La chimica del dirigibile.

Mauro Icardi

Il 6 maggio 1937, il dirigibile Hindenburg ( che è ancora oggi il più grande oggetto volante mai costruito al mondo), al termine del volo inaugurale  che prevede di sorvolare l’Oceano Atlantico per collegare la Germania agli Stati Uniti, si incendia pochi minuti prima della manovra di attracco al pilone situato nella base navale di Lakehurst nel New Jersey, destinazione finale della traversata aerea.

L’Hindenburg era partito da Francoforte  tre giorni prima.  In soli 34 secondi l’enorme dirigibile viene completamente distrutto. Nonostante la rapidità dello sprigionarsi delle fiamme, delle 97 persone presenti a bordo (tra passeggeri e membri dell’equipaggio), 62 riuscirono a sopravvivere, anche se alcune furono gravemente ustionate. Le vittime furono 36 (fu coinvolto anche un membro dell’equipaggio dislocato a terra).  La vicenda è, come quella del Titanic, rimasta nell’immaginario collettivo di molti. E nella ricostruzione di questo terribile incidente aereo ci sono anche molti riferimenti alla chimica e alla tecnologia costruttiva di questo gigante del cielo. E anche alla politica internazionale. Una storia quindi che è interessante, anche se termina con un epilogo tragico. E’ una storia che ha ispirato libri, film, e anche la copertina di un disco, quello dell’album d’esordio del gruppo rock inglese Led Zeppelin.

L’Hindenburg che venne così battezzato in onore del secondo presidente della Germania  Paul Von Hindenburg, aveva effettuato il primo volo inaugurale il 4 Marzo 1936 da Friedrichshafen, città sulla sponda settentrionale del lago di Costanza in Germania.

Dopo il primo volo di prova  effettuerà altri 62 voli raggiungendo varie destinazioni tra le quali  Rio de Janeiro. I dirigibili rigidi ideati da Ferdinand Von Zeppelin agli inizi del Novecento, erano stati inizialmente utilizzati a scopo  militare, soprattutto nella prima guerra mondiale. Prima della definitiva affermazione dell’aeroplano,  il dirigibile veniva ancora considerato superiore all’aereo per le capacità di carico e l’autonomia di volo. L’Hindenburg era stato immaginato come una nave da crociera aerea, e in ogni caso utilizzato anche come strumento di propaganda per il regime nazista. La tragedia di Lakehurst ridimensionerà di molto l’utilizzo e la costruzione dei dirigibili.  .

La struttura dei dirigibili Zeppelin era di fatto sempre la stessa, fatte salve le dimensioni. Uno scheletro di alluminio, rivestito esternamente di una tela trattata per renderla resistente e impermeabile.

All’interno di questa struttura erano inserite delle sacche  contenenti il gas di sostentamento degli aeromobili. I motori per muovere il dirigibile erano collocati esternamente all’involucro, la cabina di comando generalmente al di sotto della struttura nella parte anteriore. Una curiosità è che le parti anteriori e posteriori dei dirigibili erano denominate, analogamente a quanto avviene per le navi, con la denominazione di prua e poppa. Anche gli organi di comando per la variazione di rotta e di altitudine erano timoni molto simili a quelli navali.

Lo spazio per i passeggeri era ricavato inizialmente in una parte della gondola di comando. Ma nel caso dell’Hindenburg  si trovava nella parte inferiore dell’involucro.

La costruzione dell’Hindenburg richiese cinque anni di lavoro. I dirigibile era lungo 245 metri, e poteva contenere 200.000 m3 di gas contenuti in 16 sacche.

(Modello di struttura di dirigibile rigido, museo Zeppelin Friedrichshafen)

Analizziamo ora la chimica dell’Hindenburg. L’alluminio è l’elemento che caratterizza l’industria aeronautica ancora oggi. Per alleggerire al massimo la mastodontica struttura, come si può vedere in figura, le barre in alluminio che componevano la struttura erano traforate. Il rivestimento era in tela di cotone, impregnato con ossido di ferro e acetato di cellulosa, miscelato con ossido di alluminio. Questo conferiva all’aeromobile il suo caratteristico colore grigio argento (colore utilizzato negli anni 30 anche per le auto da corsa tedesche).  Il dirigibile pesava a vuoto 118 tonnellate. Poteva trasportare 72 passeggeri e 60 tonnellate di carico.

Il gas di sostentamento utilizzato nell’Hindenburg era idrogeno.

