Il vero compito etico della Chimica

Giovanni Villani

Il vero compito etico della chimica:

dare le conoscenze e le competenze per proteggere l’astronave Terra

L’ambientalismo inteso in senso lato non è più un vezzo intellettuale, ma un’esigenza ineludibile.

Nel giro di poco tempo, alcuni nodi sono venuti al pettine. Il riscaldamento globale, la febbre del pianeta Terra, è uscito dalle discussioni accademiche, è uscito dalle riunione dei tecnici che affiancano i politici in consensi internazionali, per diventare concreto e visibile a tutti. Un grafico, uno delle migliaia che si potrebbero mostrare, dimostra chiaramente il problema e il suo trend.

Che fare? La risposta “politica” è la sola possibile. Problemi globali non possono avere risposte individuali.

Questo esime noi ricercatori scientifici dall’avere un ruolo attivo?

Possiamo tranquillamente occuparci solamente delle nostre ricerche specialistiche e, al massimo, da cittadini pretendere certe priorità politiche?

Io non credo.

Penso che noi tutti possiamo condividere l’idea che dietro la politica, la buona politica, non può non esserci una conoscenza scientifica della situazione reale dei problemi e dei suoi trend futuri. Io credo che ci debba essere anche, molto più profonda e nascosta, un’idea etica del mondo, un’idea di come “dovrebbero andare le cose, per andar bene”.

Compito della scienza, della chimica più delle altre discipline, è fornire una descrizione “attendibile” della realtà materiale e dei suoi possibili sviluppi. Questo ruolo la scienza se l’è assunto da tempo e credo che nessuno lo contesti.

Sull’idea etica del mondo, invece, sono tanti a parlare e tutti ritengono di avere “conoscenze e competenze da vendere”. Io credo, invece, che l’idea etica del mondo non possa essere completamente distinta dalla conoscenza del mondo e che essa sia in buona parte già insita nell’approccio scientifico ai problemi. Non può esistere una conoscenza asettica dei problemi e poi un qualcuno, non in grado di capirne l’analisi e le soluzioni proposte, che la utilizzi. Questo non significa che non esistono problemi “politici” e che le uniche risposte ai problemi sono “tecniche”. Nessuno vuole e può delegare ai “tecnici”, e domani ad una intelligenza artificiale, le scelte politiche, ma ogni scelta razionale prevede di aver capito il problema e di avere chiaro che cosa implicano le possibili soluzioni.

Veniamo alla chimica e alle problematiche ambientali. La chimica, più della fisica e della stessa biologia, dà una chiave di lettura del mondo materiale e di come ci si possa ad esso rapportare. Scartata l’idea baconiana della scienza classica in cui la scienza e la sua ancella tecnologia servivano a realizzare il dominio dell’uomo sulla natura, idea che ha pervaso per troppo tempo la cultura scientifica portando ai problemi attuali, l’idea scientifica moderna è incentrata sul concetto di “interazione”, sul rapporto tra osservatore e osservato. In quest’ottica moderna non è possibile neppure separare completamente questi due ambiti, porsi domande di una realtà in maniera diversa che dall’interagire con essa. È chiaro che l’interazione modifica sempre i due termini del problema, osservatore e osservato, ma, e da questo viene fuori il problema ambientale, non è possibile non considerare i risultati di questa interazione sia per l’osservatore sia per l’osservato.

Io nel titolo di questo articolo ho usato la bella metafora di Nicola Armaroli e Vincenzo Balzani che identifica il pianeta Terra con un’astronave che si muove nello spazio.

La bellezza e l’immediatezza di questa immagine ci dice, infatti, subito alcune cose. Per prima cosa caratterizza lo spazio fisico su cui ci troviamo come piccolo, delicato e sostanzialmente chiuso. Piccolo, perché gli alcuni miliardi di persone con cui l’abbiamo riempito rappresentano quasi sicuramente il suo limite. Delicato, perché basta poco, a volte basta anche il non fare, per far perdere la rotta all’astronave. Chiuso, perché non solo non sappiamo dove scappare se il tutto volgesse al peggio, ma perché le sue risorse materiali sono limitate, l’illusione della crescita infinita è solo un’illusione e il contributo entropico va tenuto sempre sotto controllo, anche nell’ipotesi ottimistica che l’energia che ci arriva (il sistema è chiuso non isolato) fosse sufficiente. La metafora ci dice tanto anche sui passeggeri e l’equipaggio di questa astronave e sui loro comportamenti possibili, ma su questo problema “politico” al momento soprassediamo e concentriamoci sul primo problema, dove la chimica non può non essere in primo piano.

