Consigli di lettura per comprendere il presente.

Mauro Icardi

La fine del 2019 segna uno spartiacque, tra un passato che era percepito dalla maggioranza delle persone come un tempo felice e spensierato, rispetto ad un tempo presente che viene percepito come difficile, faticoso da vivere e soprattutto ingiusto. In questo tipo di giudizio assume una grande importanza l’abitudine. Credo che tutti siamo degli abitudinari, le abitudini riescono a darci un certo senso di sicurezza. La pandemia e la guerra in Ucraina hanno pesantemente minato le sicurezze di ognuno di noi. La prima reazione alla quarantena del 2020 è coincisa con uno slogan denso di speranze, ma a mio parere ingenuo: “Andrà tutto bene”. Purtroppo le cose non sono andate proprio come ci si aspettava, le speranze che si potesse tornare ad una normalità, che era in effetti una normalità distorta, piena di incongruenze e disuguaglianze, non si sono verificate. Ora stiamo facendo i conti con un conflitto che ci mette di fronte una realtà persino peggiore della pandemia. Ci è voluta una guerra per far riflettere quella che un tempo si definiva opinione pubblica, sull’importanza centrale del tema energetico. E nel frattempo, nascosto per molti mesi dalle cronache di guerra, un problema altrettanto importante come quello della siccità, legato al cambiamento climatico si sta manifestando in tutta la sua gravità.

Per comprendere appieno queste problematiche, ricordando la mia formazione personale, mi convinco ogni giorno di più che si debba essere preparati.  Conoscere i principi di base della termodinamica rappresenta uno strumento culturale imprescindibile.

Quindi ecco il mio primo consiglio di lettura: “Il secondo principio” di Marco Malvaldi, editrice il Mulino.

Il libro fa parte della collana “Formule per leggere il mondo”. Il libro è uscito nel 2021, sono 131 pagine di agevole lettura.

Leggere questo libro aiuta ad approcciare il mondo reale con razionalità. Raccontare la storia di chi la termodinamica l’ha creata, partendo dalla prima rudimentale macchina a vapore di Thomas Newcomen e via via introducendoci alle esperienze e riflessioni di James Watt, Sadi Carnot, Rudolf Clausius, William Gibbs. Ci sono le formule di base studiate a scuola, ma che probabilmente si sono dimenticate. Presi dall’abitudine negativa del consumismo, dimenticando che la terra non è un pozzo senza fondo, una cornucopia che ci elargisce cibo, materie prime in abbondanza per compiacere i nostri desideri. Comprendere tutto questo sarebbe un primo passo importante, fondamentale. Eviterebbe di dover leggere commenti sui social o sui giornali che per esempio vedono come soluzione al problema della mobilità privata la produzione di auto ad aria compressa, ovvero la realizzazione del moto perpetuo di primo grado.

A tutti coloro che magari in perfetta buona fede credono a queste cose, e per incoraggiare lo studio della termodinamica, anche se ormai già diplomati o laureati, dedico questo aforisma di Albert Einstein:

Una teoria è tanto più importante quanto maggiore è la semplicità delle sue premesse, tanto più sono diversi i tipi di cose che correla e quanto più esteso è il campo della sua applicabilità. Di qui, la profonda impressione che ho ricevuto dalla termodinamica classica. È la sola teoria fisica di contenuto universale di cui sono convinto che nell’ambito di applicabilità dei suoi concetti di base non verrà mai superata.”

Quando si affrontano temi ambientali, molto spesso risulta difficile utilizzare un linguaggio adatto a divulgare temi importanti, ma spesso rifiutati dalla maggioranza delle persone. Per questo ho voluto leggere un libro pubblicato nel 2017 dalla casa editrice Neri Pozza cioè “La grande cecità” di Amitav Gosh.

L’autore mentre lavorava ad un suo romanzo dal titolo “Il paese delle maree” si accorge dei cambiamenti di natura geologica che stanno avvenendo nel Bengala. In particolare il ritirarsi delle linee costiere, e la sempre maggiore contaminazione di acqua salina che si infiltra nelle terre coltivate. Il libro non è recente, in Italia è stato pubblicato nel 2017. Recente è invece la constatazione che l’acqua di mare sta risalendo lungo il letto del Po, mettendo a rischio l’utilizzo delle sue acque che diventano salmastre per l’uso irriguo, e potrebbero anche contaminare le falde acquifere destinate all’uso potabile. In questi giorni in cui si parla molto di siccità italiana, una delle frasi che più spesso sento pronunciare è “Mai visto niente di simile”. Amitav Ghosh che oltre ad essere uno scrittore è anche antropologo riflette su cosa ci impedisca di accettare la realtà di questi cambiamenti, e perché la letteratura non sempre riesca o voglia utilizzare il cambiamento climatico come argomento principale di un romanzo.

La prima risposta dell’autore a queste domande è che, la vita di oggi con la sua ricerca di regolarità ci impedisca di considerare plausibili gli scenari che per esempio l’IPPC, o nel caso italiano L’ENEA, hanno pubblicato. Tesi che condivido. L‘abitudine a considerare il benessere un diritto acquisito, distorce significativamente la capacità di percezione dell’impatto dei cambiamenti climatici nelle nostre vite e frena l’approccio ad un cambiamento di abitudini. Potrebbe sembrare che nei paesi più poveri vi sia una percezione maggiore, o un’abitudine maggiore alla resilienza. Ma non è esattamente così: nel 2015 durante un’alluvione che ha colpito Mumbai lo scrittore racconta le difficoltà ed i danni che le classi più agiate (politici e star di Bollywood) hanno dovuto subire. Questo perché era ritenuto uno status symbol avere la casa direttamente affacciata sulla spiaggia, con vista mare. Ma il ciclone che colpì la città non fece distinzioni. Costruire abitazioni in una città che sorge su due isole che in alcuni punti sono anche al di sotto del livello del mare non è una primaria regola di prudenza.

La seconda risposta, cioè perché il cambiamento climatico non sia nella maggior parte dei casi il tema centrale di un romanzo, va ricercata ugualmente nello stile di vita di chi ritiene che la propria vita non possa essere sconvolta da catastrofi, e da un pregiudizio ancora largamente diffuso. Cioè che la letteratura che prospetta scenari futuri plausibili, sia una letteratura minore meno degna di attenzione critica. Insomma un certo affettato disprezzo per la letteratura fantascientifica.

Personalmente io ho sempre apprezzato la letteratura di questo genere, in particolare la cosiddetta fantascienza sociologica, cioè quella che cerca di immaginare scenari di evoluzione della società umana. Esistono pregevoli romanzi e libri di questo genere di letteratura fantascientifica. Per esempio le raccolte di racconti di Primo Levi “Storie naturali”, e “Vizio di forma

Per quanto riguarda la letteratura non di genere, in Italia è uscito un romanzo che ha avuto come argomento narrativo il cambiamento climatico: “Qualcosa la fuori” di Bruno Arpaia.

