Glifosato. Dove siamo? Parte 2. Altri fatti e qualche opinione.

Claudio Della Volpe

Nella prima parte di questo post abbiamo presentato alcuni fatti sul glifosato, il più venduto e discusso erbicida del mondo.

In questo secondo post completerò la mia (sia pur personale) descrizione delle cose e commenterò alcune posizioni a riguardo.

Per comprendere le posizioni delle tre agenzie principali di sicurezza mondiali sul glifosato IARC, EFSA ed ECHA, ricordiamo prima di tutto cosa sono rischio e pericolo. Sono termini usati nel linguaggio comune come sinonimi, ma la legge e la tecnica o la scienza li usano in modo diverso e questo comporta una pesante ambiguità specie sui giornali o negli articoli scientifici quando le cose non sono scritte con attenzione. Perfino nella tecnica giuridica le due terminologie si sovrappongono con risultati non esaltanti; per esempio il pericolo concreto e astratto sono termini tecnici della giustizia che sono completamente lontani dal loro senso comune: per caratterizzare il pericolo, il danno potenziale, di lesione del bene giuridico tutelato, si usano tre elementi: i dati di fatto completi dell’evento, le leggi scientifiche che caratterizzano i fenomeni coinvolti e la probabilità che si verifichino. Il pericolo è astratto quando la norma contiene tutti gli elementi necessari alla caratterizzazione del pericolo ed astrae da fatti concreti, la sua applicazione è dunque automatica, mentre è concreto quando la norma rimanda al giudice la necessità di tener conto di tutta un’ulteriore serie di elementi di fatto, concreti appunto, su cui basarsi per formulare una valutazione definitiva. Dunque in un testo giuridico, una sentenza i due aggettivi riferiti a pericolo hanno un senso del tutto diverso dal loro senso comune. Come vedete insomma ce n’è a sufficienza per stare attenti nell’uso di questi termini.

Il pericolo è una qualità intrinseca di un determinato fattore avente il potenziale di causare danni mentre il rischio è la probabilità di raggiungere il livello potenziale di danno nelle effettive condizioni di impiego; in definitiva una cosa può essere pericolosa ma non rischiosa, ossia costituire un pericolo ma non un rischio, avere una valenza mortale ma non essere concentrata a sufficienza: è la dose che fa il veleno, come diceva il vecchio Paracelso. Per questo motivo la botulina che è un veleno potentissimo è anche contemporaneamente alla base di una tecnologia per ristabilire la freschezza dei lineamenti. E’ pericolosa ma il rischio è trascurabile a dosi molto basse, anzi il suo uso è benvenuto.

 

Gli effetti possono essere comunque “nefasti”, certi visi sono stati rovinati da un uso eccessivo o scorretto, ma questo è un altro problema, che non dipende dal botox in se, ma di cui occorre tener conto.

Cosa dicono allora IARC, EFSA ed ECHA?

Nel marzo 2015 lo IARC ha posto il glifosato in classe 2A in un elenco definito dalla immagine qua sotto.

Lo IARC si occupa di pericolo NON di rischio e dunque ci consiglia di stare attenti al Sole che è certamente un pericolo di cancro alla pelle, ma questo pericolo è gestibile attraverso l’uso di opportune metodologie (evitare le scottature, usare creme solari, stare attenti ai nei e alla loro evoluzione, etc) per ridurre il rischio; e così per ogni altra cosa. Lo IARC si occupa solo di valutazioni di pericolo ed usa una metodologia che è molto precisa: solo lavori scientifici pubblicati SENZA conflitto di interesse, dunque solo lavori non supportati in alcun modo dalle aziende produttrici, riunioni in presenza di rappresentanti delle controparti, relazioni finali pubbliche, tuttavia la discussione non è resa pubblica completamente, anche per tenere i singoli rappresentanti lontani dalla pubblicità e dal character assassination che potrebbe venir fuori, esattamente come è venuto fuori per il glifosato.

IARC è il braccio armato contro il cancro dell’OMS, l’organizzazione mondiale della sanità, mentre ECHA, l’altro ente che si occupa di valutazione SOLO di pericolo delle sostanze “chimiche” è una istituzione squisitamente europea; la terza istituzione che si è occupata del tema è l’EFSA che è una istituzione europea che si occupa di rischio per cibo e ambiente.