La chimica è in primo piano nell’individuazione e nella modifica della risorse materiali del pianeta Terra. Per i chimici questo punto è scontato, ma quando andiamo a parlare fuori dal nostro ambito, quando andiamo ad interagire con gli altri, non dobbiamo mai dimenticarci che l’immagine chimica del mondo non può essere data per assodata. Le conoscenze chimiche del cittadino sono spesso così confuse e ridotte che non possiamo essere sicuri che sia nota e dettagliata l’immagine che la chimica offre del mondo materiale, visto come un insieme complesso, non facilmente separabile, di moltissime specie chimiche in interazione. La conoscenza chimica ci consente di sapere come agiscono gruppi di tali sostanze spazialmente localizzati e di prevedere, entro un ragionevole errore, come un loro insieme specifico potrebbe comportarsi. Le competenze chimiche, inoltre, ci consentono di interagire in maniera corretta con porzioni specifiche di questo mondo complesso e con l’insieme completo.

Se questa è la situazione, dare le basi della conoscenza chimica a tutti e dare le giuste competenze per poter vivere e interagire sull’astronave Terra, senza far correre eccessivi rischi a sé e agli altri passeggeri, diviene non solo importante, ma il vero compito etico della chimica. L’alternativa è, da un lato, un nozionismo chimico inutile, una serie di informazioni senza un fine e un contesto, e dall’altro, un ambientalismo ideologico, un ambientalismo senza conoscenze e competenze scientifiche, un mitico ritorno all’Arcadia o all’Eden che, in un mondo complesso e sovrappopolato come il nostro, non possiamo permettersi.

Etica della chimica e neoplatonismo.

Nota: si ricorda che le opinioni espresse in questo blog non sono da ascrivere alla SCI o alla redazione ma al solo autore del testo

Luigi Campanella è stato recentemente eletto (con il maggior numero di voti) nello steering committee dello WP sull’Etica della Chimica di EuCheMS. Festeggiamo questa elezione ripubblicando un suo post recente sull’etica con una serie di aggiornamenti dell’autore.

a cura di Luigi Campanella, ex Presidente SCI

La trasformazione della società obbliga la chimica ad adeguarsi alle nuove richieste: da quelle di prima necessità a optional e specialità. In questi adeguamenti si sono presentate alla chimica sempre nuove sfide a in cui, proprio per contrastare l’impronta del peccato originale che la chimica pesante ha imposto purtroppo per lunghi decenni, il chimico ha cercato di innestare un comportamento sul quale i principi etici fossero ben presenti, e così nel tempo ha affrontato difficili situazioni che hanno richiesto l’assunzione di responsabilità, di codici di condotta, in definitiva di etica. Ripercorrendo gli ultimi 30 anni della storia della chimica sono molte le domande che più spesso il chimico si è dovuto imporre per salvaguardare l’etica della sua professione. Il brevetto è una forma di proprietà intellettuale, è un motore dell’economia; è giusto che lo sia anche quando conoscere il prodotto significa salvare vite innocenti?

etica2Quando si costruisce una molecola per un fine programmato giusto fa parte dell’etica scientifica prevedere i possibili altri usi della molecola inventata? È davvero accettabile che la sperimentazione animale sia assunta a metodo di riferimento per la valutazione di tossicità ed ecotossicità? La battaglia contro gli OGM su una base più culturale e politica che scientifica, è accettabile dinanzi allo spettro della fame nel mondo o non è più giusto battersi per una loro presenza controllata mettendo a comune metodi di valutazione? I risultati delle ricerche vengono sempre espresse in maniera responsabile e corretta o essi vengono influenzati dalla volontà di perseguire successi e di condizionare l’assegnazione di futuri finanziamenti? Siamo capaci come cittadini, ricercatori, chimici di sacrificare, sia pure in parte, le nostre libertà individuali in favore degli interessi più ampi della comunità sociale?