I tedeschi erano a conoscenza dei rischi che l’idrogeno avrebbe potuto provocare. E prendevano tutte le necessarie precauzioni, soprattutto  nei confronti dei passeggeri. Questi dovevano consegnare accendini e fiammiferi all’inizio del volo. Esisteva una speciale sala fumatori  pressurizzata ed isolata con una doppia porta dal resto dei locali del ponte passeggeri. I tedeschi non disponevano di elio, che invece era abbondante negli Stati Uniti, soprattutto quello che proveniva dai giacimenti di gas naturale di Amarillo in Texas. L’elio era già considerato un elemento strategico. Inizialmente proprio per l’industria legata alla costruzione dei dirigibili, ma anche per i successivi usi a cui sarà destinato (per esempio il raffreddamento dei magneti dei superconduttori , ma anche per quelli delle risonanze magnetiche negli ospedali). Per questo gli Stati Uniti proprio ad Amarillo realizzeranno, utilizzando una caverna sotterranea, il deposito federale di Elio.  Tra gli stati Uniti e le Germania di Hitler gli scambi commerciali continueranno fino allo scoppio della seconda guerra mondiale, e anche durante il conflitto. Emblematico a questo proposito il caso della fornitura di macchine calcolatrici da parte della IBM al regime nazista. Macchine usate per la registrazione e la catalogazione degli sventurati ebrei rastrellati e destinati alla deportazione nei lager. Una triste anagrafe dell’olocausto. Ma per l’elio non verrà fatta nessuna deroga o concessione. Nonostante le richieste dei tedeschi che volevano utilizzarlo proprio per far volare i dirigibili, esso non sarà mai esportato  dagli Stati Uniti in Germania.

La ricostruzione più plausibile della causa dell’incidente di Lakehurst è quella di una perdita di idrogeno da una della sacche posteriori del dirigibile, nelle vicinanze della pinna verticale dell’aeronave. La struttura del dirigibile oltre alle barre di alluminio, era completata da fili di spessore di circa tre millimetri in acciaio, che  completavano la struttura del rivestimento esterno. Questi complessivamente raggiungevano la lunghezza di 200 km, e potevano sopportare una tensione di rottura pari a 450 Kg. La rottura di uno di essi è stato ritenuto come la causa del danneggiamento di una delle sacche contenenti l’idrogeno che si è così diffuso all’interno dell’involucro dell’Hindenburg.

Poco prima dell’attracco presso la base di atterraggio, un cambiamento di direzione del vento ha spinto il capitano dell’Hindenburg ad ordinare una brusca virata verso sinistra. Poco dopo è stato impartito l’ordine al timoniere di virare velocemente verso destra, in maniera di allineare il dirigibile al pilone di ormeggio.

Il dirigibile non era adatto a compiere virate strette e ravvicinate nel tempo. Questo modo di governare l’aeronave rischiava di sottoporre ad una tensione troppo elevata la sua struttura interna. E risulta che ciò fosse assolutamente sconsigliato a piloti ed equipaggio durante il loro addestramento presso le officine della Zeppelin. La zona dove la possibile  rottura era ritenuta più probabile era appunto nella parte posteriore del dirigibile dove si trovava il timone di coda. Nei filmati che mostrano l’arrivo dell’Hindenburg a Lakehurst  si nota come il dirigibile fosse inclinato verso poppa. E alcuni testimoni oculari notarono come poco prima dello svilupparsi dell’incendio si notava un tremolio nel rivestimento, sempre vicino alla pinna posteriore. Probabilmente la perdita di idrogeno, che spingeva contro il rivestimento esterno. Oltre a questo sul punto di atterraggio era appena passato un temporale. Nessuno vide un fulmine colpire l’Hindenburg, ma era noto che un dirigibile in volo accumulava elettricità statica sul rivestimento esterno, e sull’intelaiatura. Ma fino a che l’aeromobile rimaneva in volo, questa elettricità non si scaricava a terra. Ma quando vennero mollate le cime di ormeggio dalla parte anteriore del dirigibile, le stesse bagnate dalla pioggia che stava continuando a cadere, permisero il passaggio della carica elettrica dall’intelaiatura verso il suolo. La differenza di potenziale elettrico di quest’ultima si azzerò, mentre il rivestimento esterno di cotone rimase carico di elettricità perché non conduttore. Questa era una condizione che poteva rendere possibile lo svilupparsi di una scintilla, analogamente a quella di un fulmine. Questa scintilla probabilmente incendiò l’idrogeno fuoriuscito, mescolato con l’aria presente nei camminamenti di ispezione dell’involucro del dirigibile. Ultima precisazione: l’idrogeno brucia con fiamma incolore. Le fiamme di colore arancione viste dai testimoni, e ricostruite in alcune immagini ricolorate da quelle originali in bianco e nero, sono quelle dovute alla combustione del rivestimento esterno.

Si chiudeva così l’epopea del mezzo aereo più leggero dell’aria.

Ma i nipoti dell’Hindenburg  solcano ancora i cieli. Più piccoli e tecnologici. Raccolgono l’eredità del loro sfortunato progenitore LZ 129. E finalmente sono stati gonfiati con elio.