Il romanzo pubblicato da Guanda nel 2016 racconta di un’Europa ormai devastata dai cambiamenti climatici, in cui solo alle latitudini della Scandinavia è possibile trovare territori adatti agli insediamenti umani. Il sud del continente è ormai diventato invivibile. Pianure screpolate, argini di fango secco, fiumi aridi, polvere giallastra, case e capannoni abbandonati. E proprio per la rimozione dei problemi, per la disattenzione e lentezza nel risolverli che inizia l’era dei migranti climatici. Il protagonista Livio Delmastro, anziano professore di neuroscienze, è uno di loro. Ha insegnato a Stanford, ha avuto una magnifica compagna, è diventato padre, ma alla fine è stato costretto a tornare in un’Italia quasi desertificata, sferzata da profondi sconvolgimenti sociali e politici, dalla corruzione, dagli scontri etnici, dalla violenza per le strade.

Una trama simile ricorre in un interessante volume della storica collana Urania. Il titolo è “La carovana” di Stephen Goldin. Il romanzo in originale è del 1975, in Italia è stato pubblicato nel 1979 nel volume 771 della collana omonima.

Anche qui ci sono dei migranti in fuga da una società ormai disgregata. Tra loro viene accolto il protagonista Peter Stone che è l’autore di un libro intitolato “Il collasso mondiale”. Libro che è stato molto venduto, molto criticato e di fatto completamente ignorato. Stone viaggia in un America dove il denaro non ha più valore, dove si è tornati al baratto, e lo fa sotto falso nome per paura di essere oggetto di ritorsioni e violenze proprio per aver scritto e previsto il collasso del sistema. Il romanzo è di facile lettura. Ma soprattutto sono interessanti i brani tratti dall’immaginario libro di Stone, che di fatto è l’altro protagonista del romanzo, che aprono come nota ogni capitolo. Questo è un piccolo estratto: “Stiamo diventando una società dell’io prima di tutto, in cui il bene dell’individuo spesso è in contrasto con il bene della società. E nella struttura di una civiltà che ha assoluto bisogno di una perfetta cooperazione tra i suoi vari elementi, questo può avere una sola, disastrosa conseguenza…” (da Il collasso mondiale di Peter Stone).

Come ho cercato di far capire, la lettura e la curiosità possono e devono essere una chiave di conoscenza a vari livelli per affrontare il nostro tempo incerto. Poi occorre rimboccarsi le maniche, sporcarsi le mani e iniziare non solo a lavorare sulle nostre abitudini individuali, ma anche sulle pressioni che possiamo fare sulla classe politica. La scienza ha già detto cosa doveva dire. Ma come si può vedere anche la letteratura nelle sue diverse accezioni lo ha fatto. Non è più tempo di indugi. Constatare che alcuni degli scenari previsti in libri di letteratura, confermano previsioni e scenari fatti dalla scienza sono alla fine una sorta di triste privilegio.  Se poi non seguono azioni concrete, se la maggior parte delle persone insiste nel negare i problemi climatici e ambientali. Le generazioni che si troveranno a vivere in un pianeta diverso da quello che abbiamo conosciuto noi, ci stanno già richiamando alle nostre responsabilità, rinfacciandoci il troppo tempo perso.

Vaccini e profitti: il covid-19 rimane con noi per difendere i brevetti.

Claudio Della Volpe

66.3% of the world population has received at least one dose of a COVID-19 vaccine.
12 billion doses have been administered globally, and 6.33 million are now administered each day.
Only 17.8% of people in low-income countries have received at least one dose.

https://ourworldindata.org/covid-vaccinations

La situazione attuale della pandemia e delle vaccinazioni è che mentre una buona parte del mondo occidentale é plurivaccinata, altri paesi in Africa, Sud America ed Asia è molto al di sotto del 25%; l’Africa in particolare è attorno al 10% della popolazione vaccinata.

https://lab24.ilsole24ore.com/vaccinazioni-mondo/#

Questa costituisce una sconfitta secca nei confronti della pandemia virale in quanto le persone non vaccinate sono un enorme serbatoio in cui incubano versioni nuove del COVID-19 che rimarranno con noi per molti anni trasformando la pandemia in problema perpetuo, una epidemia. E questa è GIA’ verosimilmente la situazione.

La pandemia non è finita e siamo alla mercé di omicron; potrebbe andarci bene o meno bene, ma non siamo in grado di fermarlo. Nel mentre gli introiti dei vaccini hanno superato i 26 miliardi di dollari fino a dicembre scorso (di cui il 70% profitti) e si avvicina il nuovo vaccino anti-omicron.

Come siamo arrivati a questa sconfitta?

Ci siamo arrivati certamente per la povertà di molti paesi e per la loro mancanza di un robusto sistema sanitario (che però dipende essenzialmente dal loro basso reddito, anche se dobbiamo dire che molti paesi ricchi mancano di un buon sistema sanitario pubblico, in primis gli USA, mentre la povera ed isolata Cuba ha sviluppato un vaccino da sola, cosa che noi italiani non siamo stati capaci di fare) ma prima di tutto ci siamo arrivati per la difesa a spada tratta da parte dei paesi ricchi dei privilegi brevettuali DEI LORO RICCHI PRODUTTORI DI FARMACI, spesso aiutati dai loro stati.

Un paio di settimane fa, mascherata dal clamore mediatico sulla guerra si è avuta una riunione cruciale della WTO, Organizzazione mondiale del commercio, l’organizzazione che controlla le regole del mercato globale e che dunque è la difesa del sistema capitalistico cosiddetto del “libero mercato”; la riunione era dedicata al problema di allentare le regole sui brevetti vaccinali.(leggete qua)

In questa riunione tenutasi a Ginevra, e dopo 2 anni di defatiganti discussioni, cosa si è concluso?

Difficile trovare sintesi sulla stampa italiana, qualcosa qui.

La riunione si era conclusa ufficialmente due giorni prima, dunque ci sono voluti i tempi supplementari per trovare una sorta di compromesso su vari temi: sicurezza alimentare, pesca e dazi moratori sui download oltre che vaccini.

La decisione sui vaccini corrisponde ad una revoca temporanea sui brevetti a vantaggio dei paesi poveri ed è limitata per molti aspetti pratici.

Anzitutto la risposta arriva troppo tardi e non è tale da poter migliorare per migliorare i risultati sanitari dei paesi in via di sviluppo contro il COVID-19.

La deroga non si applica alla produzione di test e trattamenti COVID-19 e il suo mandato non copre i segreti commerciali della produzione dei vaccini.

La dottoressa Patricia Ranald, convocatrice dell’Australian Fair Trade and Investment Network, ha affermato che l’accordo potrebbe non soddisfare le esigenze dei paesi in via di sviluppo. “Siamo rimasti delusi dall’accordo finale perché è un notevole indebolimento della deroga temporanea originale, proposta da India e Sud Africa“, ha detto. “La nostra preoccupazione è che questo non consentirà l’effettiva produzione di più vaccini e trattamenti e avremo ancora una situazione in cui la maggior parte dei paesi a basso reddito ha tassi molto bassi di vaccinazione… che prolungherà la pandemia“.