Capite allora bene che mentre un conflitto fra le conclusioni di EFSA e IARC è tutto sommato accettabile, la cosa è diversa per le conclusioni di IARC e ECHA.

Entrambi questi organismi si occupano solo di pericolo e dunque le loro differenti conclusioni sono da far risalire alle metodologie diverse di valutazione e al set di dati usati; a questo riguardo aggiungo per chiarezza che IARC non separa il glifosato dai costituenti nelle sue valutazioni, ossia valuta il prodotto come viene usato di fatto, mentre ECHA ed EFSA classificano separatamente le varie sostanze e indicano le proprietà solo per il glifosato lasciando agli stati membri di analizzare le conseguenze dell’aggiunta di altri additivi.

E’ interessante a questo proposito leggere cosa dice l’equivalente americano di Federchimica, l’associazione degli industriali della Chimica USA, American Chemistry Council (ACC).

Like IARC, ECHA performed the latter type of evaluation of glyphosate and found there is no evidence the herbicide qualifies as a cancer hazard. The conflicting conclusions between IARC and ECHA are all the more significant considering ECHA even evaluated the same studies that IARC did, in addition to industry data that IARC refused to use. As the ECHA press release notes:“The committee also had full access to the original reports of studies conducted by industry. RAC has assessed all the scientific data, including any scientifically relevant information received during the public consultation in summer 2016.” The comparison of ECHA and IARC’s findings underscores the need for the IARC Monographs Program to improve how it conducts its evaluations of substances. Until its Monographs are based on transparent evaluations of all available scientific evidence, IARC’s findings are of little value.

Ve li lascio in inglese; la conclusione di ACC è che dato che IARC si rifiuta di usare i dati dell’industria (come dicevo fa questo per evitare ogni tipo di conflitto di interesse) le sue conclusioni sarebbero di poco valore. Ma neanche loro attaccano, almeno in questo caso i metodi di IARC, nel merito.

Questo nei documenti ufficiali; sui giornali e nelle aule dei tribunali la cosa è stata diversa; si è scatenata una vera e propria guerra di religione che ha visto schierata da una parte la stampa filoglifosato, guidata da Reuters e dall’altra la stampa ambientalista guidata da Le Monde (ne ho parlato in parte qui). Il fatto che Reuters, che dal 2008 è parte del gruppo Thomson Reuters, sia uno dei maggiori gruppi a livello mondiale nell’informazione economico-finanziaria aggiunge dubbi e pensieri a questo fatto (fra l’altro Thomson detiene ISI e JCR, che sono cruciali nelle stime bibliometriche). Reuters ha accusato IARC di aver cambiato i risultati dei lavori usati; strano che il rappresentante dei produttori di glifosato, Thomas Sorahan, presente alle riunioni non abbia MAI detto nulla a riguardo. Accuse di conflitto di interesse sono state mosse ad uno degli “invited speakers” dello IARC, Portiers, per aver accettato DOPO la conclusione dei lavori (i lavori sono finiti il 20marzo) un contratto (firmato il 26 marzo) con uno studio legale americano che sta rappresentando alcuni dei 184 casi che hanno chiamato in giudizio la Monsanto per gli effetti del glifosato; sono cause miliardarie e come succede negli USA sono combattute senza esclusione di colpi.

Insomma è chiaro che in questo caso, come nel caso della carne rossa ci sono in gioco interessi miliardari e dunque non è strano che si scateni un conflitto sul giudizio di rischio accettabile contro un pericolo giudicato limitato nell’uomo e provato solo negli animali. La stessa cosa non è successa per sostanze come il benzene che è in classe 1 cancerogeno conclamato ed è usato comunemente come additivo nella benzina (1% in volume); lo si usa ancora ma si cerca di ridurlo, le pompe sono state dotate di aspiratore per ridurne l’evaporazione, ciononostante la concentrazione di benzene nelle aree adiacenti le pompe è più alta delle zone circostanti e può porre problemi almeno ai lavoratori coinvolti (Journal of Environmental Management 91 (2010) 2754e2762, Int. J. Environ. Res. Public Health 2014, 11, 6354-6374); ma non vedo guerre di religione; dipenderà dallo scarso valore del mercato del benzene nella benzina?

