Termochimica come “farmaco”

Claudio Della Volpe

Riassunto. Le reazioni chimiche producono non solo nuovi materiali ma possono assorbire o cedere calore e questo si può sfruttare a vari scopi; per esempio bruciare la legna produce calore (e luce), ma anche la formazione della ruggine dal ferro produce calore,  e anche parecchio. Questa reazione di “arrugginimento” viene sfruttata in un prodotto che serve a ridurre, mediante il calore,  il dolore causato da alcuni disturbi reumatici. L’articolo spiega in dettaglio a cosa servono i vari componenti del “cerotto” autoriscaldante.

In questi giorni c’è una forte campagna pubblicitaria per un prodotto che promette di risolvere i dolori reumatici senza l’uso di sostanze anti-infiammatorie ma col solo calore.

Il marchio pubblicitario (e il brevetto) di questi “cerotti” riscaldanti (più propriamente dispositvi medici autoriscaldanti o fasce autoriscaldanti ) usa e getta è stato inventato attorno al 2000 da Procter & Gamble, che lo ha poi venduto a Wyeth nel 2008. Dopo la fusione fra questa ultima, Pfizer e GlaxoSmithKline (2009) il marchio è stato infine venduto nel 2020 ad Angelini, una azienda italiana di cui abbiamo anche parlato altrove.

Ovviamente ci si può porre due tipi di questioni a riguardo; la prima è se il prodotto funziona e l’altra: come funziona?

Un po’ di informazioni le trovate su wikipedia oppure  qua, un sito del produttore e poi vi citerò durante il post o in fondo una serie di lavori sui vari aspetti medici o chimici.

Ci sono due strategie “termiche”; una legata all’uso di pomate al mentolo che dà una sensazione di raffreddamento e l’altra invece questa del riscaldamento; un confronto puramente termico e circolatorio è fatto in questo lavoro.

Invece analisi dettagliate dell’efficacia del metodo sono riportate nei lavori citati in fondo.

Il risultato è che nei dolori lievi il metodo è più veloce ma col tempo potrebbe perdere efficacia rispetto al trattamento tradizionale. L’uso di questi “cerotti” o pomate fa cambiare la temperatura del corpo per qualche centimetro e stimola una più intensa o meno intensa circolazione del sangue.

Da sperimentare direi, per chi ha il mal di schiena. Comunque questo non è un blog di medicina, e confesso che sono più incuriosito dal meccanismo di funzionamento del prodotto; come si fa ad ottenere un aumento controllato e duraturo di temperatura tramite una reazione chimica? E quale reazione si usa?

Questo è il nostro terreno.

Il prodotto si presenta come una fascia di diversa geometria che contiene delle cellette con all’interno una miscela soffice che viene attivata con uno strappo che consente l’ingresso di aria e l’inizio di una reazione chimica, ragionevolmente di ossidazione.

Secondo le informazioni, che si trovano sulle FAQ del sito già citato, la composizione è la seguente e il ruolo dei materiali è scritto a fianco:

 Il ferro reagisce con l’ossigeno nell’aria per fornire calore. Questo processo è chiamato ossidazione del ferro (in pratica si forma la ruggine!).

• Il cloruro di sodio (sale) accelera la velocità di reazione tra ferro e ossigeno.

• Il tiosolfato di sodio controlla la generazione di idrogeno.

• L’acqua è necessaria anche per la reazione di ossidazione del ferro.

• Il carbone di legna permette alla polvere di ferro di avere una superficie di reazione all’interno dei dischi termici. La superficie di questo carbone è stata trattata (attivata) per avere proprietà speciali.

• Il poliacrilato di sodio controlla il livello di acqua presente nelle celle termiche.

Commentiamo un po’ questa descrizione che è (a mio parere) abbastanza precisa, eccetto che in un caso.

Anzitutto il funzionamento. Si tolgono delle linguette adesive e la penetrazione dell’aria inizia la reazione; questo è un metodo che si usa anche per le batterie zinco-aria primarie dei dispositivi acustici; l’aria contiene un 21% di ossigeno che è un reattivo potente, veloce e gratuito e lo trovate dappertutto. Questo è confermato da un problema che si può verificare in circostanze inusuali, ossia se usate questo dispositivo in un ambiente ad alta pressione di aria o addirittura ad alta concentrazione di ossigeno, la cosiddetta condizione iperbarica, a volte usata in determinati disturbi.

Da https://www.semanticscholar.org/paper/Air-activated-chemical-warming-devices%3A-effects-of-Raleigh-Rivard/54de6c7f4f67ba368e646f5142b84bc72978690d

Nella tabella vedete che la reazione con l’ossigeno si sviluppa in modo più potente se la pressione atmosferica aumenta o se la pressione parziale di ossigeno aumenta portando ad un incremento di temperatura molto elevato e potenzialmente pericoloso.

Il confronto è fatto fra tre tipi diversi di fasce riscaldanti che a questo punto sono da non usare (ma era ovvio) in queste condizioni; altre condizioni di rischio sono l’uso su soggetti anziani o particolarmente sensibili dove l’uso prolungato è controindicato.

Vediamo meglio cosa succede quando il ferro si ossida; la reazione è esotermica, fortemente esotermica, ne abbiamo parlato a proposito della pietra focaia e della produzione di scintille per accendere il fuoco. In quel caso l’innesco è meccanico, la formazione di una superficie di ferro puro calda, a causa della rottura istantanea, innesca una veloce reazione che si autosostenta e che produce luce e calore.

La entalpia di ossidazione del ferro è enorme: 824kJ/mole!! Produce in condizioni diverse le scintille che abbiamo usato per secoli per accendere il fuoco e anche il calore di questa fascia riscakldante.

Ma come avviene questa reazione nell’ambiente interno al dispositivo? Servono ossigeno ed acqua; possiamo usare la descrizione che ne fa Zanichelli in un bel testo per la scuola che trovate qua. Nella figura 1 è schematizzato il processo elettrochimico di ossidazione le cui reazioni sono diverse da quelle che avvengono nel caso delle scintille, anche se stati iniziali e finali sono gli stessi.

Vedete che serve l’acqua che normalmente è trattenuta nel poliacrilato di sodio; si forma una pila: il ferro si ossida a spese dell’ossigeno disciolto che si riduce e viaggia come ione idrossido verso un lato della superficie del metallo dove si accumula la ruggine; l’ossigeno si scioglie in acqua in ragione di alcuni milligrammi per litro  in funzione di temperatura e pressione; (è  quello che i pesci usano per respirare). Per capire meglio cosa succede si può fare un semplice esperimento schematizzato in figura 2; si prendono due provette con un chiodo di ferro o acciaio dentro, in una (a sinistra) si mette dell’acqua distillata e “disaerata”, ossia privata dell’aria disciolta (o tramite una pompa a vuoto o tramite bollitura) e nell’altra (a destra) dell’acqua non disaerata; si copre la superficie con olio per impedire all’ossigeno esterno di entrare e si aspetta. Si vede velocemente che in quella di sinistra non succede nulla mentre in quella di destra il chiodo si arrugginisce.