La proposta iniziale è venuta da India e Sud Africa e le resistenze maggiori da paesi come Svizzera e Inghilterra che detengono molti brevetti farmaceutici.

(Noto di passaggio che questa divisione riproduce anche quella sulla guerra in Ucraina a dimostrazione del fatto che il mondo è attraversato da profonde ed evidenti spaccature sociopolitiche)

Lo scontro era iniziato dal principio della pandemia ed era stato portato avanti dai “bricks” ossia i paesi cosidetti in via di sviluppo, capitalismi più piccoli ma robusti di varie zone del mondo, per esempio dal Brasile come racconta il premio Nobel Joseph Stglitz in un articolo tradotto anche in italiano su Internazionale di dicembre, ma che potete trovare in inglese qui. Si trattava di riconoscere che già l’articolo 73  dell’accordo TRIPS consente questo uso in deroga, ma la cosa non è passata; il governo Bolsonaro (quello che sta finendo di distruggere la foresta amazzonica) la ha bloccata usando i propri diritti di veto.

Dice Stiglitz: il senatore Paulo Paim ha presentato una proposta di legge che permetterebbe al paese di aggirare il Trips. La proposta si fonda sull’idea che l’articolo 73 dell’accordo fornisca a ogni governo l’autorità necessaria per sospendere i diritti di proprietà intellettuale. Se quest’opzione è già disponibile, perché tanti paesi aspettano ancora l’autorizzazione della Wto? La risposta è che, fin dalla creazione dell’organizzazione, i paesi ricchi hanno punito quelli in via di sviluppo quando hanno provato a prendere l’iniziativa su questioni del genere. Quando negli anni scorsi Sudafrica, Brasile, India e Thailandia hanno cercato di scavalcare i monopoli che rendevano troppo costosi i farmaci antiretrovirali contro l’Hiv , gli Stati Uniti e l’Unione europea si sono opposti e in alcuni casi li hanno perfino portati in tribunale.

Il nostro governo non ha fatto che seguire l’andazzo, d’altronde abbiamo un presidente del consiglio che è stato capo della banca europea e dunque uno dei rappresentanti di questo mondo di ricchi commercianti profittevoli e ultravaccinati.

Il papa aveva già espresso parere contrario, “abbandonare i nostri individualismi e promuovere il bene comune“. Il Pontefice riteneva necessario “uno spirito di giustizia che ci mobiliti per assicurare l’accesso universale al vaccino e la sospensione temporanea dei diritti di proprietà intellettuale“. Parole dette in un videomessaggio ai giovani partecipanti al “Vax Live”.

Il massimo è stato un compromesso striminzito, fuori tempo massimo e ormai poco utile; vediamo cosa succederà, ma ripeto il COVID19 è qui per restare come endemico, non ce ne libereremo mai più mentre i profitti delle grandi farmaceutiche (sempre ben supportate dai nostri stati, che potrebbero invece fare da soli) aumenteranno. Voi che ne dite?

La rivoluzione culturale: ecologica e sociale

Vincenzo Balzani

(già pubblicato su Bo7 del 19 giugno 2022)

La nostra epoca è caratterizzata da due insostenibilità: ecologica, come mostrato, ad esempio, dal cambiamento climatico, e sociale, testimoniata dalle sempre crescenti disuguaglianze. Possiamo e dobbiamo porvi rimedio.

Papa Francesco, nell’enciclica Laudato si’, ci esorta a compiere una rivoluzione culturale che ci porti a custodire il pianeta. La principale causa dell’insostenibilità ecologica è l’uso dei combustibili fossili. È necessario, dunque, ricorrere a fonti energetiche alternative, le energie rinnovabili del Sole (fotovoltaica), del vento (eolica) e dell’acqua (idroelettrica) che, senza generare inquinamento e senza causare cambiamento climatico, forniscono elettricità, una forma di energia molto più pregiata del calore prodotto dai combustibili fossili. Le energie rinnovabili non sono solo la risposta alla crisi climatica, ma anche la chiave per combattere la povertà energetica. Come denunciato proprio su Avvenire dal direttore del Centro studi Power Shift Africa, alcune nazioni sviluppate, soprattutto Italia e Germania, anziché sostenere l’Africa nello sviluppo delle energie rinnovabili, spingono molti Paesi africani a riversare le loro limitate riserve finanziarie nello sviluppo di un’industria di estrazione dei combustibili fossili.

In natura, le energie fornite dal Sole, dal vento e dall’acqua sono molto abbondanti, ma per convertirle in elettricità servono apparecchiature (pannelli fotovoltaici, pale eoliche, dighe, ecc.) che dobbiamo costruire partendo dalle risorse materiali che ci fornisce la Terra. La quantità di questi materiali è però limitata, per cui dobbiamo utilizzarli con la massima efficienza e riciclarli. Per questa ed altre ragioni è necessario abbandonare l’economia lineare dell’usa e getta, alimentata dai combustibili fossili, e adottare un’economia circolare che utilizza le energie rinnovabili e che è basata su riuso, riparazione e riciclo di tutto quello che produciamo. Parallelamente, dobbiamo abbandonare il consumismo e vivere in modo più sobrio.

C’è poi un altro problema. Le limitate risorse materiali necessarie per convertire in energia elettrica le energie del Sole, del vento e dell’acqua non sono equamente distribuite sulla Terra. Ad esempio, alcuni elementi chimici fondamentali, come il Litio per le batterie e il Neodimio per le pale eoliche, non si trovano né in Italia né in Europa, ma prevalentemente in Cile, il primo, e in Cina, il secondo. Alla scarsità di una risorsa importante un Paese può far fronte in due modi: con la guerra, come spesso è accaduto in passato per il petrolio, o con accordi di collaborazione e scambi commerciali. Le nazioni continueranno ad essere così incoscienti da fare guerre per conquistare le risorse che non hanno, o finalmente capiranno che ogni guerra è una sconfitta per l’umanità intera?

Ecco allora l’altro aspetto della necessaria rivoluzione culturale, indicato da papa Francesco nell’enciclica Fratelli tutti: promuovere un’aspirazione mondiale alla fraternità e all’amicizia sociale per costruire un mondo migliore, a partire dalla comune appartenenza alla famiglia umana e dal riconoscerci fratelli perché figli di un unico Creatore.

Ridurre la sperimentazione animale.

Luigi Campanella, già Presidente SCI.

La mia contrarietà alla sperimentazione animale è storica, ma mai sostenuta solo per principio preso. Per questo sono attento a quanto attorno ad essa succede

La proroga alla moratoria sulla legge 2014 sulla sperimentazione animale scadrà a giugno, a meno che non venga, come già avvenuto, prorogata. Peraltro questa ipotesi è sostenuta dall’osservazione che l’Italia è l’unico Paese che ha modificato in senso restrittivo quanto suggerito dalla Commissione Europea elaborando divieti aggiuntivi all’uso di questa sperimentazione nella ricerca sugli xenotrapianti e sulle sostanze di abuso.