Comunque stiano le cose ECHA (ECHA/PR/17/06 Helsinky marzo 2017) ha concluso che il glifosato debba essere classificato come sostanza di sintesi con due rischi precisi:

The committee concluded that the scientific evidence available at the moment warrants the following classifications for glyphosate according to the CLP Regulation:

Eye Damage 1; H318 (Causes serious eye damage)

Aquatic Chronic 2; H411 (Toxic to aquatic life with long lasting effects)

Dunque ha riconosciuto un rischio che riguarda sostanzialmente i lavoratori professionali e l’ambiente, gli animali acquatici, tanto è vero che anche le regole di uso per esempio nel nostro paese escludono i terreni molto sabbiosi perché in questo modo si può raggiungere la falda e anche gli animali acquatici. Ricordo che la questione del rischio per gli invertebrati e i batteri e in genere le specie del terreno è più complesso e non ha ancora una risposta certa. Su questo sarebbero necessari nuovi studi.

Quello che mi colpisce è che su questi due aspetti, i diversi metodi di valutazione fra ECHA e IARC e gli aspetti mancanti di conoscenza sugli effetti ambientali del glifosato manchino articoli e divulgazione.

Aggiungo per chiarezza che su molti siti trovate scritto che l’OMS ha dato parere favorevole, come se lo IARC non fosse parte dell’OMS; in realtà questi siti scorrettamente si riferiscono al giudizio espresso da una commissione FAO-OMS, il JMPR; in questo caso il conflitto di interessi è stato palese come potete leggere qua.

Vengo ora ad un articolo che mi ha molto colpito, scritto da Elena Cattaneo, scienziata e senatrice a vita; l’articolo è stato pubblicato su Repubblica e lo riporto integralmente in figura, sperando che Repubblica non mi colpisca con i suoi strali.

Questo articolo contiene secondo me alcune importanti imprecisioni e dei veri e propri errori oltre ad esprimere una opinione molto specifica sul futuro dell’agricoltura. Vado per punti, seguendo l’articolo.

punto1 )Quello che lo IARC ha detto lo abbiamo visto, si tratta di una valutazione di pericolo fatta esclusivamente su lavori senza conflitto di interesse; la cosa non viene riportata dal testo della senatrice e dunque i successivi paragoni lasciano il tempo che trovano; il fatto che il glifosato si trovi nella stessa categoria del vino o delle carni rosse prodotte in Italia non vuol dire nulla; mangiare la carne rossa o bere vino nei limiti di livelli ragionevoli e controllati è un rischio che ciascun consumatore può assumere in piena coscienza ed autonomia sapendo quel che mangia, mentre la stessa cosa non si può dire del consumo di glifosato dato che le sue quantità effettive non sono riportate da nessuna parte; chi consuma un prodotto contenente glifosato non sa di farlo e non sa quanto ne consuma perchè non c’è nessuna norma che obblighi i produttori a indicarne la presenza o le quantità.

L’altra questione citata al punto 1 è indice di incompleta informazione della Cattaneo; il fatto che Portiers non avesse informato del suo contratto, fatto peraltro una settimana dopo la conclusione dei lavori dello IARC, è falso dato che Portiers è stato sentito come invited speaker e non come membro della commissione proprio per questo motivo! Quanto ai lavori non citati si tratta di una notizia non corretta già circolata precedentemente e smentita sia da IARC che da altri; a questo proposito potete leggere l’articolo di Le Monde (questa è una traduzione in italiano della seconda parte dove trovate anche il link alla prima, se no leggetelo su Internazionale) che avevo già citato in un precedente post. In realtà Iarc ha discusso e deciso di non usare quei dati in modo trasparente. Diciamo che la Cattaneo ha usato solo le notizie Reuters riprese a loro volta da quelle di un sito di uno sconosciuto lobbista, tale Zaruk.