La provetta a sinistra rappresenta lo stato della cella del nostro prodotto prima di aprirla e la seconda dopo averla aperta. Dunque questa è la reazione che avviene; la temperatura sale velocemente e rimane alta durante la reazione che è catalizzata dalla presenza di carbone attivo, una superficie catalitica comunemente usata in molte altre occasioni grazie alla sua potenza catalitica, legata soprattutto alla conducibilità termica ed elettrica e alla elevata area superficiale (fino a 1500m2/g). Il carbone “attivo”, spesso usato come adsorbente intestinale, è carbone di legna dotato di struttura altamente porosa ed attivato chimicamente disidratando la superficie tramite acido fosforico o cloruro di zinco.

A cosa serve il sale? Il sale serve ad aumentare la conducibilità della soluzione di figura 1 in modo da trasferire le cariche più velocemente; in questo senso il sale accelera la reazione complessiva, anche se non è un tradizionale catalizzatore.

Rimane da capire a cosa serva il tiosolfato. Il tiosolfato, che vedete in figura, Na2S2O3,  

contiene lo zolfo a numero di ossidazione +2 ed il suo ruolo nella ossidazione o nella corrosione del ferro e dell’acciaio è stato ripetutamente discusso; potete leggere una review in italiano .

Nelle FAQ del prodotto (citate prima) è scritto che il suo ruolo è di bloccare lo sviluppo di idrogeno; leggendo la letteratura potete però trovare un ruolo più chiaro per questo prodotto che è descritto qui:

Il tiosolfato di sodio agisce da “spazzino” di ossigeno (scavenger). Gli scavenger di ossigeno sono agenti riducenti in quanto rimuovono l'ossigeno disciolto dall'acqua riducendo l'ossigeno molecolare a composti in cui l'ossigeno appare nello stato di ossidazione inferiore, cioè -2. L'ossigeno ridotto si combina quindi con un atomo, una molecola o uno ione accettore per formare un composto contenente ossigeno. L'agente riducente, per essere idoneo come deossigenatore, deve avere un calore esotermico di reazione con l'ossigeno e deve avere una ragionevole reattività a temperature più basse.

In sostanza, come scritto prima, il tiosolfato serve ad impedire che l’ossigeno penetrato in anticipo nella cella di reazione svolga il suo ruolo; è una sorta di aiuto per mantenere attivo il tutto, mentre la cella è chiusa, ma casomai non completamente sigillata. Garantisce il funzionamento della cella termica anche in presenza di inevitabili piccole perdite. Ecco su questo non sono d’accordo con la descrizione delle FAQ.

Ultima nota: ci sono rischi nell’uso di questo prodotto? Prima ho scritto che può essere dannoso se usato troppo a lungo in soggetti deboli ed anziani; è da dire che nel 2018 c’è stata una segnalazione di problemi di questo tipo che potete leggere qui.

Ma ovviamente si tratta di rischi minimi e legati o ad un difetto di produzione o ad un uso erroneo; in genere direi che la temperatura raggiunta non è superiore a quella di un bagno caldo.

Infine essendo un prodotto usa e getta come si smaltisce? Alla fine avrete una piccola quantità di sostanze: ruggine, carbone, acqua, poliacrilato e un residuo di tiosolfato, tutto dentro un contenitore di plastica; secondo il produttore si può smaltire nel residuo; è comunque fatto di plastica; ci sarebbe da approfondire meglio che fine fa il tutto.

La termochimica “farmacologica” non si ferma qui; in futuro analizzeremo altre sue applicazioni, casomai nel campo del freddo.

Lavori da consultare:

https://www.tandfonline.com/doi/abs/10.3810/psm.2014.11.2090

https://www.researchgate.net/publication/306049079_Continuous_Low-Level_Heat_Therapy_What_Works_What_Doesn%27t

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/17023239/

Elementi della tavola periodica: Ferro, Fe. 2. L’uomo d’acciaio.

Claudio Della Volpe

(la prima parte di questo post è qui)

Il ferro e l’acciaio, due materiali che hanno cambiato la nostra storia, che hanno dato il nome a personaggi della fantasia e della politica: Iron man e l’uomo d’acciaio (Superman) oppure Stalin (in russo Stahl (сталь) vuol dire acciaio) e la frase di Bismarck, “Eisen und Blut”, ferro e sangue, sui destini della Prussia e della Germania*, prodromo della guerra franco-tedesca e della supremazia della Germania in Europa.

Il ferro è anche un protagonista letterario; ricordo qui un romanzo poco conosciuto di uno dei grandi scrittori americani, Jack London; noi tutti lo conosciamo per i romanzi d’avventura del grande Nord, ma (dato che mio padre era un suo estimatore, lo conosco meglio della media) per me Jack London, di idee socialiste fu anche uno scrittore oggi si direbbe di fantascienza, science fiction, descrivendo mondi distopici del futuro in cui lo scontro sociale si sviluppa ai massimi livelli, come in Il tallone di ferro (The Iron Heel) un romanzo sulla lotta sociale portata all’estremo della rivoluzione mondiale.

Ma potrei ricordare La maschera di ferro di Alessandro Dumas, il poema Cold Iron di Rudyard Kipling (l’autore de Il libro della Jungla) o la poesia italiana dal Dante che cuce le palpebre degli invidiosi col filo di ferro (Dante Alighieri canto XIII Purgatorio)

E come a li orbi non approda il sole,
così a l’ombre quivi, ond’io parlo ora,
luce del ciel di sé largir non vole;

ché a tutti un fil di ferro i cigli fóra
e cusce sì, come a sparvier selvaggio
si fa però che queto non dimora.

a Salvatore Quasimodo:

……..
E il vento s’è levato leggero ogni mattina
e il tempo colore di pioggia e di ferro
è passato sulle pietre,
sul nostro chiuso ronzio di maledetti.
Ancora la verità è lontana.
…..

(da Colore di pioggia e ferro, 1949).

Ricordo anche da ragazzo che a Napoli conoscevo “o’ scemo e’ fierro”; non sapete cosa è lo scemo di ferro?

Beh la prima ferrovia italiana fu la Napoli-Portici e negli anni seguenti ci furono molte altre ferrovie nella Campania ottocentesca; la società che costruì molte delle altre ferrovie campane era “Compagnie des Chemins de Fer du Midi de l’Italie”; e dunque nella fertile lingua napoletana, o’ scemo e’ fierro, divenne il nome del treno.

Insomma il ferro è presente fortemente nel nostro immaginario

Come raccontato altrove, si suppone oggi che i primi manufatti in ferro risalgano a 5000 anni fa, 3000 aC, ma si trattava di ferro prevalentemente meteoritico; occorrerà aspettare altri 2000 anni perchè il ferro divenga un bene relativamente comune ed estratto dai suoi minerali.

Abbiamo detto nella prima parte del post che il ferro, a causa della crisi dell’ossigeno di un paio di miliardi di anni fa, si ritrova nella crosta in forma ossidata e dunque la tecnologia di estrazione consiste in una riduzione (si veda la nota in fondo).

La tecnologia della riduzione arrivò in Europa dall’esterno; era diffusa nel 1200aC già in India e nell’Africa sub-sahariana e solo successivamente fu importata nel Mediterraneo dove il bronzo dominava ancora.