Questo atteggiamento è costato all’Italia un richiamo e sanzioni pecuniarie. L’ultima proroga di moratoria – di fatto l’unico provvedimento adottato dai Governi che si sono succeduti dal 2014 ad oggi – è del 2021 con il decreto legge milleproroghe che ha prorogato di 1 anno l’applicazione delle 2 restrizioni suddette. Questa moratoria contrasta con il fatto che sia il Min.ro della Salute sia il Comitato per la biosicurezza, le biotecnologie e le scienze della vita della Presidenza del Consiglio si sono espressi contro questi divieti ed abbiano chiesto una congrua dilatazione nel tempo della moratoria ed un adeguamento alle regole europee, rispettando i principi etici stabiliti dai codici internazionali come elementi di valori di una società basata sulla conoscenza.

La ricerca nel frattempo cerca di rispettare le raccomandazioni UE della Direttiva 3R sulla sperimentazione animale: ridurre, sostituire, rimodulare.

In particolare per rispondere alle problematiche etiche si tenta di spostare la sperimentazione verso specie meno senzienti cioè a più basso sviluppo cognitivo, in particolare invertebrati. L’Unione Zoologi Italiani insieme a Research4Life, il consorzio nato nel 2015 per dare voce sul tema della sperimentazione animale ai ricercatori biomedici, in un webinar ad hoc hanno in questa direzione illustrato l’utilizzo in ricerca di vermi, moscerini, zanzare, mitili e sanguisughe che potrebbe tornare utile non solo rispetto alla raccomandazione 3R, ma anche in genetica ed in medicina delle malattie rare. Nel webinar peraltro si è parlato di una ricaduta della nuova linea sulla riduzione del ricorso a vertebrati in sperimentazione animale tagliandola almeno del 10%. Questo approccio è una risposta diretta alla legge 63 del 2010 che prevede la sostituzione parziale o totale della sperimentazione animale in tutti i casi nei quali si può ricorrere ad alternative. Gli zoologi osservano che il principio è sano, ma deve essere applicato razionalmente: infatti non tutti gli invertebrati sono utilizzabili e soprattutto non tutti sono meno senzienti, portando l’esempio dei cefalopodi, a partire dai polpi, specie tutelate.

Il polpo Paul durante i mondiali del 2010.

Se si guarda alla bibliografia scientifica si trova così che i polpi hanno un numero di cellule di 6 volte superiore a quello dei topi e 350 milioni di neuroni nei loro tentacoli che rappresentano il loro sistema nervoso periferico. Negli USA per merito dell’Animals Act è stata regolata la sperimentazione animale rispetto al dolore o stress che può indurre nell’animale concludendo che i vertebrati da questo punto di vista devono essere considerati da proteggere e che il polipo è l’unico invertebrato a meritare di entrare in questa fascia protetta.

Come si vede la problematica è in continua evoluzione alla ricerca di un equilibrio non facile da conseguire fra diritti degli animali e sperimentazione per il progresso biomedico. Mi permetto di ricordare ancora una volta da chimico che quando fu pubblicata la direttiva 3R, le linee guida raccomandavano alla chimica di mettere a punto metodi alternativi che consentissero di rispettare la Direttiva 3R, ma al tempo stesso di mettere a disposizione della Scienza strumenti preziosi per l’avanzamento della ricerca biomedica, ambientale, alimentare

Le creme solari distruggono i coralli

Rinaldo Cervellati

La barriera corallina è una formazione tipica dei mari e oceani tropicali, composta da formazioni rocciose sottomarine biogeniche costituite e accresciute dalla sedimentazione degli scheletri calcarei dei coralli, animali polipoidi facenti parte della classe Anthozoa, phylum Cnidaria. Per questo le barriere sono uno degli organismi più importanti per la biodiversità.

L’ossibenzone, un ingrediente attivo comune nelle creme solari, è noto per danneggiare le barriere coralline. La tossicità segnalata delle creme solari a base di ossibenzone per i coralli ha sollevato preoccupazioni circa l’impatto di questi prodotti, ampiamente usati dagli “eco” turisti, sui coralli già indeboliti da fattori globali di stress. Per questo alcuni Paesi e gli USA hanno vietato ai nuotatori di utilizzare creme solari che lo contengano. Circa l’11% delle creme solari contiene ossibenzone, un bloccante della radiazione ultravioletta UVA e UVB, secondo un rapporto del 2017 della Food and Drug Administration.

Un gruppo di ricercatori, guidato da William Mitch della Stanford University (fig. 1), ha chiarito il meccanismo dell’azione sui coralli.

Figura 1. Prof. William Mitch

I coralli metabolizzano l’ossibenzone per generare un composto tossico per gli organismi sotto l’azione dei raggi solari. Il gruppo ha studiato in dettaglio gli effetti dell’esposizione all’ossibenzone su due organismi modello della famiglia dei coralli: un anemone di mare e un corallo fungo [1]. Quotidianamente, il gruppo ha aggiunto ossibenzone in vasche di acqua di mare simulata, a livelli vicini a quelli di alcune zone della barriera corallina. Dopo 17 giorni, tutti gli anemoni di mare erano morti. Hanno scoperto che gli animali metabolizzano l’ossibenzone in coniugati glucosidici fototossici (fig.2)

Figura 2. Ossibenzone e suo glucoside

L’ossibenzone agisce assorbendo la radiazione UV, rilasciandone poi l’energia sotto forma di calore. Questa capacità è dovuta al gruppo OH sull’ossibenzone, spiega Djordje Vuckovic, dottore di ricerca nel laboratorio di Mitch. Una volta nello stato di alta energia, il gruppo OH è in grado di allontanare l’energia. Ma questo non è più possibile una volta che i coralli metabolizzano l’ossibenzone, continua Vuckovic. Il composto reagisce attraverso una reazione di glicosilazione, in cui l’OH viene deprotonato e una molecola di glucosio si aggiunge all’O-. Il nuovo coniugato ossibenzone glucoside può ancora assorbire la luce, ma non ha modo di rilasciare l’energia sotto forma di calore. Invece, il composto eccitato forma specie reattive dell’ossigeno. Ciò innesca una reazione radicalica, che causa danni alle cellule o ai tessuti. I coralli sostanzialmente convertono l’ossibenzone di una crema solare in ciò che è essenzialmente l’opposto, cioè una fototossina.

L’effetto visivo più evidente è la variazione di colore del corallo: da quello naturale a bianco (fig.3).