punto 2) Sulla differenza fra le valutazioni di ECHA e IARC abbiamo già detto; c’è un motivo preciso che la Cattaneo non riporta. Non solo; i risultati che ho citato nella prima parte sulla presenza di glifosato nei tessuti umani dimostrano che il glifosato, a differenza di quanto si pensi, è abbastanza stabile nell’ambiente e circola di fatto attraverso il cibo che mangiamo, non solo la pasta, ma qualunque altro cibo in cui siano coinvolti prodotti nella cui filiera sia presente il glifosato e le sue formulazioni. Ripeto quel che ho dettto prima: sarebbe logico sapere se il glifosato c’è o no e non solo accettare che comunque ce n’è meno di quanto è considerato tossico. Fra l’altro non ho accennato e lo faccio adesso al fatto che il glifosato è usato in una formulazione complessa che potrebbe a sua volta contenere sostanze con problemi. E’ vero i valori trovati sono molto più bassi degli attuali limiti, che comunque non sono uguali dappertutto, ma questo facendo il paragone con altri casi simili non rassicura (ricordo ancora i limiti ad hoc che rendevano potabile l’acqua all’atrazina, con il magico intervento di Donat-Cattin), né me né credo il resto della popolazione. Anche le vicende del PFAS o dell’arsenico insegnano che i limiti sono sempre soggetti a cambiamenti, in genere in forte riduzione (per esempio i limiti per l’Arsenico nell’acqua potabile sono stati ridotti di 20 volte in 40 anni (da 200 a 10 μg/l )e quelli attuali hanno più a che fare con le difficoltà di determinazione che con l’effettivo limite dell’As).

Per il glifosato i limiti attuali accettati di assorbimento da cibo sono di 0.3mg/kg di peso al giorno in UE (e circa 6 volte maggiori in USA ; il limite di determinazione è di 0.05ppm e quello considerato per alcuni cibi è 0.1ppm; notate che ppm o mg/kg sono equivalenti in questo caso).

Questi valori sono stati estrapolati da lavori condotti su animali in tempi non recentissimi; esiste un lavoro molto recente in cui si sostiene che valori molto bassi, determinati per diluizione equivalente, possono comunque avere un ruolo biologico importante. Questo lavoro non è stato preso in considerazione anche perchè gli autori (fra i quali Seralini) sono stati coinvolti in una polemica su un precedente lavoro che fu ritirato e poi ripubblicato sugli effetti cancerogeni del glifosato (su tutto questo tema un articolo del gruppo DETOX di cui abbiamo parlato nel caso dei tessuti).

punto 3) Questa del brevetto scaduto per la produzione di glifosato è risaputo da anni. Ma a parte la questione citata nella prima parte di questo post dei LoA, la questione vera è che i brevetti importanti non sono quelli relativi alla produzione del glifosato, ma sono quelli relativi ai semi delle piante resistenti al glifosato per modifica genetica; quelli sono il cuore dei soldi di un monopolio mondiale e di una agricoltura controllata da poche grandi multinazionali. Questo voler mettere in conflitto di interessi noi italiani che produciamo vino e glifosato (in minima percentuale, il glifosato è vietato in Italia per molte applicazioni) è veramente una cosa senza senso: i profitti da glifosato come tale sono una parte minima dei profitti da agricoltura “attraverso” il glifosato, con semi modificati che occorre ricomprare ogni volta dai medesimi produttori.

Al punto 4 la Cattaneo dà per scontato che per controllare le infestanti esistano SOLO gli erbicidi e che siano necessari PER FORZA.

Questo non è vero. Potete leggere voi stessi quanti altri metodi non solo chimici, ma prima di tutto agronomici (di gestione delle colture) e fisici (calore, fuoco o specifiche coperture, la cosiddetta solarizzazione) siano possibili in questo studio commissionato da una associazione ambientalista e gentilmente segnalatomi dal deputato europeo Marco Affronte; nello studio sono indicate le sorgenti scientifiche dei dati. Certo i costi immediati sono maggiori, ma siamo sicuri che non ci siano costi nascosti dell’uso di agenti erbicidi? Per esempio la riduzione dell’80% degli insetti volanti di cui abbiamo parlato in un post precedente non potrebbe essere dovuto anche al fatto che facciamo un deserto monocolturale e lo chiamiamo agricoltura intensiva? Quanto ci costa questo uso così massivo della chimica di sintesi in agricoltura?

https://twitter.com/urtikan_net?lang=it

A questo punto la senatrice Cattaneo comincia a descrivere come vede l’agricoltura del domani.