Data l’importanza della lega ferro-carbonio diamo un’occhio al diagramma di fase di questa lega:

Da questo grafico vediamo che l’ossido di ferro diventa ferro metallico a temperature molto più basse della fusione che avviene a 1539 °C . Dato che una temperatura così alta è stata a lungo impossibile da raggiungere con i mezzi disponibili il ferro si è ottenuto allo stato solido in forma di spugna porosa, spesso ricca di impurità.

La linea verticale tratteggiata più a sinistra (0.8%) separa il cosiddetto ferro dolce dall’acciaio, che rimane tale fino alla successiva (circa 2%); oltre abbiamo la ghisa con una elevata percentuale di carbonio. Quest’ultimo materiale è fragile e non resisterebbe ai trattamenti che si usavano per purificare il ferro, che consistevano essenzialmente di martellature. L’acciaio mostra proprietà intermedie, è più resiliente e soprattutto si può temprare a caldo, dote ideale per ottenere il bordo affilato, caratteristica primaria di uno strumento da taglio efficace. La tempratura consiste nella brusca riduzione della temperatura che inibendo la diffusione trasferisce a temperature inferiori la struttura caratteristica di quelle superiori.

Il trattamento per martellatura dà il nome al materiale, wrought iron, da una deformazione di “worked” lavorato, in italiano ferro battuto, una massa semifusa di ferro con una bassissima percentuale di carbonio, meno dello 0.1%, ma con una più consistente di impurezze di silice, calcio ed alluminio (fino al 2%) che si rendono visibili meglio al punto di rottura e che vengono espulse tramite azioni meccaniche da forze umane o animali o nei grandi mulini a vento o ad acqua finchè il ferro è ancora caldo (come dice il proverbio: batti il ferro finché è caldo, e dunque può essere purificato, dopo quando la temperatura scende non riesci più ad ottenere il medesimo effetto da cui il senso agisci in tempo finchè puoi). Produrre il ferro era una attività delicata e complessa.

La fornace che parte da minerali di ferro e li mescola con carbone di varia origine viene portata in temperatura mediante l’azione di mantici che soffiano aria, producendo la parziale ossidazione del carbonio ad ossido di carbonio, CO, che è un potente agente riducente gassoso che penetra in una massa compatta contenuta di solito in una materiale resistente alla temperatura, come l’argilla a sua volta almeno parzialmente immersa nel terreno da cui il nome comune di “basso fuoco”..

http://astratto.info/archeometallurgia-e-produzione-metallurgica-nella-storia.html?page=2

https://www.vitantica.net/2017/10/23/siderurgia-antica-i-forni-dell-eta-del-ferro/

Struttura di un “basso fuoco”.

Con l’espressione cast iron invece si indica la lega di Fe-C fra il 2 e il 4% con sempre una certa quantità di silicio; i primi esemplari di questa lega si trovano in Cina nello Jiang-tse e risalgono al 5 secolo aC; erano già allora usati per oggetti che non devono sopportare urti, per esempio nelle costruzioni; di cast-iron cioè di ghisa era fatto il primo ponte europeo in ferro, costruito nel 1770 da Abraham Darby III.

Ironbridge, sul fiume Severn, il più lungo fiume inglese, vicino a Coalbrookdale.

La tecnologia di produzione del ferro e dell’acciaio si è costantemente perfezionata fino allo stadio moderno che risulta notevolmente sofisticato.

Il classico modo di produrre l’acciaio che è il prodotto più interessante dal punto di vista applicativo usa una forno di dimensioni molto grandi, un altoforno, contrapposto al basso fuoco.

Alcuni degli aspetti di questa tecnologia sono stati già ampiamente analizzati in post passati da Fabio Olmi e dal compianto Giorgio Nebbia. In particolare Olmi ha analizzato gli aspetti legati alla tecnologia attuale e Nebbia alla storia dello sviluppo dell’altoforno, perfezionato in parte dal padre di Abraham Darby III, cioè Abraham Darby II. Ma anche da Cowper e poi da Bessemer. Per cui non ripeterò qui quelle storie.

In sintesi l’altoforno estrae il ferro dall’ossido ma al prezzo di introdurvi una notevole quantità di carbonio mentre l’operazione introdotta da Bessemer sulla base delle scoperte di Reamur, che mise a punto il diagramma di fase Fe-C consente di eliminare la quota di C necessaria a trasformare la ghisa in acciaio introducendovi ossigeno gassoso in opportuna quantità. I vari procedimenti che si sono susseguiti nel tempo Bessemer, Thomas, Martin-Siemens sono ormai un ricordo; nel 1948 l’ingegnere svizzero Robert Durrer del tutto fuori dall’ambiente tradizionale del “big steel” introdusse il processo Linz-Donawitz (LD) e ridusse sin dall’inizio i costi degli impianti e tempi di forgiatura, e aumentò considerevolmente la produttività. Sono reazioni che avvengono tutte ad altissima temperatura con notevole rischio per gli addetti.

Questa procedura costituisce il nerbo dell’industria siderurgica mondiale con enormi impianti integrati che collegano altoforni ed acciaierie.

Hanno consentito all’umanità di usare il ferro per le sue costruzioni quotidiane: case, ponti, infrastrutture accumulando una enorme quantità di ferro.

L’evoluzione della produzione dell’acciaio è espressa dal grafico seguente:

Vedete l’incremento eccezionale soprattutto negli ultimi 20 anni, dovuto essenzialmente alla Cina; siamo ormai a 1.8 miliardi di ton nel 2018 di cui la Cina ne ha prodotto poco più del 50%; se consideriamo la produzione procapite si chiarisce ancor più la situazione:

https://www.worldsteel.org/en/dam/jcr:96d7a585-e6b2-4d63-b943-4cd9ab621a91/World%2520Steel%2520in%2520Figures%25202019.pdf

Scrivono Roland Döhrn and Karoline Krätschell

Our analysis confirms that there seems to be an increase of steel demand in an initial stage of economic development and a decline after economies have reached a certain level of per capita income.

http://www.rwi-essen.de/media/content/pages/publikationen/ruhr-economic-papers/REP_13_415.pdf

In sostanza la maggior parte degli autori collega il reddito e la produzione di acciaio; durante la storia dello sviluppo economico la maggior parte dei paesi sembra correlare il proprio sviluppo economico con il consumo di acciaio usato per molteplici beni durevoli: case, auto, oggetti per la casa, ma anche armi e impianti industriali.

Con la continuazione della crescita lo stock di acciaio si stabilizza e si passa ad altri beni, per esempio aumenta il consumo di alluminio o di rame o di altri elementi, ma l’acciaio e dunque il ferro costituiscono lo stadio basilare dello sviluppo economico.

Questo processo fa cambiare anche il modo di produrre l’acciaio, perché in molti dei paesi “maturi” cresce l’importanza dell’acciaio prodotto per via elettrica, ossia senza passare per la ghisa degli impianti tradizionali ma per il rottame proveniente dal riciclo. Attualmente a livello mondiale circa un 30% dell’acciaio viene da questa fonte. Questa è anche la storia dell’acciaio italiano, dove i grandi impianti storici come Bagnoli o Piombino sono scomparsi lasciando spazio solo a Taranto, mentre l’acciaio elettrico, il tondino del cemento armato ha fatto sviluppare una miriade di piccole e medie imprese soprattutto al Nord, fra Brescia e Bergamo, ricordiamo la Dalmine fra tutte.