beckViviamo ormai nella “società del rischio” (un termine coniato da Ulrich Beck in un testo ormai classico con questo titolo che risale alla metà degli anni Ottanta), definita come la nuova fase della società industriale, in cui “il rapporto tra produzione di ricchezza e produzione di rischi s’inverte dando priorità alla seconda rispetto alla prima”. Secondo la formulazione che ne danno i due autori – Kourilsky e Viney – che per primi hanno affrontato la questione, “il principio di precauzione implica l’adozione di un insieme di regole finalizzate a impedire un possibile danno futuro, prendendo in considerazione rischi tuttora non del tutto accertati”. La precauzione occupa un atteggiamento intermedio fra quello in cui si applicano le procedure della prevenzione (cioè dell’attivazione di misure volte a evitare o a limitare le conseguenze di un agente di rischio accertato) e quello delle semplici congetture (che non giustificano la sospensione di uno sviluppo tecnologico utile del quale i futuri possibili effetti avversi, in assenza di evidenze anche parziali, possano soltanto essere ipotizzati). Qual è il livello di intermedialità ottimale? Tutte domande a cui non è facile dare risposte certe, ma noi cittadini e lavoratori (ricercatori scientifici nel mio caso) sappiamo che solo rispondendo con la nostra coscienza potremo contribuire alla crescita della Società, la cui trasformazione obbliga la politica ad adeguarsi alle nuove richieste: da quelle di prima necessità a optional e specialità. In questi adeguamenti si sono presentate sempre nuove sfide in cui sarebbe stato necessario innestare un comportamento sul quale i principi etici fossero ben presenti, per affrontare difficili situazioni che hanno richiesto l’assunzione di responsabilità, di codici di condotta, in definitiva di etica.

principiodiprecauzionePurtroppo l’esperienza vissuta ci insegna che purtroppo molto raramente tale richiesta è stata soddisfatta. Molti politici hanno tradito la fiducia in essi riposta per produrre il bene comune. In queste condizioni la democrazia affidata alle rappresentanze ha sofferto. Il politically correct è divenuta espressione a caratterizzare azioni e pensieri atipici, mentre tale carattere dovrebbe essere la norma.

In questo contesto la ricerca scientifica con i suoi pochi addetti, quindi depositaria di una modesta quota di voti, ha finito per non essere vista come un irrinunciabile strumento a cui affidare il bene comune (qualità della salute e dell’ambiente,sicurezza alimentare,beni culturali,sevizi),ma piuttosto come un esercizio autoreferenziato ed intellettuale.La politica dovrebbe essere l’applicazione del bene comune al fine di rimuovere gli ostacoli che si frappongono fra l’individuo e la sua completa realizzazione.

Qualsiasi diverso intendimento,per di più disconoscendo alleanza determinanti-mi riferisco proprio alla ricerca-è una politica del reale di tipo machiavellico,che finisce per giustificare con il fine il mezzo che si è scelto per raggiungerlo. La battaglia contro gli OGM su una base più culturale e politica che scientifica, è accettabile dinanzi allo spettro della fame nel mondo o non è più giusto battersi per una loro presenza controllata mettendo a comune metodi di valutazione? I risultati delle ricerche vengono sempre espressi in maniera responsabile e corretta o essi vengono influenzati dalla volontà di perseguire successi e di condizionare l’assegnazione di futuri finanziamenti? Siamo capaci come cittadini, ricercatori di sacrificare, sia pure in parte, le nostre libertà individuali in favore degli interessi più ampi della comunità sociale?

 

Etica della Chimica

Nota: si ricorda che le opinioni espresse in questo blog non sono da ascrivere alla SCI o alla redazione ma al solo autore del testo

a cura di Luigi Campanella, ex Presidente SCI

La trasformazione della società obbliga la chimica ad adeguarsi alle nuove richieste: da quelle di prima necessità a optional e specialità.

In questi adeguamenti si sono presentate alla chimica sempre nuove sfide in cui, proprio per contrastare l’impronta del peccato originale che la chimica pesante ha imposto purtroppo per lunghi decenni, il chimico ha cercato di innestare un comportamento sul quale i principi etici fossero ben presenti, e così nel tempo ha affrontato difficili situazioni che hanno richiesto l’assunzione di responsabilità, di codici di condotta, in definitiva di etica.

Ripercorrendo gli ultimi 30 anni della storia della chimica sono molte le domande che più spesso il chimico si è dovuto imporre per salvaguardare l’etica della sua professione. af59ce7f9d5b95db168372d305d69a47

Il brevetto è una forma di proprietà intellettuale, è un motore dell’economia; è giusto che lo sia anche quando conoscere il prodotto significa salvare vite innocenti?

Quando si costruisce una molecola per un fine programmato giusto fa parte dell’etica scientifica prevedere i possibili altri usi della molecola inventata?

È davvero accettabile che la sperimentazione animale sia assunta a metodo di riferimento per la valutazione di tossicità ed ecotossicità?