Beh è una visione bau, diciamo così: fa una critica feroce del cosiddetto biologico, critica che di per se si può anche condividere nel senso che è un settore da considerare con attenzione, da non dare per scontato, con trucchi e imbrogli, ma non credo più di quanti ce ne siano nel non-bio; ma non c’è una parola di critica dell’agricoltura moderna e del sistema di consumi di cui essa é schiava, una che sia una. Secondo questa visione i produttori “biologici” sono imbroglioni e incapaci di produre quanto gli altri, dei cui problemi però non si fa menzione.

Non una parola sugli sprechi alimentari, sul tipo di agricoltura dedicata principalmente a supportare i nostri animali e dunque con un consumo eccessivo di carne, anzi si gira la frittata attribuendo gli animali all’agricoltura bio!

E’ l’agricoltura intensiva che è strutturata proprio per favorire un uso spropositato della carne, esattamente il contrario ! Riciclare le deiezioni umane ed animali per riciclare azoto e fosforo è una necessità, dato che allo scopo di accrescere la quota di carne e sostenere l’agricoltura intensiva l’umanità è diventata la principale dominatrice sia del ciclo dell’azoto che del fosforo mandandoli del tutto fuori equilibrio! Ne abbiamo parlato decine di volte sul blog. A paragone la quota di deiezioni animali riciclate dal bio è solo un esempio virtuoso.

Non una parola sulla distruzione sistematica dell’ecosistema operata da questo tipo di agricoltura che ha raggiunto il poco invidiabile primato di rendere la biomassa nostra e dei nostri animali il 98% di quella di tutti i vertebrati, come ho notato in altri articoli; non una parola sugli effetti climatici di una agricoltura esclusivamente intensiva, che sono stati notati di recente anche da studiosi italiani come Riccardo Valentini, che non è classificabile come un rivoluzionario, membro di IPCC. Nessuno nega che sia possibile usare chimica e biologia al servizio di una agricoltura più sostenibile, lo diciamo anche noi, ma dietro questo c’è un cambio del modello di consumi e degli sprechi, della crescita infinita.

Un quadro, quello della Cattaneo, che non esiterei ad assimilare a chi per risolvere il problema climatico pensa alla geoingegneria: come se l’umanità fosse padrona del pianeta, che invece condivide con tutta la biosfera! Le infestanti per esempio nutrono una quantità di insetti che poi servono a impollinare le nostre piante! L’agricoltura umana non può corrispondere ad una dichiarazione di guerra a tutte le altre specie, nè essere il motivo per modificare in modo industriale la genetica delle altre specie a nostro esclusivo vantaggio, oppure distruggerle; è questo che sta succedendo: dominio o distruzione e a volte entrambi.

(ringrazio Vincenzo Balzani per avermi segnalato la discussione sull’articolo della Cattaneo sviluppatasi su Scienza in rete e che trovate qua e qua)

Secondo me il glifosato rivela questo: una hubris che è tanto più forte quanto più la scienza, non supportata da una visione critica, accetta i punti di vista di un sistema produttivo orientato alla crescita infinita: occorre cambiare registro e ricerca, siamo i custodi non i padroni del pianeta Terra.

Personalmente sono in totale disaccordo con alcuni dei punti della Cattaneo; a parte usare di più la scienza e la biologia ci separa la logica che sta dietro:

  • ridurre il peso dell’azoto e del fosforo di sintesi per esempio attraverso l’ampliamento della coltivazione dei legumi
  • ridurre il consumo di carni rosse in particolare e di carni in genere ancora una volta accrescendo la quota di leguminose ed ELIMINARE la coltivazione di biocombustibili (Emily S Cassidy et al 2013 Res. Lett. 8 034015)
  • usare strumenti di lotta agli insetti e alle piante infestanti che usino metodi di coltura agronomica e a preferenza fisici invece che chimici favorendo il ripristino del numero di insetti volanti, specie di impollinatori
  • vietare la brevettazione privata delle nuove specie ed investire pubblicamente sulla ricerca genetica di tutti i tipi rendendo pubblici e disponibili i risultati più importanti ed utili (sto parlando anche di OGM, ovviamente).
  • rendere sempre più completi i test per l’introduzione di nuove molecole di sintesi usate in agricoltura non presenti in natura ed usate in ampia quantità (questo lo sta facendo REACH, ma ci vuole tempo).