Figura 3. Corallo sbiancato al largo dell’isola di Huahine, Polinesia francese. Credit: Shutterstock

I risultati dello studio suggeriscono anche che i coralli che si sono sbiancati sono ancora più vulnerabili all’ossibenzone, afferma Vuckovic. Lo sbiancamento si verifica quando i coralli rispondono a stress come l’aumento delle temperature oceaniche, espellendo le alghe simbiotiche che vivono nelle loro cellule, e sono una delle principali fonti di cibo ed energia per i coralli. Questo esodo di alghe li fa diventare bianchi. Negli esperimenti del gruppo, gli anemoni di mare sbiancati sono morti circa 5 volte più velocemente di quelli sani. Il gruppo ha scoperto che le alghe simbiotiche degli anemoni assorbono i coniugati dell’ossibenzone glucoside, sequestrando la fototossina lontano dalle cellule degli animali quindi proteggendole.

Craig Downs, un biologo cellulare e molecolare che dirige l’Haereticus Environmental Laboratory, un laboratorio senza scopo di lucro, afferma che lo studio mette in evidenza la relazione tra inquinamento e cambiamento climatico: “L’inquinamento da creme solari può interagire con i fattori del cambiamento climatico per ridurre la resilienza delle barriere coralline”.

L’ossibenzone non dovrebbe essere presente nei filtri solari sicuri per i coralli o per la barriera corallina. Anche gli ingredienti della creme solari con strutture e meccanismi d’azione simili, come avobenzone, octisalato e octocrilene, possono danneggiare i coralli, ma sono necessarie ulteriori ricerche.

Bibliografia

[1] D. Vuckovic et al., Conversion of oxybenzone sunscreen to phototoxic glucoside conjugates by sea anemones and corals., Science2022, 376 (6593), 644-648, DOI: 10.1126/science.abn2600


Questo post è stato tradotto e adattato da: Leigh K. Boerner, Sunscreen chemical kills corals—now scientists know why, May 9, 2022 C&EN

Molecole ibride RNA–proteine alla base delle origini della vita sulla Terra.

Diego Tesauro

Il concetto di mondo a RNA, formulato nel 1986 dal premio Nobel William Gilbert [1], è uno dei pilastri fondamentali accettati dagli scienziati all’origine della teoria della vita. Le prime ipotesi si basavano quindi su sistemi autoreplicanti che fossero costituiti da RNA, che portavano l’informazione, e proteine, che fornivano tutte le attività enzimatiche necessarie a fare copie di RNA e riprodurre loro stessi. Dalla metà degli anni ottanta sembra possibile che sia le proprietà relative all’informazione che catalitiche di questi due costituenti possono essere combinate in un’unica specie molecolare [1]. Infatti nel 1986 Westheimer descrisse la scoperta di attività enzimatiche in molecole di RNA di Escherichia coli, in cui la ribonucleasi-P taglia i legami fosfodiesterei durante la maturazione dell’RNA trasfer (t-RNA) [2].

E se c’è un’attività enzimatica, ce ne possono essere anche altre, per cui si può catalizzare la sintesi di un nuovo RNA da precursori; di conseguenza, non ci sarebbe bisogno di proteine enzimatiche all’inizio dell’evoluzione. A questo punto uno degli enigmi più misteriosi dell’evoluzione è come questo mondo dell’RNA sia poi avanzato allo stadio successivo, in cui le proteine ​​​​sono diventate i catalizzatori della vita e l’RNA ha ridotto la sua funzione principalmente alla memorizzazione di informazioni. Un processo centrale nella vita cellulare e tra i più antichi processi evolutivi, che risale all’ipotetico mondo dell’RNA, è la sintesi dei peptidi in cui l’RNA ribosomiale (r-RNA) ne catalizza la formazione con l’aiuto dei t-RNA,che funzionano come molecole di trasporto di amminoacidi. La domanda su come e quando l’RNA abbia istruito la sintesi dei peptidi è una delle grandi sfide irrisolte nella ricerca evolutiva prebiotica. L’immensa complessità della traslazione ribosomiale richiede un processo evolutivo graduale. Dal punto di vista del mondo dell’RNA, a un certo punto l’RNA deve aver acquisito la capacità di istruire e catalizzare la sintesi, inizialmente, solo di piccoli peptidi. Ciò ha avviato la transizione da un mondo a RNA puro a un mondo a RNA-peptidi, ottenendo nell’evoluzione una maggiore efficienza nella traduzione e nella replicazione. Recentemente per ottenere informazioni sui processi iniziali, che potrebbero aver consentito l’emergere di un mondo RNA-peptide, sono stati indagati nucleosidi vestigia non canonici presenti in natura, componenti chiave degli RNA contemporanei, (se ne conoscono ben 120 alcuni esempi sono riportati in Figura 1 [3]) che sembrano essere il residuo del mondo a RNA [4]. Queste specie sono in grado di dotare l’RNA della capacità di auto-funzionalizzarsi con peptidi formando strutture chimeriche.

Il gruppo di Thomas Caroll ha sintetizzato una molecola di RNA sintetica che includeva due di questi nucleosidi modificati unendo due pezzi di RNA che si trovano comunemente nelle cellule viventi [5]. Nel primo dei siti esotici, la molecola sintetica lega un amminoacido, che poi si sposta lateralmente per legarsi con il secondo nucleoside esotico adiacente. Dopo aver separato i loro filamenti di RNA originali può essere introdotto uno nuovo, contenente un altro aminoacido che è nella posizione appropriata per formare un forte legame covalente con l’amminoacido precedentemente attaccato al secondo filamento. Il processo reiterato passo dopo passo, ha permesso di far crescere una sequenza amminoacidica ottenendo una chimera RNA-peptide.  In queste molecole entrambe le entità chimiche possono co-evolvere in una forma covalentemente connessa, generando strutture RNA-peptidi gradualmente sempre più sofisticate e complesse.  

Sebbene, sia stata osservato l’accoppiamento peptidico sull’RNA con buone rese, l’efficienza migliorerà sicuramente con l’ottimizzazione delle strutture e delle sequenze degli RNA-peptidi mediante l’evoluzione chimica. La presenza simultanea delle funzionalità chimiche dell’RNA e degli amminoacidi aumenta sicuramente la possibilità di generare strutture cataliticamente in competizione. Ad esempio la stabilizzazione dell’RNA mediante incorporazione di nucleotidi metilati in posizione 2 (Figura 2) ha migliorato significativamente la resa di scissione. È interessante notare che nella fase di accoppiamento sono state osservate grandi differenze nelle costanti di velocità di reazione, il che suggerisce che il sistema ha il potenziale per generare preferenzialmente determinati peptidi. Inoltre i peptidi possono crescere simultaneamente in più siti sull’RNA, sulla base di regole determinate dalla complementarità della sequenza, il che è  requisito indispensabile per una crescita efficiente dei peptidi. Tutti questi dati insieme supportano l’idea che i nucleosidi vestigia non canonici nell’RNA hanno il potenziale per creare chimere relativamente stabili, per cui è ipotizzabile che, alcune di queste strutture, abbiano imparato, ad un certo punto, ad attivare gli amminoacidi mediante adenilazione[6] e a trasferirli sui gruppi ossidrilici del ribosio per catturare la reattività in strutture che erano grandi e abbastanza idrofobe da escludere l’acqua. Questa sarebbe stata quindi la transizione dal mondo a RNA-peptide non canonico basato su nucleosidi al processo traslazionale centrato sul ribosoma che è un segno distintivo di tutta la vita sulla Terra oggi.

