vi consiglio di leggere se non l’avete già fatto) che ha rivoluzionato il mondo moderno esistevano fin dai tempi della cultura alessandrina insieme con una raffinata tecnologia metallurgica; se la cultura  che produsse la macchina di Antikytera e che conteneva anche le  conoscenze di Erone non arrivò ad usare il vapore, se non per scherzi ed applicazioni da ricchi, un peso lo aveva la struttura sociale dell’epoca basata sullo schiavismo, le macchine erano una curiosità o servivano per la guerra; dunque attenzione: tecnologia e struttura sociale sono connesse. E non lo sono nel senso meccanicistico che la tecnologia cresce indipendentemente e la società le tiene dietro, ma in modo più complesso, ossia tramite un processo di retroazione (feedback) che rende la tecnologia e la struttura sociale interdipendenti.

Ovviamente le cose sono più complesse di come le raccontiamo, i modelli non sono le cose, ma questo quadro può dare qualche idea di come si sia arrivati alla situazione odierna ed anche dei modi in cui i diversi paesi si comportano nel confronto globale delle COP (Conference of Parties, la modalità di confronto scelta dalla nostra società per risolvere problemi globali).

Ed anche, lasciatemelo dire, che il mondo delle merci e del mercato non può affrontare e risolvere il problema del GW e del rapporto uomo-natura in modalità sostenibile. Come l’agricoltura e la rivoluzione industriale hanno corrisposto ad un cambiamento sociale, così la sostenibilità ambientale necessita di una rivoluzione sociale ed economica.

Ma torniamo al tema gas serra. Nel grafico qui sotto vedete come si è evoluta la produzione di CO2 nella storia umana fin dal 1751. Si tratta di un grafico pubblicato qui; i dati sono tratti fa varie fonti: i dati del Carbon Budget Project presentato da Our World in Data, “Emissioni cumulative di CO2 per regione mondiale, 1751-2017. https://ourworldindata.org/grapher/cumulative-co2-emissions-region?stackMode=absolute. [dati 24 aprile 2020]

Emissioni previste per il 2018-19 sulla base del Global Carbon Budget 2019, di Pierre Friedlingstein, et al. (2019), Dati scientifici del sistema terrestre, 11, 1783-1838, 2019, DOI: 10.5194/essd-11-1783-2019.

L’idea base era espressa nel grafico di Frumhoff, Peter. (15 dicembre 2014) fatto sul riscaldamento globale: più della metà di tutto l’inquinamento industriale da CO2 è stato emesso dal 1988, Union of Concerned Scientists. https://blog.ucsusa.org/peter-frumhoff/global-warming-fact-co2-emissions-since-1988-764

Questo grafico fa capire cosa si intenda con “grande accelerazione” un  termine inventato per descrivere i processi ambientali e sociali avvenuti negli ultimi 30 anni e più in generale a partire dagli anni 60 del secolo scorso; quelle emissioni non contengono tutti i gas serra, ma ne contengono una gran parte e rendono esplicito che il processo di emissione non si è arrestato o ha rallentato nonostante la conoscenza della modifica dell’effetto serra sia ormai acquisizione universale almeno fin dal 1997.

La scienza ha idea di questo fenomeno da molto prima.

Il primo lavoro che ha sospettato questo processo non è nemmeno quello più famoso di Arrhenius, ma quello di un geochimico svedese che lo ispirò, Arvid Högbom, che nel 1894 scriveva** (in svedese, così che l’idea rimase confinata, ma fu raccolta da Arrhenius che immaginò, per primo, che l’effetto finale di queste gigantesche emissioni sarebbe stata l’aumento della temperatura terrestre; per correttezza diciamo che una intuizione la ebbe anche una donna ben 40 anni prima, Eunice Foots, nel 1856, ma come sappiamo le donne faticano ancora oggi a farsi sentire):

L'attuale produzione globale di carbon fossile è in cifre tonde di 500 milioni di tonnellate all'anno, o 1 tonnellata per km2 di superficie terrestre. Trasformata in CO2 questa quantità di carbone rappresenta circa la millesima parte della CO2 totale dell'aria».

Il lavoro di Högbom implicava emissioni globali di CO2 dalla combustione del carbone di circa 1,8 GtCO2 nel 1890. Nonostante fosse chiaramente piuttosto approssimativo, questo primo sforzo era notevolmente vicino alla stima contemporanea delle emissioni da carbone all’epoca, circa 1,3 GtCO2.

Sappiamo bene e lo abbiamo scritto ripetutamente che il fuoco era conosciuto prima di Homo Sapiens, da altri ominidi, in particolare da tutte le specie antenate di Homo sapiens che hanno usato il fuoco ed è stato usato per un milione di anni, ma la questione è la scala a cui la combustione è arrivata con la rivoluzione industriale, la quantità diventa qualità trasforma una locale ed innocua combustione in un problema geologico. 

Una serie storica originale basata sull’andamento delle varie stime successive di emissione è proposta in questo grafico di Robbie Andrew, che ha scoperto il contributo di Högbom.

 

Si tratta di un file gif , dunque una immagine che è un piccolo filmato, una sequenza ordinata di immagini automatiche; statelo a guardare per qualche secondo per avere un’idea di come si sono evolute le stime di emissione e dei contributi dei vari fossili. Molto istruttivo. 