Ma c’è ancora un altra cosa da considerare ossia che entrano in gioco altri metodi di produzione diversi da quelli tradizionali, per esempio la cosiddetta riduzione diretta del minerale di ferro, consistente nella sostituzione del carbone come riducente con altri mezzi riducenti

Sono state sviluppate diverse tecnologie di riduzione/fusione diretta in cui il minerale viene ridotto senza fusione con gas riducenti e inviato a un forno di fusione con carbon fossile e ossigeno. Nel forno si sviluppano i gas riducenti che vengono usati per ridurre altro minerale.

Questi metodi oggi riguardano una percentuale ancora piccola del minerale ma la loro importanza è destinata a crescere nel tempo.

Un ultimo aspetto che vorrei citare è quello della corrosione del ferro; la ruggine, come stadio finale della vita del ferro è spesso usata come simbolo della morte, del disfacimento, ma è anche considerata una condizione inevitabile. L’aspetto scientifico è anche molto interessante e merita un post a se; ha stimolato lo sviluppo di materiali come l’acciaio inossidabile, una lega di ferro e cromo che resiste bene alla corrosione in quasi tutti gli ambienti.

Eppure esiste la prova storica e inamovibile che il ferro prodotto in modo opportuno resiste bene alla corrosione. Si tratta della cosidetta colonna di ferro, un monumento indiano del V sec dC a Dehli.

La colonna di ferro di Dehli, 400 dC. mostra una ottima resistenza alla corrosione dovuta allo strato superficiale di fosfato di ferro idrato.

Pesante circa 6 ton si pensa sia stata prodotta in India ad Udayagiri e poi riusata a Dehli dai re Gupta. Essa ha attratto l’attenzione degli archeologi e degli scienziati per la sua elevata resistenza alla corrosione che si pensa venga dalla costituzione superficiale , un fosfato di ferro idrato formatosi su un minerale ad elevata percentuale di fosforo.

Questa colona è l’antenata di un più moderno materiale che è entrato nella industria delle costruzioni col nome di acciaio patinabile (weathering steel), o più comunemente COR-TEN.

Il COR-TEN (da corrosion resistant e tensile stength, dunque forte e resistente) è oggi usato nella costruzione di ponti e altri manufatti durevoli e deve la sua resistenza alla corrosione ad una struttura analoga a quella della colonna di Dehli. Si autoprotegge dalla corrosione tramite una patina degli ossidi dei suoi elementi di lega. Tale strato si forma in un tempo relativamente lungo di mesi per

  • esposizione all’atmosfera;
  • alternanza di cicli di bagnamento-asciugamento;
  • assenza di ristagni e/o contatti permanenti con acqua.

Si tratta di un materiale molto interessante anche se al momento non può essere usato nel cemento armato.

Il ferro ha un grande passato ma anche un notevole futuro e la sua abbondanza lo rende un elemento chiave nella nostra strategia tecnologica per un futuro sostenibile.

Ponte Amedeo IX il beato a Torino. Fotografia di Fabrizio Diciotti, 2012  IL nuovo ponte strallato sulla Dora ha una luce di 43 metri ed è costituito di acciaio COR-TEN

Nota dell’autore.

Dal punto di vista chimico la metallurgia umana è la fortunata applicazione dei criteri e dati esprimibili dalla tabella qua sotto:

https://chem.libretexts.org/Bookshelves/General_Chemistry/Book%3A_ChemPRIME_(Moore_et_al.)/22Metals/22.04%3A_Reduction_of_Metals

L’ossidazione del carbonio (anche se comunemente in forma di monossido) fornisce l’energia libera per la riduzione degli ossidi metallici; come si vede dalla tabella a t ambiente sarebbe possibile solo per argento e mercurio; ma dato che al crescere della temperatura l’energia libera di riduzione del metallo diminuisce (essenzialmente perché l’entropia connessa con la formazione dell’ossigeno aumenta!!! e ricordiamo ΔG=ΔH-TΔS) anche il ferro e lo stagno diventano accessibili; invece l’alluminio o il magnesio non possono essere ridotti in questo modo e dunque si ricorre a reazioni elettrochimiche in cui l’energia elettrica fornita aiuta a superare il gap termodinamico.

*«La posizione della Prussia in Germania non sarà determinata dal suo liberalismo ma dalla sua potenza […] La Prussia deve concentrare la sua forza e tenerla per il momento favorevole, che è già venuto e andato diverse volte. Sin dai trattati di Vienna, le nostre frontiere sono state mal designate a favore di un corpo politico sano. Non con discorsi, né con le delibere della maggioranza si risolvono i grandi problemi della nostra epoca – questo fu il grande errore del 1848 e del 1849 – ma col ferro e col sangue (Eisen und Blut).»
(Otto von Bismarck nel settembre 1862 per far approvare le spese militari del nuovo regno)

Elementi della tavola periodica: Ferro, Fe. 1. La biogeochimica del ferro.

Claudio Della Volpe

The world is moral still you know
and Nature’s wheels do grind

Put ferric P into the sea
and a rose someday you’ll find

Cycle of P, di R.M. Garrels

I colleghi mi scuseranno se torno sul ferro, sul quale ci sono stati già parecchi post qui, qui e qui, di cui uno molto recente, ma l’importanza di questo elemento non può essere sottovalutata in nessun contesto; solo che presenterò il mio punto di vista rovesciando l’approccio tradizionale: prima la biogeochimica e poi l’industria siderurgica. Cosa come vedremo ampiamente giustificata.

Il ferro è l’elemento metallico più abbondante del pianeta Terra, ma la sua abbondanza decresce dal centro verso la periferia; infatti mentre in totale l’abbondanza è del 16%, quella della sola crosta è del 4.75. Nella crosta viene dunque superato dall’Alluminio e dal Calcio. Nel nucleo invece l’abbondanza raggiunge il 20% o superiore.

Si tratta di un elemento fondamentale nell’Universo, il più pesante prodotto dalla nucleosintesi stellare delle stelle massicce e si ipotizza che l’Universo nel futuro sarà fatto di ferro; queste due cose discendono dal fatto che l’isotopo 56 del ferro è il nucleo con la maggiore energia di legame, dunque il più stabile.

Ne consegue che la prima riflessione da fare è che il ferro che troviamo sulla Terra o altrove è già stato nel cuore di qualche stella, è un elemento che ne ha viste di caldissime e grandissime un vero elemento del nucleo, in ogni senso.

Il nome del ferro ha una origine complessa; la parola ferro è una parola tardolatina medioevale e viene probabilmente da fer, portare; o da una radice indoeuropea comune phars, essere rigido, mentre la parola siderurgia viene direttamente dal greco σιδηρο-, forma compositiva di σίδηρος «ferro», che ci riporta al fatto che il primo ferro conosciuto dagli uomini viene dal cielo, dalle meteoriti che cadevano dal cielo ed era ritenuto un metallo degli dei.

Il che, per tutto quel che abbiamo detto, è sorprendentemente corretto.