Figura 1 Esempi di basi non canoniche dell’RNA. Dall’alto verso il basso: modifiche da Adenina (blu scuro), modifiche da Citosina (blu medio), modifiche da Guanina (azzurro), modifiche da Uracile (verde scuro), basi puriniche ipermodificate (verde chiaro) , e basi pirimidiniche (uridina) ipermodificate (gialle)

Figura 2 Nucleotide metilato in posizione 2

Figura 3  Carell e collaboratori sono stati ispirati dai ribosomi qui mostrati nella traduzione dell’RNA  (Omikron/Science Photo Library)

References

  1. W. Gilbert Origin of life: the RNA world. Nature 1986, 319, 618 https://doi.org/10.1038/319618a0.

2) 3) F H Westheimer Polyribonucleic acids as enzymes. Nature 1986, 319(6054), 534-535.  https://doi.org/10.1038/319534a0.

3) T. Carell, C. Brandmayr, A. Hienzsch, M. Müller, D. Pearson, V. Reiter, I. Thoma, P. Thumbs, M. Wagner Structure and function of noncanonical nucleobases Angew Chem 2012, 51(29), 7110-7131 https://doi.org/10.1002/anie.201201193.

4) S. Becker, C. Schneider, A. Crisp, T. Carell Non-canonical nucleosides and chemistry of the emergence of life. Nat Commun 2018, 95174 (1-4) https://doi.org/10.1038/s41467-018-07222-w

5) F. Müller, L. Escobar, F. Xu, E. Węgrzyn, M. Nainytė, T. Amatov, C.Y. Chan, A. Pichler, T. Carell A prebiotically plausible scenario of an RNA–peptide world.Nature 2022, 605, 279–28 https://doi.org/10.1038/s41586-022-04676-3.

6) L’adenilazione è un processo con il quale l’ATP fornisce energia ad un processo biochimico. Questo processo consiste in un attacco nucleofilo in posizione α con rimozione di un gruppo pirofosfato (che successivamente viene scisso in due gruppi fosfato) e trasferimento di adenilato.

L’infinitene è aromatico?

Rinaldo Cervellati

Nel dicembre 2021 appare sul JACS on line la sintesi di un poliarene a forma di infinito comprendente anelli di 12-benzene fusi consecutivamente formando un anello chiuso con un’energia di deformazione di 60,2 kcal·mol–1, chiamato infinitene dal gruppo di ricerca coordinato da H. Ito e K. Itami dell’Università di Nagoya (Giappone) [1].

Hideto Ito e Kenichiro Itami

L’infinitene (fig. 1) rappresenta un topoisomero[1] del [12]circulene ancora ipotetico, e la sua struttura può essere formalmente visualizzata come il risultato della “cucitura” di due subunità omochirali [6]elicene da entrambe le loro estremità.

Figura 1. Struttura infinitene

La sintesi ha compreso la trasformazione di un ditiaciclofano in ciclofadiene attraverso il riarrangiamento di Stevens[2] e la pirolisi del corrispondente S,S′-bis(ossido) seguito da fotociclizzazione. La struttura in figura 1 è un ibrido unico di elicene e circulene[3] con una formula molecolare di C48H24, che può essere considerato un isomero di kekulene, e [12]ciclacene.

L’infinitene è un solido giallo stabile con fluorescenza verde, solubile in comuni solventi organici. La sua struttura molecolare a forma di otto è stata confermata inequivocabilmente dalla cristallografia a raggi X (fig. 2).

Figura 2. Schema del twist dell’infinitene (C48H24)

L’impalcatura dell’infinitene è compressa con una distanza notevolmente ridotta (3,152–3,192 Å) tra i centroidi dei due anelli benzenici centrali e con distanza C···C più vicina di 2,920 Å. Le proprietà fotofisiche della molecola sono state chiarite mediante studi spettroscopici di assorbimento UV-vis e fluorescenza e da calcoli teorici in base alla teoria del funzionale densità [1].

Il gruppo dell’Università di Nagoya ha inoltre calcolato che l’aromaticità è confinata ai singoli anelli piuttosto che diffusa sull’intera molecola.

I lettori di C&EN hanno votato l’infinitene “Molecola dell’anno 2021”[4].

Tuttavia, la struttura della nuova molecola è piuttosto una sfida per il calcolo dell’aromaticità, la sua forma contorta significa che le semplici regole di conteggio degli elettroni come quelle di Hückel o di Möbius non sono valide.

Pertanto Mesías Orozco-Ic, Rashid R. Valiev e Dage Sundholm, della Facoltà di Scienza, University of Helsinki (Finlandia), hanno deciso di eseguire una propria analisi teorica. Il gruppo di ricerca ha utilizzato un pacchetto software di chimica quantistica, Turbomole[5], per simulare la risposta dell’infinitene a un campo magnetico esterno. I loro calcoli indicano che in un campo magnetico, gli elettroni delocalizzati fluirebbero lungo i due bordi della molecola in due percorsi non intersecanti, una caratteristica delle molecole aromatiche [2].

Man mano che i chimici sintetizzano strutture più contorte, questo tipo di calcoli potrebbe scoprire molecole aromatiche che non obbediscono alle semplici regole di conteggio degli elettroni.

Bibliografia

[1] Maciej Krzeszewski, Hideto Ito, Kenichiro Itami, Infinitene: A Helically Twisted Figure-Eight [12]Circulene Topoisomer., J. Am. Chem. Soc. 2022, 144, 862–871. DOI: 10.1021/jacs.1c10807

[2] M. Orozco-Ic, R. R. Valiev, D. Sundholm, Non-intersecting ring currents in [12]infinitene., Phys. Chem. Chem. Phys., 2022, 24, 6404-6409. (open access)


[1] I topoisomeri o isomeri topologici sono molecole con la stessa formula chimica e connessioni di legame stereochimico ma topologie diverse. Esempi di molecole per le quali esistono topoisomeri includono il DNA, che può formare nodi, e i catenani.

[2] Il riarrangiamento di Stevens in chimica organica è una reazione organica che converte i sali di solfonio nei corrispondenti solfuri in presenza di una base forte in un riarrangiamento 1,2 .

[3] I circuleni sono macrocicli in cui un poligono centrale è circondato da benzenoidi. La nomenclatura all’interno di questa classe di molecole si basa sul numero di anelli benzenici che circondano il nucleo, che è equivalente alla dimensione del poligono centrale. Esempi che sono stati sintetizzati includono [5]circulene (corannulene), [6]circulene (coronene), [7]circulene, e [12]circulene (kekulene). Con il termine eliceni si indicano dei composti aromatici policiclici  nei quali alcuni anelli benzenici sono disposti i maniera angolata, dando luogo ad una struttura molecolare di forma elicoidale.