La battaglia contro gli OGM su una base più culturale e politica che scientifica, è accettabile dinanzi allo spettro della fame nel mondo o non è più giusto battersi per una loro presenza controllata mettendo a comune metodi di valutazione?

I risultati delle ricerche vengono sempre espresse in maniera responsabile e corretta o essi vengono influenzati dalla volontà di perseguire successi e di condizionare l’assegnazione di futuri finanziamenti?

ethicsSiamo capaci come cittadini, ricercatori, chimici di sacrificare, sia pure in parte, le nostre libertà individuali in favore degli interessi più ampi della comunità sociale?

Viviamo ormai nella “società del rischio” (un termine coniato da Ulrich Beck in un testo ormai classico con questo titolo che risale alla metà degli anni Ottanta), definita come la nuova fase della società industriale, in cui “il rapporto tra produzione di ricchezza e produzione di rischi s’inverte dando priorità alla seconda rispetto alla prima”. Secondo la formulazione che ne danno i due autori – Kourilsky e Viney – che per primi hanno affrontato la questione, “il principio di precauzione implica l’adozione di un insieme di regole finalizzate a impedire un possibile danno futuro, prendendo in considerazione rischi tuttora non del tutto accertati”. La precauzione occupa un atteggiamento intermedio fra quello in cui si applicano le procedure della prevenzione (cioè dell’attivazione di misure volte a evitare o a limitare le conseguenze di un agente di rischio accertato) e quello delle semplici congetture (che non giustificano la sospensione di uno sviluppo tecnologico utile del quale i futuri possibili effetti avversi, in assenza di evidenze anche parziali, possano soltanto essere ipotizzati). Qual è il livello di intermedialità ottimale?

chm-414-02-poster_updatedTutte domande a cui non è facile dare risposte certe, ma noi chimici sappiamo che solo rispondendo con la nostra coscienza di lavoratori e di scienziati riusciremo a rinsaldare quel legame con la società civile dal quale dipende il nostro futuro ed il successo nel nostro impegno sociale.

ethics2L’altro aspetto fondamentale è quello dell’immagine della Chimica nella società civile. La chimica è stata ed è una delle discipline più discusse, amate, contrastate. Spesso se ne confonde l’essenza con l’uso che ne viene fatto, spesso si individua nel chimico solo qualcosa di artificiale e quindi da contrapporre al naturale, spesso si parla di rischio chimico e di inquinamento chimico, mai di vigilanza chimica e di protezione chimica che pure esistono.

La chimica è disciplina altamente creativa, induttiva nel suo approccio alla conoscenza, rispettosa del metodo sperimentale ma al tempo stesso proprio per questo capace di uscire dal suo stretto campo di azione (la modificazione molecolare) per correlarsi con le altre scienze, sperimentali e non, esatte e non tecniche, umanistiche, strettamente scientifiche.'I find it harder and harder to get any work done with all the ethicists hanging around.'

Etica della chimica a Francoforte

Nota: si ricorda che le opinioni espresse in questo blog non sono da ascrivere alla SCI o alla redazione ma al solo autore del testo

a cura di Luigi Campanella, ex Presidente SCI

Si è svolto a Francoforte il 25-26 settembre presso la Goethe Universität, un workshop del gruppo di Etica della Chimica della Soc. Chimica Europea ( EUCheMS, una Federazione delle Società Chimiche Nazionali), arricchito da una splendida lezione sul Legame Chimico del premio Nobel Hoffmann (All the ways to have a bond) ed organizzato dai giovani della Soc. Chimica Tedesca.

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L’workshop* ha affrontato gli aspetti etici della professione chimica nelle sue tre fondamentali applicazioni: ricerca, didattica, industria. A tali aspetti viene assegnata una doppia configurazione: una interna alla comunità chimica ed una esterna ad essa, con il passaggio dall’uno all’altro quando un prodotto nato per l’interno (si pensi ad un reagente di laboratorio,l’ unico aspetto etico riguardando la sicurezza) trova applicazioni esterne importanti per altri aspetti sul piano etico (farmaco salvavita, arma chimica). I temi trattati sono stati sostanzialmente 3:

– le implicazioni etiche della chimica nelle Scienze, nell’Industria, nella società e nella cultura.