Come raccontato altrove, il ferro lo usiamo da almeno 5000 anni, ma la capacità di estrarlo dai minerali la abbiamo acquisita con lunghe prove e la possediamo da soli 3500 anni circa; quando imparammo a farlo, data la capacità del ferro di essere fra i più duri e resilienti materiali che avevamo a disposizione cambiò la vita di tutti e la loro organizzazione sociale. L’età del ferro è stata certo un’eta di rivoluzioni e scontri, dal 2000 aC in poi; al principio del I millennio aC il ferro era entrato ormai nella cultura e nell’uso comuni, sbaragliando il bronzo e le armi costruite con esso.

Le armi di Omero, le armi degli Achei dagli occhi cerulei, erano di bronzo, (anche se le tattiche militari sembrano quelle più tarde dell’età del ferro) ma quelle dei Romani erano di ferro. Questo è un argomento che meriterebbe più spazio, ma lo riprenderò nella seconda parte del post.

Si dice raramente che il Ferro presenta quattro allotropi: α, β, γ e δ, per cui il suo diagramma di fase è il seguente:

 il ferro alfa esiste a temperature inferiori a 768 °C; magnetico.
il ferro beta esiste a temperature comprese tra 768/770 °C e 910 °C; presenta una perdita delle caratteristiche magnetiche e alta duttilità.
il ferro gamma esiste a temperature comprese tra 910 °C e 1 394 °C; scioglie carbonio.
il ferro delta esiste a temperature comprese tra 1 394 °C e 1 538 °C.

Il ferro ha quattro isotopi stabili il già nominato 56, il più abbondante, 54, 57, 58. Presente in genere come ossido nella crosta, può avere comunque numeri di ossidazione +2, +3, +4, +6.

Dal ciclo globale rappresentato qui sopra , estratto sempre dal classico lavoro di Rauch e Pacyna, più volte citato sul blog, si evince che il ferro è principalmente un metallo presente in Natura e i cui flussi e depositi naturali sono dominanti su quelli umani; dunque la mia scelta di privilegiare il ciclo biogeochimico è ragionevole. Comunque questi dati sono del 2000 e vedremo nella seconda parte del post che il flusso del ferro nella società umana è raddoppiato e che dunque oggi il flusso indicato fra Production e Fabrication è passato da 850 a 1700 milioni di ton, mentre tutti gli altri flussi in figura sono rimasti costanti. Notate come lo stock umano è simile come dimensioni a quello presente in tutte le acque dolci, decine di miliardi di ton e che questo a sua volta è maggiore di quello presente nell’oceano.

Data la complessità del ciclo lo ripresento in modo più qualitativo in quest’altra immagine tratta da Wikipedia e nella quale risulta chiaro che il ferro è presente sia a livello liquido e solido che in atmosfera, non certo perchè esistano composti gassosi del ferro, ma perchè il ferro domina la composizione della polvere e delle ceneri vulcaniche. Tramite questa forma il ferro penetra nell’Oceano. Tuttavia data la condizione ossidante dell’oceano il ferro come tale è uno dei metalli meno concentrati, al contrario dell’alluminio. Una volta ossidato infatti esso formando ossidi ed idrossidi precipita nello stock del fondo.

La maggioranza dei minerali di ferro, dei depositi di ferro sono ossidi e vengono dall’ultima tragedia biologica veramente grande, ossia l’invasione dell’ossigeno.

https://geology.com/rocks/iron-ore.shtml

Ematite di ferro oolitica.

Quasi tutti i maggiori depositi di ferro sono in rocce che si formarono oltre 1.8 miliardi di anni fa. A quell’epoca gli oceani della Terra contenevano ferro disciolto in abbondanza e quasi niente ossigeno. I depositi di ferro si iniziarono a formare quando i primi organismi capaci di fotosintesi cominciarono a rilasciare ossigeno nell’acqua. Questo ossigeno immediatamente si combinò con il ferro ivi disciolto in abbondanza per produrre ematite o magnetite. Questi minerali si depositarono sul fondo oceanico in grande quantità formando quelle che sono chiamate “formazioni di ferro a bande”. Le rocce con le bande sono costituite da depositi di minerali di ferro depositato in bande alternate con silice e a volte materiali organici trasformati in petrolio o gas. Le bande sono probabilmente il risultato dell’attività stagionale degli organismi viventi.

Il ferro è rimasto un elemento chiave per la crescita e lo sviluppo degli organismi viventi, ma la sua concentrazione oceanica è grandemente diminuita; in questo senso si parla di micronutriente e di elemento limitante; questo concetto fu proposto per la prima volta da Joseph Hart negli anni 30 del secolo scorso; egli notò che ci sono ampie zone marine in cui la vita è assente anche se i macronutrienti sono presenti e ne dedusse che mancava qualcosa (si tratta delle cosiddette zone HNLC, ossia High Nutrient-Low Chlorophyll). Il discorso fu ripreso negli anni 80 e poi riapprofondito usando tecniche satellitari.

Oggi si pensa che il micronutriente mancante sia proprio il ferro, tanto che si sono fatti vari esperimenti per dimostrare che aggiungendo ferro all’oceano in forma di microparticelle, come quelle che si depositerebbero naturalmente da eruzioni vulcaniche, si ha uno sviluppo esplosivo di organismi viventi fotosintetici con potenziale enorme assorbimento di biossido di carbonio. Ovviamente l’idea viene vista anche come una possibile soluzione al problema del global warming, ma in realtà la cosa non è ancora del tutto chiara, proprio perchè i cicli biogeochimici non sono ancora ben compresi in tutta la loro eccezionale complessità, per cui dati i molteplici effetti di retroazione possibili, questa rimane una ipotesi, sia pure robusta. (https://www.niwa.co.nz/iron-fertilisation). Recentemente si è ipotizzato che anche altri micronutrienti come lo Zinco siano necessari per lo sviluppo del fitoplancton.

Il ferro arriva nell’oceano dalle ceneri vulcaniche e dalla polvere, dalle acque dei ghiacciai e dalle sorgenti idrotermali lungo i margini delle zolle continentali. Parecchio ferro è in forma complessa, non come ione +2 o +3.

Il ferro è un bioelemento essenziale per la maggior parte delle forme di vita dai batteri ai mammiferi. La sua importanza nasce dall’abilità di mediare il trasferimento di elettroni.

Nello stato ferroso, Fe+2, esso agisce come un donatore di elettroni mentre in quello ferrico, Fe+3, come un accettore. Per questo motivo esso gioca un ruolo vitale nella catalisi delle reazioni enzimatiche che coinvolgano un trasferimento di elettroni, cioè nelle reazioni di ossidoriduzione. Le proteine possono contenere il ferro come parte di diversi cofattori, come per esempio i clusters Fe-S e nei gruppi eme; in queste forme il ferro è coinvolto in un numero incredibile di reazioni essenziali della cellula (pensiamo solo alla nostra emoglobina che ci serve a respirare).

In un certo senso il ferro esemplifica il comportamento contraddittorio e dialettico di molte sostanze nel complesso delle reazioni biologiche; da una parte è essenziale per il motivo che abbiamo appena detto, ma d’altra parte ha la potenzialità di diventare deleterio.