[4] Laura Howes, Infinitene might be aromatic. Chem. & Eng. News, April 7, 2022

[5] TURBOMOLE è un programma di chimica computazionale ab initio che implementa vari metodi di chimica quantistica.

La rivoluzione culturale: tutti fratelli

Vincenzo Balzani

(pubblicato su Bo7 di Avvenire)

Il mondo è malato a causa del cattivo rapporto fra la società umana e il pianeta che la ospita e ancor più a causa delle discordie all’interno della società umana. Stiamo scivolando sempre di più verso l’insostenibilità ecologica e sociale. Lo dicono sia gli scienziati che i filosofi e lo riafferma papa Francesco nella Laudato sì: Le previsioni catastrofiche ormai non si possono più guardare con disprezzo e ironia. Lo stile di vita attuale, essendo insostenibile, può sfociare solo in catastrofi. Ecco allora che, come scrive il papa “E’ necessaria una coraggiosa rivoluzione culturale”.

Da parecchi anni nella società umana domina il mito della crescita continua e permanente. Un mito assurdo che porta a considerare il nostro pianeta soltanto come un fornitore di risorse, senza limiti. Il pianeta, in realtà, è un sistema con risorse limitate, costituite da elementi chimici e loro composti, alcuni relativamente abbondanti, altri scarsi. Per di più, le risorse sono distribuite sul pianeta in modo disomogeneo, per cui è in atto una forte competizione sia fra le persone che fra le nazioni per impadronirsene. Le indagini dell’agenzia internazionale Oxfam attestano che la forbice della disuguaglianza tra i ricchi e i poveri, sia a livello delle persone che delle nazioni, continua ad allargarsi senza freno. Ne deriva che, come ha scritto papa Francesco nella già citata Laudato sì, «Non ci sono due crisi separate, una ambientale e un’altra sociale, bensì una sola e complessa crisi socio-ambientale che va affrontata con una visione unitaria dei problemi ecologici ed economici”.

Nella più recente enciclica Fratelli, tutti papa Francesco spiega che la rivoluzione culturale necessaria per giungere alla sostenibilità ecologica e sociale non può compiersi mediante qualche parziale modifica del rapporto uomo-pianeta o delle relazioni fra le nazioni. Si tratta, invece, di cambiare radicalmente la base su cui poggiano le nostre culture: bisogna accettare e valutare positivamente le diversità, ammettere i propri limiti e riconoscere che siamo tutti figli di Dio, fratelli che nascono, vivono e muoiono nella stessa casa comune, il pianeta Terra. In altre parole, la necessaria rivoluzione culturale richiede che gli uomini e anche le nazioni passino dalla situazione di abitanti nello stesso pianeta, spesso in competizione commerciale o addirittura in guerra fra loro, a quella di fratelli che si amano e si stimano.

Solo così si potrà giungere alla sostenibilità ecologica perché il pianeta verrà custodito e non degradato e le sue risorse verranno condivise nella sobrietà. Si potranno, o meglio si dovranno, anche mettere in atto una saggia politica per ridurre le disuguaglianze mediante lo sviluppo dei servizi comuni (scuola, sanità, trasporti, ecc.) e un’economia basata su tasse e sussidi mirati ad aiutare i più deboli, perché ogni persona vale e non va dimenticata. La consapevolezza che in un mondo globalizzato nessuno è autosufficiente ci permetterà di intraprendere collaborazioni proficue fra le nazioni e di dare forza alla pace.

Nutraceutica

Luigi Campanella, già Presidente SCI

La data della nascita ufficiale della nutraceutica è incerta, ma a me piace collocarla negli anni 70 dello scorso secolo quando l’ennesimo controllo sulla qualità delle acque dei fiumi europei (Tamigi Senna, Po, Danubio….) ha dimostrato che in 30 anni i residui di farmaci nelle acque fluviali erano aumentati di quasi 2 ordini di grandezza, sfiorando le condizioni di tossicità. Come conseguenza apparvero le prime raccomandazioni dall’Europa all’uso dei farmaci, non al loro abuso.

Sono gli anni in cui sono partiti i primi progetti, ad es. Repharmwater, dedicati alla rimozione preliminare dei farmaci dalle acque superficiali, tenuto conto anche che i depuratori non erano attrezzati per rimuovere questi inquinanti di nuova generazione. Parallelamente l’analisi statistica dei farmaci consumati dimostrava che in molti casi di trattava di medicinali a base di prodotti naturali, che potevano essere ritrovati in molti alimenti: con una dieta intelligente si poteva così ridurre il consumo di farmaci a favore di nutrienti funzionali.

Da quel momento le guide e le direttive nutraceutiche si sono succedute, con alcuni punti fermi.

A tavola con i colori: i colori degli alimenti e le loro proprietà ... blog.bimbonaturale.org

Il primo di questi è il cosiddetto arcobaleno degli alimenti: il rosso per proteggere il cuore con la vitamina C, il bianco contro i tumori con la fibra, il viola a favore del sistema cardiovascolare per i pigmenti relativi, il giallo arancione contro lo stress ossidativo, eccesso di radicali liberi non smaltiti, per i carotenoidi antiossidanti presenti, il verde per proteggere il fegato per l’acido folico e la fibra contenuti.

A proposito del bianco mi piace ricordare una esperienza personale. In Cina per una serie di conferenze sono stato gratificato da molti segnali di amicizia e riconoscenza e da un piccolo segreto, la cura dell’Aglio della antica cultura cinese.

L'aglio cinese diventa "dop"anche per l'Unione Europea | Quotidiano.net ...L’80% dell’aglio viene prodotto in Cina

Si tratta di un alimento, ricondotto nell’arcobaleno alimentare al bianco, utilizzato in passato come antibiotico naturale ed impiegato insieme alla cipolla per regolarizzare la pressione e prevenire la formazione di trombi. Incuriosito dalla ricetta fornitami dai colleghi cinesi ho voluto verificare se essa, basata sulla estrazione dalle teste di aglio dei composti preziosi contenuti, potesse essere applicata utilizzando gli innumerevoli prodotti commerciali offerti dal mercato, che soprattutto durante i miei viaggi all’estero mi era capitato di scoprire con numeri continuamente crescenti.

Il risultato di quella ricerca è stato, in parte, sorprendente, in parte atteso: l’aglio deve essere consumato fresco e non trattato, pena la perdita di alcune preziose componenti e proprietà.

Ma oltre ai colori la chimica degli alimenti ci ha insegnato molte altre cose che rendono più efficace e “nutraceutica” l’alimentazione;

-evitare il consumo nello stesso pasto di proteine animali e vegetali che producono insieme un agglomerato difficile da digerire;

-combinare nello stesso pasto fonti di carboidrati, proteine, grassi e fibra;

-combinare carne con alimenti contenenti vitamina C che facilità l’assorbimento del ferro contenuto nella carne.