  • il ruolo della chimica nelle riflessioni etiche al momento delle scelte decisionali da adottare
  • le dimensioni delle implicazioni etiche e sociali della chimicaindex

I traguardi che la discussione avviata punta a conseguire in un futuro quanto più vicino possibile sono

  • Accrescere la convinzione dell’importanza della capacità di riflessioni etiche
  • Contribuire ai processi di normazione e governo correlati alla chimica
  • Promuovere l’importanza della riflessione etica e della capacità di ragionare sulla base di tale riflessione
  • promuovere l’implementazione dell’etica nella formazione dei chimici

Perché è importante per i chimici riflettere sulle loro responsabilità con le relative implicazioni nella loro attività professionale?

La risposta attiene al campo dell’etica delle scienze da una parte (buona pratica della scienza, standard etici nella conduzione della ricerca, valutazione dei rischi) e dell’etica professionale dall’altra (responsabilità,attese da parte della società contrapposte agli interessi personali). Tali riflessioni sono richieste per i processi di sviluppo della normativa e della governance(v. ad es. regolamento REACH), delle ricerche in campo etico, delle ricerche traslazionali (dalla Scienza all’industria e da questa al consumatore) e per quelli di chiarimento su quali siano le argomentazioni etiche significative.

Alla condotta nell’attività chimica di ciascun individuo sono poi correlati alcuni aspetti scientifici più specifici quali la frode scientifica, il plagio, la cattiva pratica scientifica, la falsificazione ed alcune virtù quali l’obbiettività, il dubbio sistematizzato, l’auto controllo disciplinare. In tale prospettiva sono possibili linee guida: la Società Chimica Italiana è stata la prima a darsi un decalogo etico del chimico. Oggi anche la Società Chimica Tedesca ha prodotto una sorta di codice di comportamento secondo il quale tutti i suoi membri sono obbligati a difendere la libertà, la tolleranza e la fiducia nella scienza, in particolare per innalzare la reputazione della chimica e per proteggere ed accrescere la conoscenza chimica. Tutti i membri della Società Chimica Tedesca sono consapevoli di come scienziati della vita siano responsabili per l’impatto della loro attività professionale sul genere umano e sull’ecosistema. La Società Chimica Tedesca ed i suoi soci supportano e promuovono uno sviluppo sostenibile e duraturo nella società, nell’economia, nell’ambiente. Essi agiscono sempre con la coscienza della loro responsabilità rispetto alle generazioni future, rispettano la cornice legale esistente e le convenzioni internazionali per le loro attività professionali, i risultati ed i relativi impatti e combattono contro l’uso sbagliato della chimica con la produzione di armi e tossici chimici. Durante lo sviluppo, l’applicazione e la disseminazione della conoscenza chimica i soci della Società Chimica Tedesca sono obbligati alla verità e non usano pratiche scorrette.

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Rispetto a questo il decalogo della SCI, al quale prima si accennava, risulta più puntuale trattando argomenti quali la sicurezza in laboratorio, il brevetto di molecole salva vita, la responsabilità oggettiva rispetto a quella soggettiva, la diffusione di risultati in ricerche ad eccezionale impatto sociale.

C’è poi un livello di comunità accanto a quello individuale e gli aspetti ad esso correlati sono:

  • L’educazione chimica come necessità di ragionare e riflettere sulla responsabilità e integrità etica; nel caso dei giovani anche con attenzione al bilancio globale di opportunità
  • La responsabilità dei docenti, in particolare di quelli più rilevanti nel curriculum seguito, per il successo degli studenti ad essi affidati ai vari livelli (diploma, laurea, dottorato) , supportandoli con adeguati tutor, assegnando e correggendo tesi di laurea o di dottorato
  • Le pubblicazioni ed il loro impatto sulla carriera o sulla reputazione

C’è infine un livello istituzionale: la chimica nelle società e nella cultura,i cui punti chiave sono il suo contributo alla crescita sociale, l’impatto sulla società (la ideazione, fabbricazione e distribuzione di prodotti chimici), la percezione del rischio (incertezza nella valutazione), la comunicazione scientifica (l’approccio scientifico al rischio è molto complesso rispetto alla sua comunicazione).

Un ultimo aspetto riguarda l’organizzazione. Attualmente sia nelle Società Chimiche Nazionali che in quella Europea l’organizzazione è limitata a Working Party. L’aspirazione è a crescere in strutture più finalizzate e soprattutto più consolidate, a partire dalle Divisioni. Vedremo nei prossimi anni come si evolverà questo tema, anche in vista d un auspicato progetto europeo di Etica Chimica.

http://www.accademiadellacrusca.it/en/italian-language/language-consulting/questions-answers/articolo-davanti-parole-straniere-inizianti-p