Al pH e alla pressione parziale di ossigeno considerate fisiologiche Fe(II) è facilmente ossidato a Fe(III), che a sua volta si trasforma rapidamente nelle forme polimeriche insolubili di Fe(OH)3.

https://geoweb.princeton.edu/research/geochemistry/research/aqueous-polymers.html

Inoltre, se non appropriatamente chelato a causa della sua azione catalitica nelle reazioni redox ad un elettrone, il ferro gioca un ruolo nella formazione dei radicali ossigeno che costituiscono la causa del danno perossidativo per la cellula.

Dunque gli organismi sono obbligati a risolvere questo paradosso; da una parte mantenere il ferro libero al più basso livello possibile ma dall’altra comunque ad un livello tale da supportare la sintesi adeguata di emoproteine e altre proteine contenenti ferro.

Per fare questo gli organismi viventi hanno sviluppato molecole specializzate per acquisire, trasportare e stoccare il ferro in una forma contemporaneamente solubile ma non tossica. E naturalmente questo traffico del ferro abbisogna di un meccanismo sofisticato di controllo.

Ecco in poche parole raccontato il ruolo del ferro nella biosfera e nell’organismo, prima che nella nostra società, argomento al quale sarà dedicata la seconda parte di questo post.

Riferimenti

Earth’s global Ag, Al, Cr, Cu, Fe, Ni, Pb, and Zn cycles Jason N. Rauch and Jozef M. Pacyna 
 GLOBAL BIOGEOCHEMICAL CYCLES, VOL. 23, GB2001, doi:10.1029/2008GB003376, 2009

http://www.homepages.ed.ac.uk/shs/Climatechange/Carbon%20sequestration/Martin%20iron.htm

https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0085253815462301

Kidney International

Volume 55, Supplement 69, March 1999, Pages S2-S11

Cellular iron metabolism di Prem Ponka

(continua)

Il Ferro nello spazio

Diego Tesauro

Il ferro, l’elemento numero 26 della tavola periodica, è oggetto di studio per tutte le discipline dello scibile sia umanistiche che scientifiche.

Gioca infatti un ruolo centrale nella storia dell’evoluzione della società umana tanto da caratterizzare un’età millenaria (https://ilblogdellasci.wordpress.com/brevissime/il-ferro-ha-5000-anni/) della preistoria; è perno dell’economia, essendo la metallurgia, ancora oggi nell’era dei nuovi materiali, un importante settore strategico per l’industria manifatturiera.

La sua presenza ed i composti che forma con gli altri elementi della tavola periodica a maggior ragione coinvolgono tutte le discipline scientifiche dalla geologia, alla biologia, all’astronomia.

Questa centralità è sicuramente dovuta, oltre alle sue peculiari proprietà chimico-fisiche, all’abbondanza sulla Terra, costituisce infatti il 16% della massa del nostro pianeta (la maggior parte concentrata nel nucleo), e il 5% della crosta terrestre. Ma la presenza di questo elemento così elevata sulla Terra trova riscontro anche in una notevole abbondanza nello spazio essendo il settimo fra tutti gli elementi della tavola periodica. Come si spiega questa elevata quantità in un universo dove invece, abbondano i nuclei leggeri come l’idrogeno e l’elio?

Innanzitutto occorre ricordare che nei processi di fusione nucleare nei nuclei delle stelle con emissione di energia i nuclei degli atomi più leggeri fondono per generare elementi più pesanti. Le stelle di massa come il Sole o poco maggiore terminano la loro evoluzione generando elementi come il carbonio e l’ossigeno, mentre le stelle di grande massa (dalle 8 masse solari in su) terminano i loro processi di nucleosintesi proprio con il ferro, in particolare con l’isotopo 56. I processi di nucleosintesi, quindi, hanno come elemento terminale il ferro. Il ferro viene successivamente disperso nello spazio dalle esplosioni di supernova con le quali implodono le stelle quando hanno termine i processi di produzione di energia per fusione nucleare, rendendone ubiquitaria la sua presenza.

Nelle stelle, compreso il Sole, viene ritrovato dall’ ”impronta” lasciata nelle righe di assorbimento degli spettri elettromagnetici delle fotosfere. Nel sistema solare è abbondante negli asteroidi chiamati sideriti, oltre che nei pianeti rocciosi come appunto la Terra, Marte e Venere, dove la presenza è stata confermata con la spettroscopia Mössbauer. Più complessa è la possibilità di rilevare il ferro nello spazio interstellare (ISM). Rispetto a quanto previsto dai modelli, la quantità di ferro gassoso è particolarmente bassa. Evidentemente il ferro non si trova allo stato gassoso, ma in clusters o in composti di tipo molecolare. Clusters metallici di Fe di tutte le dimensioni <1 nm e nanoparticelle di dimensioni> 1 nm sono presenti nella polvere interstellare, ma sono stati rilevati in misura inferiore rispetto alle quantità di ferro previste dai modelli. I clusters svolgono una funzione importantissima nello spazio interstellare. Essi infatti tendono a legare atomi e strutture molecolari ricche di elettroni. Questa proprietà potrebbe giocare un ruolo importante nella sintesi di molecole organiche complesse a cominciare dagli idrocarburi policiclici aromatici (IPA) di cui ci siamo occupati In precedente intervento (https://ilblogdellasci.wordpress.com/2018/01/22/gli-idrocarburi-policiclici-aromatici-ipa-nello-spazio-qual-e-la-loro-origine/ ). In laboratorio, i clusters di Ferro sono noti per catalizzare la formazione di idrocarburi aromatici da acetilene (C2H2) a basse pressioni [1], suggerendo che potrebbero fare lo stesso nell’ISM reagendo con l’acetilene e formando catene di carbonio più lunghe. Le catene lunghe di carbonio, in particolare i poliini, (CnH2) per n >10 sono termodinamicamente instabili, e quelli contenenti più di nove carbonio non sono stati osservati nelle regioni di gas circumstellare o interstellare. Come possono allora stabilizzarsi per dar luogo a molecole organiche complesse?

Recentemente le ipotesi avanzate per una loro maggiore stabilità assegnano ai clusters di ferro questa capacità formando dei pseudocarbini Ferro la cui struttura è riportato nella figura [2].

Potrebbero quindi costituire quel anello mancante che possa giustificare il passaggio da catene di atomi di carbonio a molecole organiche complesse che sono state ritrovate nel mezzo interstellare come gli IPA ed il fullerene. Le ipotesi andrebbero suffragate da osservazioni. Un modello teorico, messo punto ultimamente, ha permesso di dimostrare che spettri infrarossi di molecole di poliini legate ai cluster di ferro non risultano modificati sensibilmente, ma cambiati solo nell’intesità. Pertanto il ferro potrebbe nascondersi nei gas circumstellari delle stelle AGB (https://it.wikipedia.org/wiki/Ramo_asintotico_delle_giganti); infatti un singolo atomo di ferro aggiunto a catene contenenti nove atomi di carbonio esaurirebbe l’abbondanza di Ferro in fase gas del 95%.. L’esaurimento del ferro sarebbe maggiore qualora le catene di carbonio fossero più corte o contenessero altri atomi di ferro. Pertanto il ferro sarebbe presente in modo elusivo e giocherebbe un ruolo fondamentale anche nello spazio interstellare per la chimica organica. In questo modo si affiancherebbe a quello già ipotizzato nella chimica pre-biotica, ad esempio nella formazione di molecole organiche come l’acetato e il piruvato a partire dal biossido di carbonio [3] o nel folding e nella catalisi della molecola di RNA nelle fasi primordiali della vita sulla Terra [4].