-Altri abbinamenti giustificati da considerazioni chimiche sono tuorlo di uovo e latticini: il primo contiene vitamina D che facilita l’adsorbmento del calcio contenuto nel secondo;

I legumi forma incompleta di carboidrati e di proteine necessitano di opportune integrazioni

Per chiudere una curiosa osservazione: pizza e birra è una combinazione storica e di gran successo, ma potenzialmente di non facile digestione a causa della presenza di lieviti in tutte e due le sue componenti.

Negazioni insensate e sciocche

Mauro Icardi

La Giunta Regionale della Lombardia sulla base del monitoraggio condotto in queste settimane sta per dichiarare lo stato di crisi idrica regionale. Saranno applicate misure finalizzate al contenimento dei prelievi e al risparmio idrico.

In California meridionale Il Metropolitan Water District, che fornisce acqua a circa 19 milioni di persone, ha dichiarato due mesi fa un’emergenza per la carenza d’acqua e ha votato all’unanimità per ridurne l’uso, limitando l’irrigazione all’aperto o con altri mezzi. “Il Metropolitan non ha mai applicato questo tipo di restrizioni, ma stiamo affrontando riduzioni senza precedenti delle nostre forniture e dobbiamo rispondere con misure senza precedenti”, ha affermato Adel Hagekhalil, direttore generale del distretto. “Ci stiamo adattando ai cambiamenti climatici in tempo reale”, ha aggiunto.

Ho voluto mettere in evidenza queste due notizie, perché mi sembrano esemplificative di un problema di cui non vedo purtroppo la soluzione.

Non mi riferisco alle soluzioni tecnologiche; negli anni di collaborazione a questo blog ne ho scritto. Potrei forse suggerirne di nuove, ma in realtà mi sto ponendo altri interrogativi. Anche questi purtroppo non nuovi.

La mia formazione e crescita personale sono state fortemente influenzate non solo dal percorso di formazione scolastica (qui è doveroso un ringraziamento ai docenti che ho avuto), ma anche da una parallela educazione al rispetto delle risorse e alla loro gestione attenta e parsimoniosa, impartitami da mia nonna materna. Ne ho già scritto in un altro articolo; passavo l’estate in una cascina del Monferrato, e avevo l’incarico di attingere acqua dal pozzo con una carrucola. Per diversi anni prima che mio padre e mio zio provvedessero all’installazione di una pompa sommersa, ho capito perfettamente il valore dell’acqua e la necessità di non sprecarne nemmeno una goccia. Nonna mi diceva come provvedere ad innaffiare l’orto. L’acqua piovana era recuperata. Io sono nato nel 1962 e già a due anni ho iniziato a passare le estati in quella cascina. Quindi dal 1964 al 1980 (anno nel quale venne installata l’acqua corrente) ho imparato come si può vivere senza le comodità necessarie e come si possa essere resilienti. La cosa non mi è mai pesata, anzi l’ho vissuta come una necessaria e benedetta iniziazione personale.

In questa foto si può vedere, oltre al sottoscritto, parte del cortile, il mastello per il bucato, si intravede a sinistra l’abbeveratoio per le galline. Il pozzo era situato dietro la scala dove vi era il porticato, chiuso con una porta dotata di un grosso chiavistello. Qualcosa ho imparato, ma spesso penso che avrei dovuto imparare molto di più.

Mi domando se gli abitanti delle metropoli lombarde, o meglio ancora quelli di Los Angeles, San Bernardino e Ventura possano pensare, o stiano pensando di doversi e potersi adattare a vivere qualcosa di simile.

Credo che la stessa parola razionamento possa riuscire ostica, quasi irricevibile. L‘atteggiamento con cui pensiamo all’acqua a volte può essere distorto. Pensiamo all’acqua potabile più per le necessità igieniche, piuttosto che per dissetarci. Secondo i dati Istat, in Italia si consumano in media 215 litri di acqua per abitante al giorno, con forti differenze sul territorio: dal valore minimo di 118 litri per abitante al giorno nella provincia di Enna a quello massimo di 446 nella provincia di Aosta. La maggior parte (39%) è utilizzata per doccia e bagno, generando spesso uno spreco di acqua: solo per lavarsi i denti, se non si chiude il rubinetto, si possono sprecare fino a 30 litri d’acqua al giorno. Da considerare anche il fenomeno della dispersione dell’acqua immessa, ovvero della quantità che si perde a causa del cattivo funzionamento delle reti idriche: la media nazionale è del 40%. Come reagirà un cittadino degli Stati Uniti che secondo l’UNICEF-OMS-Water Report del 2019 consuma quantità enormi di acqua (425 litri al giorno, mentre un abitante del Madagascar si deve accontentare di 10 litri)?

Quando esco di casa, mi sembra di vivere una situazione surreale che coinvolge la popolazione in maniera trasversale. Una negazione ostinata di questi problemi. Non cito più le riposte banali o decisamente singolari che ricevo quando tento di parlare di questi temi. Purtroppo molti scenari che non ritenevamo possibili si stanno verificando.

Cito solo come esempio la risalita del cuneo salino nel delta del Po, che negli ultimi anni ha fatto risalire l’acqua salata di mare di circa 30 km, a causa della diminuita portata del maggiore fiume italiano.

Non mi sembra di vedere una reale e diffusa percezione del problema. Nelle poche trasmissioni radiofoniche o televisive che trattano di questi temi, colgo troppo spesso la sensazione che il problema non sia ben compreso. Solo sulla stampa locale si possono leggere i vari allarmi lanciati dai consorzi di irrigazione e bonifica, praticamente in tutta Italia: difficoltà di irrigazione, scarsità di fertilizzanti e mancato innevamento invernale. Dovrebbero essere gli argomenti più dibattuti.

L‘attuale situazione geopolitica ha forse fatto risuonare un campanello d’allarme. Non sarà facile cambiare le abitudini. Ma credo sia necessario farlo senza nessuna esitazione.

Mi tornano in mente le parole pronunciate da Donella Meadows, co-autrice del “Rapporto sui limiti alla crescita”, che riporto a chiusura di questo articolo. Sono più che mai attuali, e dovrebbero essere meditate.

“Non mi considero in alcun modo migliore di ogni altro essere umano, ma ho vissuto per vent’anni con questi modelli globali e riesco a vedere, a capire istintivamente le conseguenze globali delle mie azioni personali. E conosco il tipo di mondo in cui voglio vivere. Non voglio vivere in un mondo che collassa, non voglio vivere in un mondo che diventa sempre più grigio, in cui non si riesca a mantenere un livello di vita decente. Voglio vivere in un mondo sostenibile, dove non ci siano povertà, fame e uso irrazionale delle risorse.”

Sono parole che dovrebbero essere lette in tutte le istituzioni scolastiche. E che meritano di essere conosciute da più persone possibili. Non c’è più tempo per negazioni insensate e sciocche.