A Napoli, la mia città natale, alla cui cultura non posso sottrarmi, c’è un proverbio che dice:“E’ gghjuta a pazziella ‘mmane e’ criature” è un modo di dire napoletano, dare i giocattoli in mano ai bambini, (versione edulcorata di un’altro a sfondo sessuale) ma che vuol dire “affidare le cose a chi non è capace di gestirle”, la moderna classe dirigente mondiale preoccupata prima di tutto del PIL, la religione della crescita infinita e non della conservazione dell’ambiente in cui viviamo e di cui siamo parte, non padroni, e che si sta degradando tanto da mettere in pericolo la nostra stessa sopravvivenza come specie.

http://blog.aeroportodinapoli.it/napoli-turismo/parco-dei-murales

*A riguardo delle resistenze vorrei precisare che su siti diversi si trovano dati diversi; per esempio sul sito Dupont (https://www.pioneer.com/home/site/us/agronomy/library/glyphosate-resistance-in-weeds/) il numero delle specie infestanti resistenti è indicato 35; altrove si riportano i numeri delle sottospecie che raggiunge quasi i 300; il fatto è che questo numero cresce di continuo soprattutto nei luoghi dove il glifosato è più usato come è ovvio che sia.

Altri files da leggere oltre quelli citati: The Glyphosate Files: Smoke & Mirrors in the Pesticide Approvals Process di Helmut Burtscher-Schaden K&S ed., 2017

https://corporateeurope.org/food-and-agriculture/2017/10/setting-record-straight-false-accusations-dr-c-portier-work-glyphosate

https://www.greens-efa.eu/files/doc/docs/ab61fee42c3217963d3a43bd1c4b1e09.pdf

https://www.sigmaaldrich.com/technical-documents/articles/reporter-us/method-for-determination-of-glyphosate.printerview.html#ref

https://www.efsa.europa.eu/sites/default/files/corporate_publications/files/efsaexplainsglyphosate151112en.pdf

6 pensieri su “Glifosato. Dove siamo? Parte 2. Altri fatti e qualche opinione.

  1. Articolo molto bello, è un vero peccato che sulla stampa generalista stile Repubblica non compaia praticamente mai questo tipo di punto di vista scientifico critico ma solo quello di scienziati in linea con il bau vs critica ambientalista di tipo diciamo ‘romantico’. Ma credo anche di capire perché….

  2. Grazie per questo bell’articolo: equilibrato e completo come raramente si trova. Concordo sulla Cattaneo. spesso straparla di argomenti che o conosce poco o vede solo attraverso un unico paio di lenti (sempre il solito). Mi occupo da oltre 25 anni di ecologia e gestione delle piante infestanti ed ho collaborato al report di PAN Europe sulle alternative al glifosato citato nell’articolo. Confermo che i dati universalmente riconosciuti come attendibili sulle piante infestanti resistenti agli erbicidi si trovano su: http://www.weedscience.org/default.aspx e che il problema di quelle resistenti al glifosato negli USA (e non solo) è ormai talmente epidemico da avere reso inutile la tecnologia Roundup Ready. Questo a causa non della tecnologia OGM in quanto tale, ma del suo uso distorto e folle, promosso in primis da Monsanto e sostenuto da tutti quelli (Cattaneo in testa) che ignorano l’unico modo per gestire l’agricoltura in maniera sostenibile, anche economicamente: la diversificazione delle colture e delle tecniche agronomiche, qualunque esse siano.

  3. Grazie! Sono un docente di Scienze e insegno in un Liceo Scientifico Scienze Applicate. Sono Laureato in Scienze Agrarie. Dunque pane per i miei denti. Non sono né complottista, nemmeno luddista né tantomeno terrapiattista. Mi sta solo a cuore la verità. Mi sta a cuore dare ai miei alunni le informazioni che permettano loro, aprendo un dibattito di classe, di confrontare idee ed opinioni. Amo mettere pulci nell’orecchio per costringerli a pensare. Vorrei che la complessità della natura si trasferisse nella complessità della vita quotidiana. Vorrei che le loro scelte future fossero permeate di questo, necessario, senso critico. Abbiamo poi il metodo scientifico che ci indica la via. Ecco la mia lezione di settembre su chimica e società sta prendendo forma! Grazie per le preziose informazioni,

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