Altre rappresentazioni del processo in termini storici possono contenere il contributo ai gas serra di altre parti della nostra produzione, oltre la pura combustione di fossili; per esempio dal sito https://www.carbonbrief.org/analysis-which-countries-are-historically-responsible-for-climate-change

Questa immagine riporta il confronto fra l’emissione combustiva pura e semplice e i processi agricoli, il cui valore assoluto cresce significativamente mentre cresce quello delle combustioni vere e proprie. Se fate caso il valore anno per anno delle emissioni “land” è in media il doppio alla fine del processo, uno dei portati della cosiddetta “rivoluzione verde” che, pur non risolvendo il problema della fame, ha accresciuto la produzione agricola ma ha anche raddoppiato l’emissione di gas serra, e alterato in modo irreversibile il ciclo di azoto e fosforo accrescendo le cosiddette “dead zones”, le zone di ipossia oceaniche in tutte le coste dei continenti.

Le fonti dati sono incluse nell’immagine, che come vedete copre un intervallo di tempo inferiore al precedente, anche a causa della difficoltà di reperire i dati necessari.

Anche qui si conferma che il processo di emissione non ha visto soste dal principio e che anzi c’è stata perfino una crescita dopo il 2000; il picchetto verde che vedete poco prima del 2000 corrisponde agli incendi indonesiani del 1997 che diedero il loro contributo terribile.

Dunque possiamo concludere che il processo di emissione di gas serra da combustione è stato crescente, è legato sia alla produzione agricola che a quella industriale e che finora non è stato fatto alcun serio tentativo di interromperne gli effetti.

Vediamo dove, in quali aree geografiche il processo è avvenuto; ovviamente qua la situazione è complessa in quanto nel corso di quasi tre secoli i confini delle aree politiche sono cambiati continuamente, ci sono stati gli effetti del colonialismo e dunque alcune zone hanno emesso a vantaggio di altre ed infine anche oggi il commercio globale rende complesso attribuire a ciascuna area l’emissione di CO2 legata alla sua propria popolazione. Per non parlare delle quantità pro-capite. Questi dati che vi mostro adesso fanno capire perché alcuni paesi oggi grandi emettitori si rifiutino di aderire a politiche che non tengano conto degli effetti del passato; tenete presente che le quantità emesse da un certo paese in passato possono essere state più piccole di oggi, ma non solo hanno consentito a quel paese di crescere in ricchezza, ma hanno avuto effetti per un tempo maggiore; data la durata dei gas serra in atmosfera (in particolare della CO2), l’emissione in un certo momento impegna il futuro per un tempo rilevante e dunque chi ha emesso prima non solo ha acquisito un vantaggio economico competitivo, ma ha anche avuto effetti per un tempo maggiore sull’assorbimento di radiazione.

Vediamo qui un modo di rappresentare i valori per alcuni paesi riportato su https://www.carbonbrief.org/analysis-which-countries-are-historically-responsible-for-climate-change

Interessante notare che alcuni paesi come il nostro non abbiamo un contributo significativo da parte della voce land; qui le incertezze vengono anche dalle fonti, che comunque sono elencate; i paesi che esportano legno per esempio o che usano metodi estrattivi molto distruttivi come il Canada o la Tailandia vedono al contrario un enorme contributo per questo uso della terra.

Ed infine un grafico che mostra, in modo forse più evidente, il confronto fra le grandi aree mondiali nella produzione di CO2, (mancano i dati su altri gas serra per il modo in cui sono calcolati) ma il confronto fa risaltare però ancora una volta che certi paesi sono grandissimi produttori di CO2 STORICI. Gli USA e l’UE hanno prodotto dall’origine oltre il 20% l’uno del totale e lo hanno fatto anche quando nessun altro lo faceva guadagnando non solo un enorme vantaggio economico competitivo, ma facendo pesare per un maggior tempo l’emissione che dunque vale di più, non solo in proporzione alla quantità emessa ma anche alla durata dell’emissione e dunque del suo effetto climatico complessivo. Anche se un paese come la Cina emette di più adesso, in totale ha emesso meno della metà degli USA, per esempio ed inoltre c’è un altro grafico che ci dice che in parte almeno sta emettendo per altri paesi, dato che vende ad essi quelle merci, una sorta di esternalizzazione delle emissioni.

Comunque è chiaro che questi sono grafici suggestivi ma incompleti, per esempio in quasi tutti manca il metano, ma fanno capire bene la ragione delle polemiche e delle difficoltà che rendono difficile il cammino delle COP ed anche il nostro cammino come società

https://mailchi.mp/3afaa2f62894/energy-bulletin-weekly-60394?e=163e64760c

Da https://www.carbonbrief.org/analysis-which-countries-are-historically-responsible-for-climate-change

** “On the probability of secular changes in the level of atmospheric CO2” (original title: “Om sannolikheten för sekulära förändringar i atmosfärens kolsyrehalt”) pubblicato nel  1894 in Svensk Kemisk Tidskrift (Swedish Chemistry Journal). Per una analisi accurate di questo si veda qui: https://folk.universitetetioslo.no/roberan/t/EarlyEstimates1.shtml

6 pensieri su “La storia e la geografia delle emissioni di CO2.

  1. È vero che i nitrati in eccesso nelle acque formano protossido d’azoto, gas serra centinaia di volte più potente della co2?

    • sostanzialmente si; N2O viene anche dai nitrati denitrificati dai batteri (più nel suolo) e si il suo potere climalterante è 265 volte superiore a quello della CO2 (su un periodo di 100 anni, periodo che ha senso considerare in quanto la sua durata inn atmosfera è superiore al secolo)

      • aggiungo una osservazione squisitamente chimica; N2O ha lo stesso peso molecolare di CO2 ed è isoelettronico con essa, ma ha un potenziale serra molto elevato, una osservazione che mi consentì anni fa di pubblicare un lavoro sulla didattica e la fisica dell’effetto serra a cui sono molto affezionato: Eur. J. Phys. 35 (2014) 025016 (12pp) doi:10.1088/0143-0807/35/2/025016

  2. Ma è quantificabile? Perché mi pare che il mondo agricolo e i comuni senza depuratore ne siano del tutto ignari

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