La Catena di carbonio e idrogeno collegata ad un cluster di Fe13 (gli atomi di ferro sono rappresentati in colore bruno-rossastro, il carbonio in grigio, l’idrogeno in grigio chiaro).

[1] P., Schnabel K. G, Weil, M.P. Irion. Proof of the Catalytic Activity of a Naked Metal Cluster in the Gas Phase Angewandte Chemie International Edition in English 1992, 31, 636-638. https://doi.org/10.1002/anie.199206361

[2] P. Tarakeshwar , P. R. Buseck, F. X. Timmes. On the Structure, Magnetic Properties, and Infrared Spectra of Iron Pseudocarbynes in the Interstellar Medium The Astrophysical Journal 2019, 879(2) (8pp) https://doi.org/10.3847/1538-4357/ab22b7

[3] S.J. Varma, K.B. Muchowska, P. Chatelain, J. Moran Native iron reduces CO2 to intermediates and end-products of the acetyl CoA pathway. Nature Ecology & Evolution 2018, 2, 1019–1024. https://doi.org/10.1038/s41559-018-0542-2

[4] S.S. Athavale, A.S. Petrov, C. Hsiao, D. Watkins, C.D. Prickett, J.J. Gossett, L. Lie, J.C. Bowman, E. O’Neill, C.R. Bernier, N.V. Hud, R.M. Wartell, S.C. Harvey, L.D. Williams. RNA Folding and Catalysis Mediated by Iron (II) PLOS 2012, 7(5) , e38024.https://doi.org/10.1371/journal.pone.0038024

Ferro – Promesse da marinaio e piccole storie di vita

Nota: si ricorda che le opinioni espresse in questo blog non sono da ascrivere alla SCI o alla redazione ma al solo autore del testo

Continuiamo la serie di post sugli elementi con il medesimo numero atomico dell’età di chi ne parla, da un’idea di Gianfranco Scorrano.

di Serena Della Volpe*

ferro1I rapporti tra civiltà umana e ferro sono fatti risalire al XII secolo a.C. e da allora si sono evoluti in maniera effettiva o metaforica nei modi più disparati.

Nel corso dei secoli, il ferro è stato usato, da solo o in compagnia, per creare gioielli, lance e oggetti per la caccia e per la difesa, biciclette, opere d’arte, tavolini da campeggio, materiali da costruzione, volontà, cortine, braccia e molto altro. Non c’è da stupirsi della potenziale lunghezza di questo elenco, il ferro è il metallo più abbondante all’interno della Terra (costituisce il 34,6% della massa del nostro pianeta) ed è il sesto elemento per abbondanza nell’intero universo.

ferro2Prima di scoprire il ferro, l’umanità, e non solo lei, già lo usava, a sua insaputa, per cose banali come permettere alle proprie cellule di respirare. Il ferro è infatti parte fondamentale dell’emoglobina, la proteina che consente all’ossigeno di essere trasportato, attraverso il sangue, a tutti i distretti dell’organismo, in modo che le cellule possano respirare, che i loro organelli possano svolgere le proprie funzioni, e, più in generale, in modo che ognuno di noi possa vivere. Sono proprio gli ioni ferro a coordinare le molecole di ossigeno. Questa funzione è talmente importante che un’intera operazione di marketing, un cartone animato conosciuto da adulti e bambini (coadiuvati da un piccolo errore di punteggiatura1) hanno celebrato le false2 virtù degli spinaci3 per decenni.

Tutte queste splendide cose il ferro le fa esistendo in forme diverse: da solo o in lega con altri metalli – cioè in forma metallica e stato d’ossidazione 0; come sale o coordinato a molecole organiche – cioè in forma ionica e stato d’ossidazione +2 o +3; come metafora di forza, durezza e impenetrabilità4.

Ciò che ci porta qui oggi è che a cavallo tra la fine del 1800 e l’inizio del 1900, un certo numero di signori lavorando indipendentemente ma in maniera più o meno consequenziale ordinò gli elementi conosciuti in tavole periodiche sempre più elaborate che portarono infine a quella utilizzata oggi dai chimici (e non solo) di tutto il mondo (e non è ancora finita, non si sa mai).

Il ferro si dovette gestire inizialmente numeri diversi, ma è oramai consolidato nella sua posizione al numero 26 e quindi, fino al prossimo giugno, io e il ferro condividiamo questo numero.

A questa giovane chimica, o meglio, CTF, questo 26esimo anno di vita sembra essere sempre più impegnativo e sempre meno chiarificatore, molto lontano dall’idea di vita adulta stabile e definita, solida, fatta e finita, che si ha quando si è bambini. Un’illusione, un po’ come per il ferro che non è così forte e resistente e perenne come viene rappresentato in metafore, similitudini, detti e proverbi.ferro3

Non è però per forza essenziale essere solidi, stabili, definiti e perenni. Credo anzi che ci sia molto da imparare da chi sa essere dinamico e sa cambiare quando la situazione lo richiede; reagire, una parola che ai chimici piace tanto5.

E il ferro questo lo sa fare in tanti modi diversi.

Sa cambiare stato d’ossidazione nei gruppi eme dell’emoglobina e adattandosi, alle diverse situazioni, farci respirare. Sa interagire con l’ossigeno anche per difenderci (qualche volta esagera un po’, a riprova del fatto l’attacco non è la miglior difesa6 e bisogna cercare di essere più zen nella vita), aiutandolo a formare i ROS e sconfiggere patogeni e altre spiacevoli situazioni.

Sempre in ambito di dinamismo, un’altra cosa che il ferro – in questo caso in forma metallica – sa fare è essere duttile. Rapida consultazione della Treccani mi dice:

“dùttile agg. [dal lat. ductĭlis, der. di ducĕre «condurre», part. pass. ductus]

  1. Di materiale che può subire, sotto l’azione di forze di trazione, deformazioni plastiche rilevanti in modo da poter essere ridotto con facilità in fili o anche in fogli sottili
  2. Arrendevole, malleabile: carattere d.; mente d., che apprende con facilità, che può applicarsi a studî diversi;”

 

Non concordo molto con la prima parte del punto 2. Essendo patologicamente e involontariamente “de coccio”, non considero la duttilità arrendevolezza ma la malleabilità una mia mancanza. Apprezzo molto di più la seconda parte, che secondo me rispecchia quella che davvero è la sfumatura importante (e rimarcata per fortuna da Google): “Che si adegua con facilità, versatile.”

Dal Ferro c’è solo6 da imparare.

P.S. Non essendo una capace bevitrice, non me la sento di dilungarmi sul tema “L’acqua fa la ruggine e il vino fa cantare”. Ma è senz’altro vero. E anche questo il ferro lo sa bene.

