Mauro Icardi
Il processo di depurazione a fanghi attivi per essere gestito correttamente richiede diverse tipologie di controlli e regolazioni. Una tra le più interessanti è quella della verifica delle caratteristiche biologiche e della struttura del fango. Occorre sempre tenere a mente che una vasca di ossidazione biologica è un reattore biologico, mentre per molto tempo la si vedeva semplicemente come una “vasca piena di fango”. Condizioni operative del fango non appropriate, non tempestivamente identificate e corrette (es.: carenza di ossigeno, carico organico elevato, ecc.), si ripercuotono inevitabilmente sulla qualità dell’effluente finale dell’impianto. Nel reattore biologico avvengono fenomeni di bioflocculazione e di metabolismo batterico che richiedono un equilibrio tra biomassa (MLSS), quantità di substrato (BOD), ossigeno disciolto (OD), volume e tempo relativo al completamento delle reazioni biochimiche. Nel sedimentatore secondario invece avviene la separazione tra acqua chiarificata e fango biologico che viene poi rimandato nel reattore attraverso il ricircolo.
(colonia di vorticelle)
I trattamenti biologici si basano sul processo di autodepurazione tipico dei corsi d’acqua quale risultato dell’attività delle comunità microbiche. Il processo di trattamento a fanghi attivi differisce dal meccanismo depurativo dei corsi d’acqua per alcune caratteristiche: elevato flusso di sostanza organica all’interno del sistema, l’accelerata attività dei processi di decomposizione, il diverso tempo di ritenzione idraulico.
Il processo a fanghi attivi si basa sull’aggregazione di batteri (fiocchi di fango) su cui altri microrganismi possono svilupparsi. Perciò una popolazione di organismi con la capacità di attaccarsi, o di rimanere strettamente associata al fango, ha un vantaggio su altre popolazioni di organismi che nuotano liberamente nella frazione liquida, e che quindi possono essere persi tramite il trasporto o il dilavamento con l’effluente finale. Se l’acqua reflua che deve essere depurata ha il giusto rapporto tra nutrienti, per esempio un rapporto C:N:P che vari tra 100:10:1 e 100:5:1, come indicato nella letteratura specifica di settore, si potrà sviluppare un fango caratterizzato da una biomassa ottimale. Le rese depurative saranno buone e il fango sedimenterà senza troppi inconvenienti nella fase finale del trattamento. Normalmente quando si verificano queste condizioni, si sviluppano sui fiocchi di fango i protozoi ciliati, che sono i microrganismi che più di tutti sono gli amici del gestore di un impianto di depurazione.
(Aspidisca)
E’ stato dimostrato che i protozoi ciliati migliorano la qualità dell’effluente attraverso la predazione della maggior parte di batteri dispersi nella miscela areata, che continuamente entrano nel sistema con il liquame. In assenza di ciliati infatti, l’effluente finale è caratterizzato da BOD più elevato e da alta torbidità per la presenza di molti batteri dispersi. I ciliati inoltre predano anche i batteri patogeni e quelli fecali. Negli effluenti di impianti a fanghi attivi in cui non vi sono ciliati la presenza di Escherichia coli risulta essere, in media, il 50% di quella osservata nel liquame in ingresso alla vasca di areazione. In presenza di ciliati tale percentuale può scendere però fino al 5%.
(Chilodonella)
Dal punto di vista della gestione questo diminuisce i volumi di dosaggio di disinfettanti finali sull’effluente finale, come per esempio ipoclorito di sodio, o acido peracetico. Altra importante caratteristica dei ciliati nei fanghi attivi è il loro comportamento alimentare. La maggior parte dei ciliati dei fanghi attivi si nutre di batteri dispersi nella miscela aerata. Tuttavia, vi sono ciliati come gli Aspidisca ed altri come Chilodonella che, avendo la bocca posta in posizione ventrale, possono “raschiare” i batteri adagiati sulla superficie del fiocco. Tutti i ciliati batteriofagi muovono le ciglia di cui sono dotati per incanalare i batteri sospesi nella frazione liquida verso il loro l’apparato boccale. Nei primi anni di lavoro avrei voluto passare ore intere al microscopio. Vedere un fiocco di fango era vedere un microcosmo spettacolare che ha sempre avuto su di me un effetto di stupore e meraviglia. La preparazione del test di osservazione al microscopio dei fanghi è piuttosto semplice e richiede alcuni semplici accorgimenti. Per il prelievo è importante che il campione di fango attivo sia ben miscelato, e che venga effettuato nella vasca di areazione in punti non troppo vicini né alle pareti, né alle turbine e comunque non in zone di ristagno.
Se si è avuta la precauzione di lasciare la bottiglia semivuota (di solito si prelevano circa 500ml in una bottiglia di plastica da 1L), l’aria contenuta è sufficiente (entro 3-4 ore) ad evitare che durante il trasporto si verifichino situazioni di anossia del fango. E’ buona norma eseguire il test subito dopo il campionamento, ma in caso si debba rimandarlo si può ricorrere all’areazione con una normale pompa per acquario. Ho trasportato fango biologico all’interno di una borsa termica refrigerata con i cosiddetti “siberini” (la definizione corretta è piastra eutettica), ovvero il contenitore con acqua e glicole usato per i frigoriferi portatili. Non ho mai rilevato alterazioni significative nel fango da osservare.
Per l’osservazione al microscopio con una pipetta Pasteur si preleva una piccola quantità di fango dalla bottiglia da campionamento in cui il campione è mantenuto in aerazione costante. Si appoggia una goccia di fango (es. 50µl) sul vetrino porta oggetto, si copre con il vetrino copri oggetto con cautela, in modo che non vengano incluse bolle d’aria fra i due vetrini, si preme delicatamente una carta assorbente sul copri oggetti per togliere il materiale in eccesso, in modo da evitare che la lente dell’obiettivo si bagni. E’ necessario che il preparato non risulti né troppo scarso, né troppo denso, infatti nel primo caso i fiocchi apparirebbero dispersi e la scarsità del liquido può provocarne l’essicamento, nel secondo caso il materiale apparirebbe addensato e sovrapposto e non permetterebbe l’osservazione corretta dei microrganismi.
Questa operazione semplice è di grande aiuto per la gestione impiantistica. Ma ha un fascino davvero particolare. Non è sempre stato possibile eseguirla quando erano in visita studenti in impianto. Ma quando ho potuto farlo, le facce sorprese degli studenti sono state davvero una grande soddisfazione. In particolare quelle dei ragazzi delle scuole elementari o medie. Osservare al microscopio come un protozoo si nutre, e di conseguenza come depura l’acqua sporca, è servito a far capire il trattamento delle acque reflue ai ragazzi che posavano i loro occhi sugli oculari del microscopio. Questo stratagemma li rendeva estremamente attenti e coinvolti nelle successive spiegazioni teoriche, evitando la disattenzione e la noia.