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1 Da ricordare sempre l’enorme differenza tra “Vado a mangiare, nonna” e “Vado a mangiare nonna”. Una virgola può salvare una vita.

ferro4

2 Una breve delucidazione sulla confusa storia di Braccio di Ferro, del piccolo errore nel contenuto di ferro negli spinaci (roba “da poco”, un ordine di grandezza) e del Professor Hamblin potete trovarla qui:

https://www.bestthinking.com/articles/science/chemistry/biochemistry/the-spinach-popeye-iron-decimal-error-myth-is-finally-busted (ribadisco l’importanza della nota 1).

 

3 Vorrei precisare che amo gli spinaci con tutto il cuore e lo stomaco.

4 Il materiale più duro, impenetrabile e “forte” conosciuto è in realtà il diamante, che pare essere un pochino più apprezzato per le sue doti di brillantezza, prosciugamento di conti correnti e probabilità di ottenere un sì ad una proposta di matrimonio.

5 Da cui lo slogan in voga nei Dipartimenti di Chimica nel 2008: I chimici reagiscono.

6 Il ferro e le specie reattive dell’ossigeno, la reazione di Fenton, http://ww2.unime.it/cclchim/generale/redox/ChiII%280405%2905RadicaliOssigeno.pdf e i tanto acclamati antiossidanti http://www.webmd.com/food-recipes/antioxidants-topic-overview.

Il ferro ha i suoi pregi e i suoi difetti, non è sempre questo stinco di santo. Per maggiori informazioni: http://www.emocromatosi.it/articoli/dannocellulare.htm

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*Serena Della Volpe – MedChemGrad, handcrafter, baker, avid reader, flower lover, tea drinker, cat follower, dancer, fierce, *Katniss*

Una filtrazione ferrea.

Nota: si ricorda che le opinioni espresse in questo blog non sono da ascrivere alla SCI o alla redazione ma al solo autore del testo.

a cura di Luigi Campanella (ex presidente SCI)

I processi mondiali di industrializzazione ed urbanizzazione hanno prodotto come risultato un crescente inquinamento delle acque. Le sorgenti della contaminazione includono le attività agricole, domestiche, industriali, minerarie, medico-chimiche, di smaltimento tanto che oggi si guarda alle acque superficiali di molti ambienti come a dei veri e propri cocktail di inquinamento.

Il numero di gruppi di specie chimiche potenziali contaminanti è molto vario:dai composti organici clorurati ai coloranti, dai metalli pesanti ai nitro aromatici, dai farmaci ai fenoli. Ciascuna classe è costituita da sostanze singole con differenti proprietà chimiche e fisiche. Per esempio i coloranti sono di varia dimensione molecolare e differente solubilità, possono essere anionici, cationici, o neutri. Alcuni di essi sono composti redox attivi. In altre parole parlare dei coloranti come di una classe di sostanze non è appropriato, e questo vale anche per il risanamento, che si basa su specifiche interazioni fra la tecnologia di rimozione ed il contaminante (assorbimento, co-precipitazione, coagulazione, scambio ionico, ossidazione, riduzione, esclusione molecolare, delle quali assorbimento coprecipitazione e esclusione molecolare si applicano anche alla contaminazione microbica). Poiché come si diceva le acque naturali possono essere considerate un cocktail di inquinanti, risulta evidente come la rimozione non possa essere affidata ad una sola tecnica ma debba risultare dalla integrazione fra metodi diversi in vere e proprie catene,alla fine delle quali gli effetti di ogni trattamento si somma agli altri.

Alla ricerca di metodi più compatti,scartati i sistemi centralizzati perché troppo costosi ci si è orientati verso le tecnologie di membrana che combinano ultra- filtrazione ed osmosi inversa, risultate idonee per eliminare contaminazioni chimiche, fisiche e microbiche. Quando si parla di tecnologie appropriate si intende enfatizzare che la soluzione preposta deve essere perseguibile su piccola scala, con basso consumo energetico, non inquinante, affidabile, capace di utilizzare risorse prevalentemente se non esclusivamente locali, con relativi controlli possibili da parte della popolazione interessata.

Il ferro come tale è da oltre un secolo considerato un agente di rimozione e recupero dei metalli disciolti. La sua applicazione alla preparazione delle acque potabili è recente:si basa sulla azione riducente esercitata sugli ioni dei vari metalli con deposizione dei metalli ridotti sulla superficie del filtro di ferro. Il principio è ulteriormente migliorato dal fatto che il pH sperimentale comporta l’ossidazione del Ferro (0) a Ferro (II) con la formazione di prodotti di corrosione fra i quali quelli del Fe (II) agiscono da ulteriori riducenti. Il parametro principale di controllo è la concentrazione dell’ossigeno disciolto che non dovrebbe eccedere 1,5 mg/l. Questo controllo può essere realizzato con biofiltri a sabbia.

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Nota dell’amministratore.

Questa piccola ma densa e brillante (lasciatemelo dire) nota di Luigi Campanella, mi ha messo in crisi (e non solo me ma anche altri membri della redazione), perchè il fenomeno citato relativo al ferro elementare mi risultava del tutto sconosciuto; ebbene devo ringraziare Luigi per avermi insegnato una cosa; ho scoperto che i filtri a sabbia arricchiti di ferro elementare sono un recente ed efficace ritrovato di grande efficienza depurativa.

Si tratta di un ulteriore esempio della “dualità” della Chimica; la ossidazione del ferro, la formazione della ruggine, la corrosione, cioè uno fra i più midiciali nemici della tecnologia umana che diventa una sussidio fondamentale per combattere le malattie che vengono dall’acqua, che oggi condannano alla morte milioni di uomini!

I due meccanismi principali del funzionamento del ferro elementare sarebbero:

1) la formazione di particelle cariche positivamente che tendono a far aderire particelle di segno opposto; i batteri e i virus tendono ad avere una leggera carica negativa (i polisaccaridi extracellulari tendono a comportarsi da polianioni!!)

2) il Fe(II) tende a comportarsi come riducente verso altri elementi in soluzione mentre si ossida a Fe(III).

Chi è interessato può leggere :

http://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1002/clen.200900114/pdf

https://www.ideals.illinois.edu/bitstream/handle/2142/26107/Bradly_Ian.pdf

http://web.mit.edu/watsan/Docs/Other%20Documents/KAF/NgaiWalewijk-%20ABF%20Report2003.pdf

http://cee.illinois.edu/biosand_filters

ironsandfilter

PS E dato che una citazione letteraria qui non può mancare, con mera azione preventiva, aggiungo che Primo Levi nel suo racconto “Cromo”, dove fra l’altro narra del suo primo incontro con la moglie, parla di corrosione e vernici anticorrosione, di ricette la cui origine di perde nei secoli o nel tempo e nessuno la sa più e di come il cloruro di ammonio, che certo non previene la formazione di ruggine, ma anzi la favorisce venisse cionondimeno aggiunto in una vernice antiruggine ai cromati per prevenire l’impolmonimento della medesima, con una ricetta di cui lui medesimo era l’origine, ma di cui si era velocemente persa la motivazione; un’argomento, questo della perdita della memoria, che gli stava particolarmente a cuore, come certamente capirete da voi.